Il cinema ha fatto bene al teatro
Il cinema è stato la naturale evoluzione del teatro dopo le invenzioni e le tecnologie derivate dalla fotografia durante la belle époque. Negli anni dieci e venti dello scorso secolo un’ondata di creatività si è riversata sul cinema da parte di artisti e innovatori specialmente in Francia, negli Stati Uniti e in Germania. In poco tempo il cinema ha sviluppato un proprio autonomo linguaggio narrativo e una propria fiorente industria. Una nuova e potente freccia è stata così aggiunta all’arco delle arti performative.
Il cinema nel suo sviluppo impetuoso non ha però commesso un parricidio, uccidendo il teatro. Anzi quest’ultimo, dopo più di un secolo dall’arrivo del cinematografo, ha continuato a prosperare e ha mantenuto e accresciuto il proprio posto tra le arti maggiori. Nel 2014, per esempio, 37 nuove produzioni teatrali sono state rappresentate nei 40 teatri della Broadway League a New York; vi hanno assistito 13milioni di persone che hanno generato un valore di 1miliardo e 600 milioni di dollari. Anche nel Regno Unito il teatro è in grandissima salute. Un ragionamento analogo a quello del cinema con il teatro potrebbe essere fatto per la televisione con il cinema.
L’ebook è un diversamente libro
Come il cinema sta al teatro, così l’ebook sta al libro: anche l’ebook non è altro che la naturale evoluzione del libro nel nuovo scenario dei media digitali. Si tratta di un passaggio che non né reversibile né geograficamente limitato e pertanto è un dato di fatto. Ovviamente questo passaggio non è privo di conseguenze e come ci ha insegnato Heidegger, le conseguenze della tecnica sono tutt’altro che tecniche. Ci saranno molti cambiamenti con l’andata al digitale. Però, come il cinema non ha annichilito il teatro, così l’ebook non annichilirà il libro. Entrambi i mezzi avranno un loro spazio che ancora, però, non riusciamo a intravedere bene e possiamo solo immaginare. Nonostante questo rapporto di filiazione generazionale tra libro ed ebook non assistiamo a una gestione avveduta e ragionevole di questa transizione, ma assistiamo al paradosso, al limite del grottesco, che tutti i principali attori di quest’importante industria, che è l’editoria libraria, sono impegnati ad innalzare tali e tanti ostacoli, barriere e gabbie che l’albero dell’ebook sta soffrendo di nanismo e il libro di decadimento fisiologico. È vero che ci sono interessi enormi in palio, tantissimi posti di lavoro in gioco e che l’esperienza della musica è terrificante come il finale di un film di David Cronenberg.
La mancanza di visione degli incumbents
Ma basta questo a giustificare una mancanza di visione strategica? A seguito di questo stato di cose, succede che, invece di svilupparsi, l’industria del libro nel suo complesso sta perdendo il confronto con gli altri media nella conquista del nuovo pubblico che vive di media digitali e consuma i contenuti su uno schermo connesso a Internet.
Salvo qualche significativa eccezione e nonostante che l’ebook abbia margini superiori al libro così da rendere felici gli azionisti di riferimento e più ricchi i manager che gestiscono il business, per gli editori maggiori l’ebook è più un problema che un’opportunità. Infatti gli editori maggiori non stanno investendo niente nell’ebook né sul piano commerciale né su quello dei contenuti; per loro è semplicemente un nuovo e abbastanza fastidioso canale di distribuzione di un libro memorizzato su un file venduto in rete. I grandi autori e i loro agenti non sono da meno dei loro partner d’affari. Dopo un iniziale ed effimero innamoramento per gli ebook, gli scrittori di media alta classifica hanno iniziato a percepirlo come una minaccia micidiale al loro status economico, facendo un’equazione molto semplice ebook=Amazon=scardinamento degli assetti dell’industria che genera il loro benessere=nemico numero uno. Pertanto se il cinema degli inizi beneficiò di una grande ondata di creatività da parte degli artisti del tempo, lo stesso non succederà con l’ebook che dovrà attendere la crescita di una nuova generazione di autori desiderosi di esprimersi con questo mezzo.
