Comprare, lavorare, imparare. Tutto nella stessa posizione e allo stesso modo: seduti alla scrivania, davanti agli occhi un computer o un tablet. Tra le varie rivoluzioni che la pandemia di coronavirus sta portando nelle nostre vite, una delle più interessanti è quella tecnologica.
Nel confronto internazionale, gli italiani non hanno mai brillato per alfabetizzazione informatica: fino a pochi mesi fa lo smartworking era guardato con diffidenza da molte aziende, mentre la grande maggioranza dei consumatori preferiva lo shopping fisico a quello online (e i contanti alla carta di credito). Per non parlare del mondo dell’istruzione, dove la mancanza di fondi ha impedito spesso qualsiasi approccio tecnologico all’insegnamento.
E-COMMERCE
Ora però tutto questo sta cambiando a causa dell’epidemia. Costrette a rimanere a casa dalle misure anti-contagio, milioni di persone hanno preso familiarità con gli acquisti su internet. Secondo l’Osservatorio eCommerce del Politecnico di Milano, nel 2019 gli italiani hanno comprato prodotti e servizi via web per un totale di 31,6 miliardi di euro: sembra tanto, ma in realtà è circa il 7% del totale dei consumi nel nostro Paese. Da quando è iniziato il lockdown, però, le vendite online si sono ovviamente impennate, arrivando in alcuni casi a registrare tassi di crescita a tre cifre.
Il primo settore dove si è manifestata questa tenenza è stato quello dei supermercati. Spaventati dalle file sui marciapiedi o dalla possibilità di essere contagiati fra i banconi, molti consumatori hanno iniziato a fare la spesa online, mandando in tilt i siti di tutte le grandi catene di distribuzione (nemmeno sua maestà Amazon, con il servizio Prime Now, riesce più a tenere il passo degli ordini).
Un cambiamento del genere rischia di modificare stabilmente le abitudini di consumo, danneggiando negozi e centri commerciali anche una volta terminata l’emergenza coronavirus. D’altra parte, questa svolta potrebbe anche avere conseguenze positive sul versante della lotta all’evasione, facilitando la diffusione dei pagamenti elettronici.
SMARTWORKING
L’altro grande ambito in cui il coronavirus sta imponendo una rivoluzione tecnologica è l’organizzazione del lavoro. Prima dell’epidemia, lo smartworking era una realtà affermata in molti Paesi, ma non in Italia. Sempre secondo il Politecnico di Milano, l’anno scorso i lavoratori domestici nel nostro Paese non superavano quota 570mila. Ora l’effetto Covid ha moltiplicato questo numero per 14, portando in poche settimane il totale degli smart worker a 8 milioni di persone.
Anche in questo ambito, è facile prevedere che i cambiamenti imposti dal virus non scompariranno del tutto anche una volta finita la quarantena. Imprenditori e dipendenti hanno capito ormai che molti lavori d’ufficio possono essere svolti da casa senza troppe difficoltà, risparmiando tempo e denaro.
Tuttavia, il lavoro agile è un’opzione realmente praticabile solo se si rispettano almeno due condizioni. La prima è tecnica: tutti i dipendenti devono avere accesso a una connessione internet veloce e stabile (e non è sempre possibile, visto che diverse zone del nostro Paese non sono ancora coperte dalla fibra ottica). In secondo luogo, i lavoratori devono essere completamente autonomi davanti al computer (il che spesso non è vero: secondo uno studio firmato dal centro di ricerca Lo Stilo di Fileta e dalla piattaforma di e-learning Docety, il 41% degli italiani ha ancora scarse competenze informatiche).
E-LEARNING
Infine, l’insegnamento. Manca ancora l’ufficialità, ma ormai è praticamente certo che l’anno scolastico 2019-2020 passerà alla storia come il primo svolto per metà da casa. Com’è ovvio, l’istruzione italiana – martoriata da decenni di tagli – non era pronta ad affrontare una sfida del genere. Del resto, anche nelle migliori condizioni possibili, la scuola in videoconferenza avrà sempre dei limiti: dal monologo dell’insegnante (che non ha piena percezione di come la classe reagisca alle sue parole), alla copiatura fin troppo semplice durante le verifiche. Senza contare le esigenze degli alunni che normalmente possono contare sull’insegnante di sostegno.
Se però si guarda oltre l’istruzione obbligatoria, il quadro è diverso. Negli studi universitari, infatti, la lezione della quarantena potrebbe avere ancora una volta risvolti interessanti, accelerando la diffusione negli atenei italiani dei corsi online.