Il 2024 ha portato un po’ di tutto sul piano globale: espansione, incertezze e segnali contrastanti. In particolare, l’inasprimento dei dazi da parte degli Stati Uniti, sotto la nuova amministrazione Trump, preoccupa le piccole e medie imprese italiane, per le quali il mercato statunitense è fondamentale. A lanciare l’allarme l’ultimo bollettino economico di Bankitalia che sottolinea come l’aumento dei dazi potrebbe colpire non solo chi esporta direttamente, ma anche chi fornisce beni intermedi destinati agli Usa, generando una spirale di incertezze che potrebbe frenare gli investimenti.
L’allarme sui dazi Usa di Bankitalia
Gli Stati Uniti sono infatti il secondo mercato di sbocco per le esportazioni italiane, con un aumento significativo delle vendite, arrivando nel 2023 a 63 miliardi di euro (11% del totale). Questo successo è stato in parte dovuto a un euro più debole e a una forte domanda americana. Tuttavia, l’incertezza politica, soprattutto in seguito alle elezioni presidenziali, ha sollevato timori simili a quelli della guerra commerciale con la Cina, mettendo a rischio la crescita nei settori più dipendenti dal mercato americano come la cantieristica navale, l’aerospaziale e la farmaceutica. Le Pmi italiane sono le più vulnerabili, considerando che il mercato statunitense costituisce circa il 7% del loro fatturato e il 27% delle esportazioni.
L’andamento dell’economia globale nel 2024
Nel frattempo, l’economia globale ha continuato la sua espansione, ma a velocità diverse. Gli Stati Uniti, grazie ai consumi, hanno visto una crescita robusta, con un +2,8% di Pil per il 2024. In Cina, tuttavia, la crisi del mercato immobiliare ha frenato la domanda interna, portando a una crescita più debole, nonostante una lieve ripresa nel quarto trimestre. In Europa, la manifattura ha continuato a soffrire, ma i servizi hanno dato segnali di rallentamento soprattutto nelle economie avanzate.
Nel terzo trimestre dell’anno, l’area dell’euro ha registrato una crescita modesta, con i consumi e gli investimenti influenzati da una perdita di fiducia delle famiglie e condizioni di finanziamento più restrittive. Tuttavia, le esportazioni sono state positive e hanno contribuito a limitare il rallentamento della domanda interna. La Bce ha adottato una politica cauta, riducendo i tassi d’interesse, ma le previsioni indicano una crescita moderata dei prezzi, con un’inflazione che dovrebbe rimanere sotto controllo nei prossimi anni. Le aspettative di inflazione restano stabili, e il mercato si aspetta una stabilizzazione intorno al 2% per il 2025.
Anche le principali banche centrali, inclusa la Federal Reserve, hanno adottato politiche accomodanti. A dicembre, l’inflazione negli Stati Uniti è salita al 2,9%, mentre la componente core è scesa al 3,2%. La Federal Reserve ha ridotto i tassi di interesse di 25 punti base, con previsioni di ulteriori tagli nel 2025. Nel Regno Unito e in Giappone, l’inflazione è scesa rispettivamente al 2,5% e aumentata al 2,9%. La Bank of England e la Banca del Giappone hanno mantenuto i tassi invariati.
A livello di prezzi, il petrolio ha visto un lieve aumento, stabilizzandosi intorno agli 80 dollari al barile, mentre il gas naturale ha visto oscillazioni significative, soprattutto a causa di fattori stagionali e delle tensioni geopolitiche, con il gas russo che ha continuato a non fluire verso l’Europa orientale.
L’effetto dei tagli sui tassi di interesse
Il taglio dei tassi ufficiali sta facendo sentire i suoi effetti sui costi bancari, con un abbassamento del costo della raccolta e del credito, come conferma Via Nazionale.
Il taglio dei tassi ha influito sui costi bancari, con una riduzione della raccolta e del credito. Secondo Bankitalia, tra agosto e novembre il costo marginale della raccolta è sceso di 26 punti base, portandosi all’1,7%. Sebbene il tasso sui depositi in conto corrente sia rimasto stabile al 0,5%, la raccolta continua a contrarsi (-2,2% su base annua), con una parziale compensazione grazie a fonti di finanziamento alternative.
Economia italiana: un 2024 in chiaroscuro e prospettive per il 2025
Sul fronte nazionale, l’Italia ha vissuto un 2024 in chiaroscuro. La produzione è rimasta stagnante nel terzo trimestre, con la manifattura ancora in difficoltà, con una flessione del valore aggiunto dell’industria (-1%), ma alcuni settori come i servizi e le costruzioni, spinti dal Pnrr, hanno dato un piccolo impulso (+0,3% e +0,2%, rispettivamente).
I consumi delle famiglie hanno segnato un deciso incremento, ma sono stati accompagnati da un indebolimento della fiducia e un aumento della propensione al risparmio, complice l’appeal degli alti tassi bancari. Il mercato immobiliare ha visto un aumento dei prezzi, ma la domanda è rimasta moderata, con segnali di miglioramento solo nei settori residenziali. In generale, il comparto immobiliare ha visto una contrazione nell’attività commerciale, segnando un calo per la prima volta dal 2021.
Le esportazioni non hanno decollato come sperato. Sebbene le vendite verso l’area euro abbiano mostrato un aumento, quelle verso gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno registrato dei cali. Le imprese italiane si preparano a possibili aumenti dei dazi, ma la domanda esterna rimane debole, sebbene gli ordini potrebbero accelerare nel breve periodo a causa delle incertezze legate alle politiche commerciali internazionali.
Per quanto riguarda la bilancia dei pagamenti, l’Italia ha registrato una domanda estera netta negativa, con un calo delle esportazioni e un aumento delle importazioni. Tuttavia, la bilancia ha mostrato segni di forza grazie a un surplus nel conto finanziario, alimentato dagli investimenti esteri in titoli pubblici italiani. La posizione creditoria netta dell’Italia sull’estero si è ulteriormente rafforzata, raggiungendo i 265,2 miliardi di euro, mentre la posizione debitoria sul sistema Target è diminuita, contribuendo a un miglioramento della posizione estera.
Le previsioni per il 2025 sono più ottimistiche, con una crescita del Pil italiano prevista all’1% annuo tra il 2025 e il 2027. Questa espansione sarà sostenuta dai piani di investimento pubblico e da una ripresa più sostenibile dei consumi, nonostante le persistenti incertezze globali, come le tensioni internazionali e l’andamento del mercato statunitense, che potrebbero ancora influire negativamente sull’economia italiana.