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Dubai: un miracolo nel deserto, in attesa dell’Expo 2020

Un territorio desertico e ostile, un mare poco attraente, un clima infernale 9 mesi all’anno e il traffico intasato 24 ore su 24: sembra il ritratto di un luogo dove nessun turista vorrebbe mai andare, invece sono alcune delle caratteristiche di Dubai, un vero miracolo nel deserto in attesa di brillare ancora di più per l’Expo 2020.

Dubai: un miracolo nel deserto, in attesa dell’Expo 2020

Un territorio desertico e ostile, un mare poco attraente, un clima infernale 9 mesi all’anno e il traffico intasato 24 ore su 24: sembra il ritratto di un luogo dove nessun turista vorrebbe mai andare, invece sono alcune delle caratteristiche di Dubai, meta super gettonata e molto glamour per i viaggiatori di tutto il mondo, un vero miracolo nel deserto in attesa di brillare ancora di più per l’Expo 2020.  

Il Burj al Arab, hotel extra lusso a forma di vela, è una delle costruzioni più note del globo. Forse non famosa quanto la Torre Eiffel, ma probabilmente più conosciuta di tanti gioielli di mille comuni italiani.  E i turisti corrono a vederla, mentre quelli più facoltosi scelgono di dormirci o di mangiarci dentro, mettendo in conto cifre da capogiro. Dubai è un mistero, che solo studi di economia, sociologia e politica possono spiegare. Il profano può constatare però che gli emiri, in quanto a marketing territoriale e a comunicazione, sanno il fatto loro.

Ogni cosa che fanno è sempre la più grande o la più speciale: il grattacielo più alto (il Burj Khalifa), che tocca gli 828 metri, portando la propria punta sottile fra le nuvole; lo shopping mall con la pista da sci e la baita, dove ci si può scaldare; le penisole artificiali e via discorrendo. Opere faraoniche, decise in due e due quattro, prerogativa delle monarchie assolute (regime non invidiabile), realizzate a tempo di record, con i proventi importanti del petrolio, visto che gli Emirati Arabi (soprattutto Abu Dhabi) sono i quinti produttori al mondo. Ovviamente la manodopera non ha i nostri costi (gli stipendi di un operaio vanno dai 300 ai mille euro al mese) e le tasse sono praticamente inesistenti. Il lavoro non manca in questi territori, che hanno il più alto tasso di immigrazione del globo. Oggi negli Emirati vivono circa 7,5 milioni di persone, di cui solo il 20% originari del luogo. Le premesse non sono certamente politically correct, ma i risultati rimangono impressionanti. Dubai, l’emirato più conosciuto anche se non il più ricco,  è da sempre un porto commerciale importantissimo (terzo nel mondo), ma oggi è anche una meta turistica unica, grazie alla capacità visionaria di chi governa. E migliaia di turisti si aggirano per questi grattacieli fantasiosi, veri e propri capolavori del contemporaneo, firmati dai migliori architetti del mondo, restando abbagliati da uno skyline che non ha più nulla da invidiare a New York City. La sensazione è simile a quella che si ha a certe mostre di arte contemporanea: difficile da spiegare, difficile da capire, sospesa fra la bellezza e raggiro, eppure viva e dialogante. Tutte le grandi firme, di qualsiasi categoria merceologica, fanno a gara per occupare un posto in uno degli immensi magazzini che sono la piazza di Dubai, rifugi dal caldo insopportabile, luogo si svago e intrattenimento. Ed è piuttosto curioso vedere questi arabi compassati, nei loro meravigliosi kaftani bianchi, seduti davanti a un bel piatto di maccheroni di Eataly, dopo aver fatto shopping fra un negozio di Armani e uno di Prada.

Il miracolo nel deserto è possibile perché c’è una pozione magica che si chiama acqua dolce, un bene preziosissimo che gli sceicchi sottraggono al mare in immensi impianti di dissalazione, il più grande dei quali, nel porto di Jebel Ali, è costato 13 miliardi di dollari  e può produrre fino a  600.000 metri cubi di acqua al giorno. Oro azzurro che irriga mille aiuole, rutilanti fiori, giardini lussureggianti e magnifici campi da golf che proliferano in questo paradiso artificiale, anche grazie ai migliori giocatori del mondo. Acqua corrente e persino potabile (benché tutti utilizzino l’acqua in bottiglia) che serve a sopravvivere anche quando, in luglio e agosto, l’aria tocca i 50 gradi e il mare si trasforma in una brodaglia di 35 gradi, più adatta per il minestrone che per i pesci. Acqua che, in un paese petrolifero, costa naturalmente più della benzina, che si aggira, modesta, sui 30 centesimi al litro. L’oro nero è la manna degli Emirati (anche se oggi, grazie a una lungimirante diversificazione  rappresenta solo il 26% del pil), ma potrebbe diventare anche la loro condanna. A Dubai circolano più automobili che uomini e ciò significa strade a 10 corsie che attraversano la città, intasate giorno e notte. Lo sviluppo infatti è stato tale che, nonostante la crisi del 2009 e gli immensi investimenti sulla viabilità, le nuovissime strade sono nate vecchie. Il problema andrà risolto, anche per sopportare la mole di persone che si riverserà su Dubai nei prossimi anni con il nuovo aeroporto “Al Maktoum international” il cui costo finale, tra costruzione e sviluppo, dovrebbe aggirarsi sui 32 miliardi di dollari. Sarà dotato di cinque piste e  quattro terminal, con l’obiettivo di arrivare a 160 milioni di passeggeri all’anno, più di qualsiasi altro hub. A pochi passi dall’aeroporto troverà dimora l’Expo 2020, in un nuovo quartiere fieristico (denominato Exhibition City) da 400 ettari. Connecting Minds, Creating the Future (Connettere le menti, creare il futuro) è il tema scelto per la manifestazione, dove si stima arriveranno 25 milioni di visitatori per un appuntamento che cade anche nel 50esimo anniversario della fondazione degli Emirati.

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