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Economia verde: è allarme sulle commodity

Foto di Łukasz Klepaczewski da Pixabay

Entro il 2040, il fabbisogno globale di rame e terre rare aumenterà del 40%, mentre la domanda di nichel e cobalto si impennerà del 60-70% e quella del litio arriverà quasi a raddoppiare (+90%). Il motivo è semplice: si tratta di materie prime indispensabili per la transizione ecologica, uno sforzo in cui sono e saranno impegnate tutte le maggiori economie del pianeta. Al passo attuale, nei prossimi vent’anni la richiesta di minerali per produrre tecnologie a ridotto impatto ambientale è destinata a raddoppiare. Se invece il mondo cercasse davvero di raggiungere gli obiettivi degli Accordi di Parigi (limitando l’aumento delle temperature a meno di due gradi centigradi), il fabbisogno arriverebbe a quadruplicare.

Le stime sono contenute in un rapporto dell’Agenzia internazionale dell’Energia (The role of critical minerals in clean energy transitions). Lo studio sottolinea che il consumo di risorse minerali di un’auto elettrica supera di sei volte quello di una vettura tradizionale, mentre fra un impianto eolico onshore e una centrale a gas la differenza è addirittura di nove volte. Il rischio, allora, è che la domanda di queste commodity cresca più rapidamente della capacità di approvvigionamento, compromettendo la sicurezza energetica di alcuni Paesi.

“I tipi di risorse minerali utilizzate variano in base alla tecnologia – si legge nell’analisi – Litio, nichel, cobalto, manganese e grafite sono fondamentali per le prestazioni, la longevità e la densità energetica delle batterie. Gli elementi delle terre rare servono per i magneti permanenti, che a loro volta sono vitali per le turbine eoliche e per i motori dei veicoli elettrici. Le reti elettriche necessitano di un’enorme quantità di rame e di alluminio, essendo il rame una pietra angolare per tutte le tecnologie legate all’elettricità”.

Il problema è che oggi i protocolli internazionali per la sicurezza energetica sono pensati solo “per contrastare i rischi di interruzione delle forniture e i picchi di prezzo degli idrocarburi, soprattutto del petrolio – spiega ancora l’Agenzia – I minerali propongono sfide diverse, ma la loro crescente importanza in un sistema energetico teso alla decarbonizzazione impone ai responsabili delle politiche energetiche di allargare i propri orizzonti e di considerare potenziali nuove vulnerabilità. Le preoccupazioni per la volatilità dei prezzi e la sicurezza dell’approvvigionamento non scompaiono in un sistema energetico elettrificato e ricco di energie rinnovabili”.

Secondo Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Aie, “i dati mostrano una discrepanza fra le ambizioni” della comunità internazionale nella lotta al cambiamento climatico “e la disponibilità delle commodity critiche che sono essenziali per realizzare queste ambizioni”. La soluzione esiste: “Agendo ora e agendo insieme – continua Birol – si possono ridurre significativamente i rischi di volatilità dei prezzi e di interruzioni dell’approvvigionamento”. Tuttavia, “se non affrontate, queste potenziali vulnerabilità potrebbero rendere il progresso globale verso un futuro di energia pulita più lento e più costoso” del previsto.

Perciò, l’Aie raccomanda ai governi di intervenire su sei fronti:

  1. Garantire investimenti adeguati in fonti di energia diversificate per aumentare i canali di approvvigionamento.
  2. Promuovere l’innovazione tecnologica sia sul lato della domanda che su quello dell’offerta.
  3. Aumentare il riciclo.
  4. Migliora la resilienza della catena di approvvigionamento e la trasparenza del mercato.
  5. Diffondere standard ambientali, sociali e di governance più elevati.
  6. Rafforzare la collaborazione internazionale fra produttori e consumatori.
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