Whirlpool ce l’ha fatta e con lei le altre aziende americane che producono elettrodomestici in America; dopo una serie di azioni legali avviate nel 2011, contro Samsung e LG, accusate di vendere sul mercato americano lavabiancheria a carica fronale a prezzi notevolmente più bassi di quelli del mercato, in quanto fabbricate in paesi asiatici dove il costo del lavoro è estremamente inferiore, ha ottenuto venerdì 6 ottobre la pronuncia definitiva dell’organismo incaricato dell’indagine, l’USTC, l’U.S.International Trade Commission. La Commissione ha riconosciuto ancora una volta le ragioni di Whirlpool. E’ vero: si tratta per l’ennesima volta -si dichiara- di dumping riguardante quantità crescenti ed elevate di apparecchi che hanno letteralmentre “distrutto” i prezzi di mercato. A novembre verranno resi noti i provvedimenti destinati a compensare in tutto o in parte i danni creati da questa forma di concorrenza sleale che -ricordiamo- non è la prima volta che si verifica a danno di competitor non asiatici.
Sembra che verranno imposti aumenti di prezzi e/o riduzioni delle quote di importazione e vendita delle lavatrici di Samsung e LG o di sanzioni di altro tipo. “Questa decisione è stata molto importante per noi-ha commentato il presidente Jeff Fettig- ma non solo per noi, anche tutti i produttori americani e per i lavoratori americani”. Come hanno reagito i coreani nel corso dei cinque anni che hanno visto diverse pronunce sempre della Commissione sull’esistenza o meno del dumping? Poichè i prezzi erano stati giudicati realmente molto al di sotto di quelli medi a causa dei costi “stracciati” della manodopera cinese, i coreani avevano trasferito la produzione delle lavatrici a carica frontale prima in Vietnam poi in Thailandia e così via. E ogni volta ripartiva la querelle, i conti dei costi e dei prezzi e ogni volta il dumping veniva giudicato reale. Da parte delle aziende coreane era stato obiettato che le loro macchine erano innovative, che questo aveva determinato la valanga di ordini e di vendite e che questo è il mercato…
E sia LG che Samsung si sono precipitate a costruire fabbriche di elettrodomestici in Tennessee e in South Carolina, nel tentativo -commenta il giornalista Alan Wolf di Twice-di rendere superflua la sentenza della Commissione. Evidentemente gli esperti della Commissione non hanno condiviso la tesi difensiva, come del resto è accaduto negli anni Duemila in Europa quando la Commissione Europea comminò consistenti rialzi dei prezzi di vendita. E successivamente i due chaebol impararono -in Europa- velocemente la lezione, grazie anche al management non coreano che progressivamente entrò nelle strutture europee-prima impenetrabili- ed ora i loro elettrodomestici hanno spesso prezzi sopra la media e contenuti innovativi notevoli. Quello che in America non è accaduto. Rimane sul tappeto un problema, insoluto: chi va in China, in Thailandia, in Vietnam lo fa al 90% non per vendere su quei mercati i loro prodotti (come dichiara), ma per vendere a prezzi stracciati, stracciatissimi e spesso prodotti di qualità indegna.
Una concorrenza sleale che la debole Europa non è riuscita o non ha voluto contrastare. I miracoli però qualche volta accadono. Dopo la Brexit, l’Inghilterra che ha sempre fortemente boicottato qualsiasi legittima protezione dell’industria e dei lavoratori europei, non può più farlo. Ed ecco che finalmente l’Europa decide di chiedere ai colossi del web di pagare le tasse sugli immensi profitti realizzati in Europa grazie all’uso praticamente gratis delle reti infrastrutturali pagate dai cittadini europei. Questo è o non è dumping, vale a dire concorrenza sleale?
Dal blog La casa di Paola