A tirar su barriere ci si sono messi d’impegno anche i tecnologici presi nel meccanismo di una concorrenza feroce e spietata di tutti contro tutti. Vige la logica operativa del vincitore che prende tutto il bottino. La maggiore preoccupazione delle grandi piattaforme tecnologiche, più che far crescere il mercato e colpire l’industria esistente con innovazioni audaci, è quella di conquistare nuovi consumatori così da incapsularli nel loro ecosistema commerciale e tecnologico, di cui rimarranno prigionieri se vogliono conservare il loro investimento in contenuti.
Di chi è un ebook?
L’acquisto di un ebook non dà luogo a un diritto di proprietà, ma equivale a un prestito che può essere anche revocato.
Succede allora che l’ebook de facto lo possiede la piattaforma e de jure l’editore: il lettore può fare poco con il bene che ha acquistato a un prezzo non tanto distante da quello di un libro. Mentre con un libro viene ceduta all’acquirente la piena proprietà e l’acquirente può farne quello che vuole (prestarlo, rivenderlo, donarlo, lasciarlo in eredità, cederlo alla biblioteca del paese o bruciarlo per accendere il barbecue), con l’ebook non viene ceduta alcuna proprietà o diritto collegato: acquistando un ebook il lettore acquisisce semplicemente il diritto alla lettura con una licenza non cedibile. Per dirla con le parole di Amazon l’acquirente acquisisce:
il diritto non esclusivo di vedere, usare e visualizzare un contenuto digitale per un illimitato numero di volte, esclusivamente sul dispositivo digitale o sull’applicazione di lettura… Non potrà vendere, dare in noleggio o affitto, distribuire, trasmettere, concedere in sublicenza o altrimenti trasferire qualsiasi diritto relativo al contenuto Kindle o qualsiasi parte dello stesso a terzi.
Insomma tra libro ed ebook passa la differenza che c’è tra proprietà e prestito, tra Stati Uniti, dove la proprietà è eterna e cedibile, e Cina, dove la proprietà è revocabile e limitata. Sembra che nell’agenda europea per il mercato unico digitale ci sia la volontà di mettere un qualche riparo a questa situazione particolarmente per quel che concerne la portabilità dei contenuti, bloccata dalla mancanza di interoperabilità tra le differenti piattaforme, e lo status giuridico dei beni digitali che non possono più essere affiliati alle normative che regolano il software, ma devono trovare soluzioni contrattuali innovative per beni/servizi che contengono software più contenuto. Un ebook non è software come un libro non è solo carta e inchiostro. Il software e la carta servono per veicolare un atto della creatività, sono un mezzo a un fine.
Tra le politiche degli incumbents (editori, autori e agenti), quelle dei disrupters (piattaforme tecnologiche, intermediari di Internet e start-up) e quelle dei regolatori (governi e agenzie di controllo) si è venuta a creare una sorta di convergenza casuale che ha prodotto un corto circuito che sta tenendo gli ebook in uno stato di minorità anche sul piano giuridico. Di fronte a questa situazione così involuta, stupisce l’entusiasmo con cui molti consumatori hanno accolto gli ebook e continuano a scegliere di leggere letteratura e saggistica sui loro dispositivi. Se però si prendessero la briga di leggere i contratti che regolano l’uso dei dispositivi e quello dei prodotti digitali che ci sono caricati, forse questo entusiasmo si smorzerebbe parecchio.
Cosa succederebbe se le condizioni degli ebook valessero anche per i libri normali?
