Alla scarsità di investimenti per mancanza di capitale si associa, spesso, un quadro burocratico sfavorevole alla creazione di business sul territorio italiano. Si aggiungono anche altri fattori che esercitano un forte potere deterrente sugli investimenti: scarsa capacità delle amministrazioni di interfacciarsi con i portatori di interessi, associazioni ambientaliste a volte ostili a priori, inefficienza del sistema giudiziario.
Ne sa qualcosa la Ecodeco, azienda del gruppo A2A che ha appena inaugurato un nuovo impianto per il trattamento meccanico-biologico dei rifiuti solidi urbani in quel di Cervera del Maestre (Spagna).
La struttura utilizza il sistema a Biocubi brevettato dalla stessa Ecodeco e accoglierà la parte residuale della raccolta differenziata di 49 comuni del Nord della provincia di Castellòn, per una capacità di trattamento di 130.000 tonnellate annue.
L’impianto è stato realizzato da un consorzio costituito da Teconma, Azahar e dalla stessa Ecodeco, che oltre a fornire la tecnologia ha provveduto alla realizzazione della parte elettromeccanica del complesso.
La filiera dei rifiuti vedrà coinvolto lo stesso consorzio anche dopo il trattamento dei materiali, nei processi di compattazione e trasporto alla discarica, anch’essa progettata dall’azienda del gruppo A2A. Un modello che ha destato in Italia non poche polemiche, soprattutto nel Sud, per la scarsa trasparenza dei processi di mercato, come nel caso della discarica di Mazzarrà Sant’Andrea, dove i “raccoglitori” dei rifiuti sono soci della discarica che li gestisce.
Il valore complessivo dell’investimento è di circa 40 milioni di euro. Ecodeco, che ha partecipato al 30% alla realizzazione dell’impianto, oltre al corrispettivo riceverà royalties per 20 anni.
Mentre le aziende che possono investire fuggono all’estero, in Italia si parla ormai sempre più spesso di sindrome “Nimby”, dall’acronimo inglese “not in my back yard”. Ci si riferisce alla sempre più comune tendenza ad ostacolare gli investimenti in strutture industriali. Basti pensare che solo nel Veneto ben 40 progetti infrastrutturali nel settore energetico e dei trasporti è sotto accusa e rischia di prendere altre strade. E’ ancora molto recente lo scottante caso del rigassificatore di Brindisi: la British Petroleum ha – dopo 10 anni di estenuanti trattative – ritirato investimenti per ottocento milioni di euro e circa mille posti di lavoro.