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E-book FIRSTonline-goWare: “In gara con le macchine” di 2 docenti MIT e prefazione di Giulio Sapelli

“IN GARA CON LE MACCHINE” diErik Brynjolfsson e Andrew McAfee con introduzione di Giulio Sapelli
Traduzione di Lisa Badocco

QUARTA DI COPERTINA

L’uomo sta perdendo la gara con la tecnologia? La tecnologia e l’innovazione lo stanno impoverendo? L’innovazione sta distruggendo posti di lavoro invece di crearne? Perché la ripresa economica è senza lavoro? Come può succedere che dell’enorme valore creato dalla tecnologia non benefici l’intera società ma solo una minoranza? Come può esserci un’accelerazione delle tecnologie mentre i redditi ristagnano? A queste domande che sembrano dei paradossi i due autori, professori del MIT, cercano di rispondere in questo ebook breve che ha mosso un dibattito vastissimo ben oltre quello degli economisti. Thomas Friedman, vincitore di 3 premi Pulitzer, lo ha definito “A terrific book”. Ed è proprio così, eccezionale e anche terrificante. Lo sviluppo della tecnologia e dell’innovazione non va a beneficio di tutti, anzi accelera i problemi e le disuguaglianze della società. Ma c’è una via d’uscita. Consiste nel lavorare con le macchine innovando le organizzazioni, investendo nel capitale umano attraverso la scuola e la formazione continua. Gli autori indicano 19 aree d’intervento. Consigliamole al Governo italiano come piattaforma per lo sviluppo del paese. Ci ascolteranno? Capiranno questi “consigli illuministi” come li definisce Giulio Sapelli nell’introduzione?L’ebook si avvale di un ampio apparato di grafici, illustrazioni e approfondimenti e di scene da film di un minuto dedicati al rapporto tra l’uomo e le sue macchine.

L’INTRODUZIONE DI GIULIO SAPELLI

L’e-book “Race Against the Machines” di Erik Brynjolfsson e Andrew McAfee, offerto al lettore italiano in un’ottima traduzione, sconvolge molte interpretazioni consuete sull’interazione esistente tra sviluppo tecnologico, crescita economica e organizzazione. In primo luogo esso dimostra che tutti questi anni hanno continuato a essere anni di rivoluzione digitale. Di più, di rivoluzione robotica, di meccatronica: oggi i computer possono guidare nel traffico automobili e qualsivoglia veicolo atto a spostarsi, tanto nelle metropoli quanto nei cieli, come ci ha recentemente dimostrato la vicenda dei cosiddetti droni. Il tutto in una sorta di traduzione continua di sistemi organizzativi complessi e di tecnologie altamente clusterizzate in prodotti che consentono esecuzioni semplici, siano esse seriali o siano esse idiosincratiche, come accade nella fabbricazione che sta sconvolgendo le consuete classificazioni merceologiche e professionali tanto negli stabilimenti quanto nei centri di ricerca.

La questione di fondo che il testo solleva è la verità, accertata attraverso un’infinità di sperimentazioni, che questi processi possono essere portati a buon fine solo dall’intelligenza umana. Naturalmente un approccio teorico di questo tipo sconvolge molte idee consolidate sul tema del lavoro e sul suo futuro. È vero infatti che la rivoluzione digitale accresce la produttività e può ridurre a zero alcuni costi di controllo. Ma nel contempo, per essere portata a buon fine, ossia per risolvere i problemi tecnologici e produttivi per cui è stata ed è creata continuamente, ha bisogno non di meno lavoro, ma di più lavoro.

Un lavoro che tuttavia non proviene in primis dal mondo del digitale, ma dal più vasto mondo della creatività tecnologica, della capacità umanistica di tenere insieme diverse tecnologie per diverse finalità. Insomma un lavoro sempre più qualificato e sempre più caratterizzato dalla capacità di rispondere alle varianze del processo piuttosto che alla continuità dei modelli. Il libro richiama la necessità di un nuovo ordine istituzionale dell’educazione al lavoro e nel lavoro che consenta una continua riqualificazione di tutti gli operatori che con la loro interazione rendono possibile la continuità della rivoluzione digitale.

È un libro che sfiora il mood delle grandi opere utopiste auspicando la riconciliazione delle macchine con la spiritualità umana. In questo sta il suo fascino e insieme il suo limite. Il suo limite è di presupporre che questo continuo sviluppo delle forze produttive e dell’intelligenza umana insieme sia possibile in quella sorta di impresa che abbiamo sotto i nostri occhi in forma prevalente. Quella capitalistica che certo produce le meraviglie qui descritte, ma è sempre frenata nel produrle dall’ossessione del dover ripartire una parte del profitto a favore della proprietà invece che soltanto alla continuità dell’impresa medesima e dei suoi lavoratori, a differenza di ciò che capita nelle imprese cooperative oppure not for profit.

Un bel libro illuministico dunque, con tutti i pregi e i difetti del caso.

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