Nel 2022, l‘e-commerce ha generato un valore condiviso di oltre 133,6 miliardi di euro in Italia, pari al 7% del Pil, con un aumento del 13,9% rispetto all’anno precedente. La filiera ha creato 1,6 milioni di posti di lavoro, un incremento del 12,4% rispetto al 2021, rappresentando il 6,4% degli occupati in Italia, con salari lordi totali di 35 miliardi di euro (+13,2% rispetto al 2021). Grazie a questa ricchezza, lo Stato ha potuto investire 49,6 miliardi di euro in servizi pubblici e infrastrutture, pari al 9,1% delle entrate fiscali del 2022.
Sono i risultati che provengono da una ricerca di Netcomm, in collaborazione con Althesys, presentata al convegno “Elezioni Europee e Commercio Digitale – Scenari Futuri e Prospettive per la Competitività dell’Italia e dell’Europa”, tenutosi a Roma.
E-commerce: l’impatto economico lungo la filiera
La ricerca ha identificato tre macro-fasi che compongono la filiera dell’e-commerce: online seller al centro, fornitori a monte e supporto alle attività di vendita a valle.
Il grosso del valore condiviso (46,5%) proviene dalle attività degli online seller, con 61,9 miliardi di euro generati nel 2022 (+8,5% rispetto al 2021) e 773.000 occupati (+7,7%). Qui, i brand rappresentano il 75% del valore aggiunto, seguiti dai Retailer (22%) e dai Marketplace (3%).
Il resto del valore è suddiviso equamente tra fornitori, che generano 36,6 miliardi di euro (+8% rispetto al 2021) e occupano 445.400 persone (+8,7%), e il supporto alle attività di vendita, che genera 35,1 miliardi di euro (+33% rispetto al 2021) e impiega 415.100 lavoratori (+27%).
E-commerce non è un nemico da contrastare
“L’e-commerce come nemico da contrastare è un pregiudizio infondato e superato” ha dichiarato Roberto Liscia, Presidente di Netcomm. “I numeri parlano chiaro: il 7% del Pil del nostro Paese è generato dall’impatto che la filiera dell’e-commerce ha sull’economia italiana. La politica non può ignorare queste evidenze: stiamo parlando di un comparto che vale oltre 133,6 miliardi di euro, il cui 37% è assorbito dallo Stato tra imposte e contributi, a beneficio dell’intero sistema. Ad oggi, il 4,7% del totale del fatturato delle aziende italiane viene registrato dal canale e-commerce. Pur essendo una percentuale in crescita – essendo quasi raddoppiata dal 2014 quando era al 2,2% – le potenzialità di sviluppo di questo settore sono ancora molto ampie. Il grado di digitalizzazione delle nostre imprese è ancora insufficiente e sono necessarie politiche che le supportino nel cogliere le opportunità di aprirsi ai mercati internazionali attraverso il digitale, incrementando l’export. Occorre intervenire sul sistema educativo italiano orientandolo al digitale con programmi di formazione che forniscano conoscenze operative. Auspichiamo, inoltre, che il Governo adotti strategie di collaborazione sempre più serrate con i soggetti privati a favore del sistema Paese, dove le nuove tecnologie e le innovazioni come l’intelligenza artificiale rappresentano un asset di sviluppo fondamentale per le nostre imprese”.
“Il commercio elettronico è una leva importante per aumentare la crescita dell’Italia e creare valore condiviso per tutto il suo sistema socio-economico, spingendo l’export e valorizzando il Made in Italy. Il nostro Paese ha straordinarie potenzialità inespresse e l’e-commerce offre un’opportunità che altre nazioni paiono sfruttare meglio. Servono politiche che ne favoriscano uno sviluppo armonico: misure volte a formare capacità digitali, normative italiane ed europee che tutelino il consumatore senza inibire lo sviluppo delle imprese e, infine, accesso a finanziamenti e incentivi per la digitalizzazione delle Pmi” ha commentato Alessandro Marangoni, Ceo di Althesys e Presidente dello Shared Value Institute.