Di fronte ai continui e un po’ stucchevoli ultimatum di Silvio Berlusconi a Giorgio Napolitano e ad Enrico Letta e alle esibizioni mediatiche di un personaggio politico che simboleggia benissimo la crisi dei tempi ma che difficilmente passerà alla storia come la pitonessa per antonomasia, la leggendaria Daniela Santanchè, si possono comprendere le paure della Borsa per le sorti del Governo e della legislatura. C’è chi dice che forse il ritardo con cui Piazza Affari s’è accorta del rischio crisi è un po’ sospetto ma il pericolo di una crisi di governo è in effetti sempre dietro l’angolo e in assenza di una guida politica stabile non occorre essere profeti per immaginare il balzo all’insù che farebbe lo spread. Senza dimenticare i tanti provvedimenti in cantiere (dalla riforma dell’Imu alla sospensione dell’aumento dell’Iva) che finirebbero in soffitta.
Prima di fasciarsi la testa, è sempre bene riflettere e attendere gli eventi. Guido Compagna ha scritto sabato su FIRSTonline che quello del Cavaliere è soprattutto un bluff perché, se la minaccia di rovesciare il Governo diventasse realtà, finirebbe per trasformarsi in autogol per lo stesso Berlusconi e per il Pdl. Sono in molti a pensarla così, anche se la situazione è appesa a un filo e può sfuggire di mano a chiunque. Ma quali vantaggi trarrebbe Berlusconi da una crisi di governo non è dato capire.
Lo spiega benissimo sul Corriere della sera di oggi Luciano Violante, giurista e ex parlamentare di spicco del Pd: “Se il Governo cadesse, la Giunta per le immunità del Senato comunque si riunirebbe e deciderebbe; Silvio Berlusconi potrebbe non essere candidato e perderebbe, in base al Codice penale, anche i diritti politici. Inoltre – prosegue Violante – se si andasse ad elezioni e se il Pdl vincesse con questa legge elettorale tanto alla Camera quanto al Senato, che cosa farebbe? Cambierebbe subito la legge Severino e il Codice penale per sciogliere di nuovo le Camere e avere Berlusconi candidato?”. Assurdo, semplicemente assurdo, ma anche improbabile anche se la disperazione politica non è mai buona consigliera.
Ammesso e non concesso che si arrivi però alla crisi di governo, una cosa è certa: finché resterà al Quirinale (altra variante da valutare in caso di crisi estrema), mai e poi mai Napolitano scioglierà le Camere per rimandare il Paese alle elezioni con il Porcellum. Prima si cambia il Porcellum con una nuova legge elettorale e poi, in assenza di maggioranza di governo, si torna alle urne. Solo Grillo – che ha il merito o la colpa di aver riportato Berlusconi al Governo – finge di non capirlo ma, si sa, fare il capopopolo è cosa diversa dal mestiere dello stratega politico. Quindi, anche se Letta cadesse, lo sbocco non sarebbe il ritorno anticipato alle urne.
A quel punto si aprirebbero invece due scenari: o un governo Letta bis o un governo Renzi anti-Porcellum. Letta potrebbe restare a Palazzo Chigi nel caso, non impossibile, di un rinsavimento del Pdl ma anche nel caso di una frantumazione sia del Pdl che dei grillini. Non a caso il parlamentare del Gal, Paolo Naccarato, sosteneva oggi, sempre sul Corriere della sera, che, nel caso di una crisi, Letta potrebbe tornare alla guida di una maggioranza di governo diversa e per così dire di una “maggioranza silenziosa” rafforzata dai tanti transfughi che potrebbero sbucare dall’una e dall’altra sponda. Il nuovo governo dovrebbe avere come obiettivo principale la cancellazione del Porcellum e poi il ritorno alle urne.
Potrebbe essere anche un governo di minoranza, ma non è detto che sia proprio Letta a guidarlo anche se il premier è ovviamente il candidato naturale a succedere a se stesso e ha l’appoggio del Quirinale. Ma bisognerà vedere anche quale sarà lo sbocco finale di quell’altra maionese impazzita che è il Pd in fase congressuale. Certo non è passata inosservata l’intervista che Massimo D’Alema ha rilasciato nel fine settimana. Avendo un occhio al Quirinale e volendo soprattutto tornare in campo, D’Alema ha in mente soprattutto la successione a Epifani e lavora per portare alla guida del partito il suo Gianni Cuperlo. Da tattico qual è sa che deve venire a patti con Renzi, che vedrebbe bene a Palazzo Chigi. Ecco perché D’Alema e tutti gli anti-bersaniani fanno il tifo per un governo Renzi che faccia la riforma elettorale e porti poi il Paese al voto.
L’ipotesi di un governo minoritario Renzi (che potrebbe contare anche su Sel oltre che larga parte del Pd) per cancellare il Porcellum è dunque il secondo scenario possibile. ma guai a fare i conti senza l’oste. Enrico Letta e i suoi si lascerebbero disarcionare così ingenuamente? E, soprattutto, non dimentichiamoci che l’incarico di formare il governo lo conferisce il Capo dello stato e che solo pochi mesi fa Napolitano non ha avuto paura di negare a Bersani l’incarico per un improbabile governo del cambiamento che non aveva i numeri in Parlamento. Per fortuna al Quirinale c’è ancora re Giorgio.