Dennis Baron, professore di linguistica alla University of Illinois, ha dato un contributo importante alla interpretazione del linguaggio dei contratti e dei materiali pubblicitari e comunicativi che li accompagnano, cercando di analizzarne la loro leggibilità. Nel 2009 ha pubblicato un libro dal titolo A Better Pencil: Readers, Writers, and the Digital Revolution dove esamina il modo in cui la rivoluzione ha influenzato le pratiche di scrittura e come le ultime tecnologie, a questo riguardo, siano completamente diverse da quelle che le hanno precedute. Dennis Baron si è preso la briga di andare ad esaminare i contratti che i consumatori sottoscrivono quando acquistano un ebook da leggere sul loro iPad o sul loro Kindle. Lo ha fatto in un post del 7 maggio 2015 pubblicato sul proprio blog dal titolo “What if printed books went by ebook rules?” che, nella traduzione di Ilaria Amurri, offriamo ai lettori di ebookextra.
Meglio non leggerli questi contratti e regolarsi secondo giudizio.
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Per dirlo con Apple
Adoro i libri. Nonostante la monotonia delle pagine e dei caratteri, gli scarabocchi e le sottolineature, i libri sono sempre comodi, soprattutto per gli occhi di chi è un po’ in là con gli anni, come il sottoscritto. Purtroppo, però, i libri moderni, cioè gli ebook, sono avvolti da un fitto legalese.
Quando si legge con l’iPad, ad esempio, si accettano automaticamente le trenta pagine di termini e condizioni dell’iTunes Store. Il linguaggio giuridico è così denso e noioso che sembra studiato appositamente per fare in modo che nessuno possa capirlo, a meno che non sia un avvocato, il che è strano se si pensa che i termini di servizio si riferiscono a libri che hanno lo scopo di essere letti.
Ma non importa, perché Apple e Amazon non pubblicano, né vendono i rispettivi ibooks e ebook per Kindle. Sono “fornitori di contenuti” che agiscono per conto terzi e a quanto pare sono convinti che gli ebook non siano da considerarsi veri e propri libri, tant’è che Apple si riferisce agli iBooks con il termine “prodotti iBooks Store”, così come Amazon chiama i libri “contenuto Kindle”.
Prendiamo il contratto di licenza dell’iBooks Store:
Lei è consapevole che iTunes le vende la licenza di utilizzare i contenuti forniti attraverso l’iBooks Store (ovvero i “Prodotti iBooks Store”). Una volta acquistata presso iTunes, tale licenza forma un accordo vincolante direttamente tra Lei e l’editore di tale Prodotto iBooks Store (la casa editrice) che regola il suo utilizzo dello stesso; iTunes non è parte del contratto di licenza tra lei e l’editore con riferimento a tale Prodotto iBooks Store; l’editore di tale Prodotto iBooks Store si riserva il diritto di applicare i termini di utilizzo relativi a tale Prodotto iBooks Store. L’editore di ciascun Prodotto iBooks Store è il solo responsabile per tale Prodotto iBooks Store, il contenuto dello stesso e le garanzie dello stesso, nei limiti in cui tali garanzie non siano state escluse, e per qualsiasi pretesa lei o qualsiasi terzo abbiate in relazione a tale Prodotto iBooks Store o all’uso dello stesso.
I limiti della licenza d’uso del prodotto iBooks store
Il contratto prosegue definendo le le regole d’uso del prodotto iBooks store:
(i) Lei è autorizzato ad utilizzare i Prodotti iBooks Store solo per uso personale, non commerciale.
(ii) Lei è autorizzato a memorizzare i Prodotti iBooks Store da un numero massimo di cinque Account alla volta su alcuni dispositivi basati sull’iOS, come, a titolo esemplificativo, un iPad, iPod touch o iPhone.
(iii) Lei è autorizzato a memorizzare i Prodotti iBooks Store su un numero massimo di cinque dispositivi alla volta (ad esempio, un computer) che abbiano installato il software iTunes.
(iv) La consegna dei Prodotti iBooks Store non le trasferisce alcun diritto d’uso promozionale dei Prodotti iBooks Store o nessun diritto di masterizzare i Prodotti iBooks Store su un CD.
