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Eataly, in Borsa entro 18 mesi: il Cda dà l’ok all’Ipo

Esclusa l’ipotesi di doppia quotazione a New York. La catena di distribuzione alimentare che punta sull’eccellenza del Made in Italy può contare su decine e decine di punti vendita in tutto il mondo. Il valore complessivo della società di Farinetti si aggira intorno ai 2,5 miliardi di euro. L’obiettivo è quotare a Piazza Affari il 30-33% della società entro i primi mesi del 2019. L’incarico affidato a Tip di Gianni Tamburi, operazione mista e forse aumento di capitale

Eataly, in Borsa entro 18 mesi: il Cda dà l’ok all’Ipo

“La vita è troppo breve per mangiare e bere male”. Con questo slogan, diventato un vero e proprio mantra, Oscar Farinetti ha iniziato nel 2003 la sua avventura nel campo della grande distribuzione, senza forse immaginare il successo che avrebbe raggiunto. Questo percorso sembra aver raggiunto la sua logica conclusione nella giornata di martedì, quando il Cda guidato da Andrea Guerra ha dato il via libera alla quotazione in Borsa della società.

“Il percorso è formalmente iniziato – ha dichiarato Guerra – si parte in maniera decisa e convinta”. L’incarico è stato affidato a Tip, la banca d’affari di Gianni Tamburi (azionista al 20%) del gruppo. Tip definirà le modalità dell’Ipo ed i tempi di entrata a Piazza Affari. Il cda ha confermato la volontà di portare sul listino il 30/33% del capitale e che il collocamento sarà riservato sia agli investitori istituzionali che al pubblico retail italiano.

Oscar Farinetti, personaggio eclettico e vicino negli anni passati a Matteo Renzi, ha annunciato di voler puntare su uno zoccolo duro di famiglie italiane nel capitale, ma sicuramente ci sarà una parte di offerta riservata agli oltre 6mila dipendenti del gruppo.

L’ingresso in Borsa potrebbe assumere la forma di un’offerta mista: non solo la vendita pro-quota da parte dei soci, ma anche una parte in aumento di capitale. Questa possibilità è ancora da valutare, ma sembra allettare l’imprenditore piemontese.

Il cammino di Farinetti e di Eataly è stato fino ad oggi ricco di successi. Dopo aver venduto a Dixons Retail (public company britannica) Unieuro per 528 milioni di euro, Farinetti ha scommesso su un progetto nuovo, innovativo, e potenzialmente vincente. Così è stato.

Il primo punto vendita è stato aperto nel 2007 a Torino. Poi è stato il momento di Genova (2011), Roma (2012, accanto alla stazione Ostiense, il più grande punto vendita della società), Bari, Milano e via dicendo. Eataly è ormai in tutto il mondo: quattro punti vendita negli Stati Uniti (2 a New York, uno a Chicago e Boston), Brasile, Giappone, Corea del Sud, Turchia, Germania, Dubai, Riyadh.

Il bilancio 2017 si chiuderà con ricavi consolidati per 470 milioni ed un Ebitda di 25 milioni di euro. Le banche d’affari assegnano un valore complessivo che oscilla tra 1,9 e 3,6 miliardi di euro.

Non sempre l’operato di Farinetti è stato giudicato positivamente. Molti lo etichettano come “falso buonista”, criticandolo per alcune scelte e per la sua filosofia di lavoro. Per ora, sono i numeri a parlare per lui. Famoso per la sua flessibilità e amante delle modalità organizzative anglosassoni, in questo momento direbbe, senza dubbio: the best is yet to come.

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