(v) Lei sarà in grado di sincronizzare manualmente i Prodotti iBooks Store da almeno un dispositivo autorizzato iTunes con altri dispositivi che hanno un sistema di sincronizzazione manuale, a condizione che il Prodotto iBooks Store sia associato con un Account sul dispositivo primario autorizzato da iTunes, dove il dispositivo primario autorizzato da iTunes e’ costituito da quello che è stato sincronizzato per primo con il dispositivo, ovvero quello che lei ha successivamente indicato come primario per l’uso del software iTunes.
Dopo esservi sciroppati trenta pagine di questa roba Finnegans Wake vi sembrerà una passeggiata nel parco o, per dirla à la Apple, un’esperienza pedestre integrata all’interno di un luogo ricreativo immerso nel verde. Però attenzione, se vi fate male nel parco mentre leggete l’iBook non provate a dare la colpa ad Apple, loro sono solo intermediari che forniscono prodotti senza assumersi alcuna responsabilità:
In nessun caso il concessore di licenza sarà ritenuto responsabile per danni quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, lesioni personali, danni diretti e indiretti, incidentali o consequenziali, il concessore di licenza declina ogni responsabilità in relazione a danni o perdite derivanti dal suo uso o dall’impossibilità di utilizzare il prodotto, per qualsiasi causa, senza riferimento ai criteri di responsabilità (contratto, torto, o altro), anche se Apple venisse avvisata della possibilità di tali danni.
Per dirlo con Amazon
Per leggere i “libri veri”, quelli che una volta erano libri e basta, non si è costretti ad accettare nessuna condizione. Pensate se nel 1456 Gutenberg avesse presentato le condizioni dell’Amazon Kindle Store ai potenziali lettori della sua Bibbia fresca di prima stampa (“lettore” è un termine arcaico per definire quello che oggi è detto “utente finale”):
1. Contenuto Kindle
Uso del contenuto Kindle. Con il download del contenuto Kindle e con il pagamento dei relativi corrispettivi (comprese le tasse applicabili), il fornitore di contenuti ti concede il diritto non esclusivo di vedere, usare e visualizzare tale contenuto Kindle per un illimitato numero di volte, esclusivamente sul dispositivo Kindle o sull’applicazione di lettura, oppure con le diverse modalità previste per il tipo di servizio, unicamente sul numero di dispositivi Kindle o di dispositivi supportati specificati nel Kindle Store ed esclusivamente per tuo uso personale e non commerciale. Il contenuto Kindle ti viene concesso in licenza d’uso e non è venduto dal fornitore di contenuti. Il fornitore di contenuti potrebbe prevedere delle condizioni d’uso aggiuntive relativamente al suo contenuto Kindle. Anche quelle condizioni saranno applicabili, ma sarà il presente contratto a prevalere in caso di un eventuale conflitto. È possibile che alcune tipologie di contenuto Kindle, come i periodici, non siano disponibili tramite le applicazioni di lettura. Puoi cancellare il tuo ordine per il contenuto Kindle, senza doverne fornire le ragioni, nel termine di 14 giorni dalla data di acquisto. Ti preghiamo di consultare le Politiche di reso Kindle per informazioni su come cancellare il tuo ordine.
Limitazioni. Salvo diversa specifica indicazione, non potrai vendere, dare in noleggio o affitto, distribuire, trasmettere, concedere in sublicenza o altrimenti trasferire qualsiasi diritto relativo al contenuto Kindle o qualsiasi parte dello stesso a terzi, e non potrai togliere o modificare alcuna informazione o etichetta circa la proprietà riportata sul contenuto Kindle. Inoltre, non potrai bypassare, modificare, annullare o eludere i dispositivi di sicurezza che proteggono il contenuto Kindle.
Ragazzi, qui ci vuole Google Traduttore per capirci qualcosa!
Quando Amazon ti invita a comprare un libro con un click non te lo sta vendendo sul serio, te lo affitta e basta, come spiega il contratto di licenza: “il contenuto digitale ti è concesso in licenza, non venduto, dal fornitore di contenuti”.
In più sono gli editori stessi a precisare cosa possiamo o non possiamo fare con gli ebook. Prendiamo Dragnet Nation di Julia Angwin, edito da Macmillan, e il suo inequivocabile avviso di copyright:
L’autore e l’editore le hanno fornito questo ebook solo per il suo uso personale e non commerciale. Non metta a disposizione del pubblico questo ebook in alcun modo. La violazione del diritto d’autore è contro la legge.
Se il libro fosse stato come l’ebook
E se tutte queste regole fossero applicate anche ai libri cartacei? Se avete una Bibbia di Gutenberg, stando al contratto di gestione dei diritti digitali di Kindle non potreste né prestarla, né regalarla, né venderla al mercato delle pulci, né destinarla a un programma di alfabetizzazione per adulti e non potreste nemmeno metterci i fiori secchi. A pensarci bene non potreste metterla a disposizione del pubblico neanche nell’ambito di una funzione religiosa.
A dire il vero, a differenza di Apple, che è carico di soldi, Gutenberg riusciva a stento a sbarcare il lunario con le vendite della Bibbia, anche se oggi le poche copie sopravvissute valgono milioni. Tuttavia, se Gutenberg avesse avuto la lungimiranza di noleggiare le Bibbie invece di venderle in blocco, i suoi eredi continuerebbero tutt’ora a detenere i diritti di quei libri o meglio di quei “sacri manufatti analogici contenenti le Sacre Scritture”.
E se foste obbligati ad accettare alcune restrizioni per poter leggere uno dei “sacri manufatti analogici contenenti le Sacre Scritture” stampati nel Quattrocento da Gutenberg?
Oggi un fornitore di contenuti digitali può riprendersi il suo ebook in qualsiasi momento, se l’utente viola una delle condizioni.
Ecco i come si esprime Amazon:
Ci riserviamo il diritto di impedire l’accesso al sito e/o ai servizi Amazon, di sospendere o chiudere un account, di rimuovere o modificare i contenuti del sito a nostra discrezione, in caso di violazione delle disposizioni di legge applicabili, delle presenti condizioni generali d’uso o delle linee guida o delle politiche applicabili. Se non intendi accettare le condizioni del presente contratto, non sei autorizzato a utilizzare il dispositivo Kindle, qualsiasi applicazione di lettura o il servizio.
Non pensate che sia una minaccia a vuoto. Poi però, quando Amazon ha scoperto di aver venduto alcune copie di 1984 di George Orwell senza avere il copyright di quella specifica edizione, zitto zitto ha rimosso il titolo dai Kindle di tutti gli Stati Uniti. Ai lettori è sembrata roba da grande fratello, ma al colosso editoriale non importava niente, perché proprio come il grande fratello Amazon ha la legge dalla sua parte. Se la Bibbia di Gutenberg avesse riportato un accordo di licenza con l’utente finale, su cui apporre le vostre iniziali con una penna d’oca al fine di accedere al suo sacro contenuto, Gutenberg.com sarebbe stato libero di riprendersela se non eravate abbastanza devoti o se la macchiavate di caffè o se invece di leggerla ci mettevate i soldi o i fiori.
Non abusare della pazienza dei consumatori
Oggi i lettori accettano il contratto di licenza senza pensarci un attimo e nonostante la fitta cortina legale le vendite di ebook vanno sempre meglio. Ma se gli avvocati di Gutenberg si fossero inventati un modo per porre un limite alla libertà di utilizzo dei libri analogici, forse i lettori dell’epoca si sarebbero tenuti le loro pergamene e le loro tavolette d’argilla e la rivoluzione innescata dalla stampa non sarebbe mai avvenuta.
Dopo tutto, i fornitori di ebook non vendono i libri, come fecero Gutenberg e i suoi successori, ma vendono il diritto di leggerli. È un po’ come vendere il diritto di votare, di pensare o di respirare e ai tempi di Gutenberg nessuno l’avrebbe accettato, allora perché dovremmo farlo noi?