“Per le consegne di pacchi tramite droni è ormai questione di pochi anni: già dalla prossima estate la nuova normativa europea autorizzerà le sperimentazioni e ci sarà anche l’Italia. La vera rivoluzione del futuro è il trasporto delle persone, da una parte all’altra dei centri urbani o magari nei tragitti centro-aeroporto”. Una sorta di teletrasporto, come usiamo spesso immaginare per modo di dire, quando vogliamo anzi sottolineare l’impossibilità di muoversi in un battito di ciglia nella giungla urbana, sarà invece realtà: parola del professor Marco Lovera, responsabile scientifico dell’Osservatorio Droni del Politecnico di Milano, che recentemente ha presentato uno studio sullo stato dell’arte del mercato dei droni in Italia. Un business che, per lo più sotto silenzio, cresce a doppia cifra e che nel nostro Paese vale già 100 milioni, considerando solo il segmento professionale ed escludendo gli apparecchi militari. “Tra non molto ci abitueremo a veder volare questi oggetti sopra le nostre teste: diventeranno un prodotto hi-tech come un altro. Come smartphone e tablet”, ha spiegato il docente nell’intervista rilasciata a FIRSTonline.
Professore, ma quanti sono i droni, oggi, in Italia e nel mondo?
“Guardando solo al mercato civile per uso commerciale nel mondo vengono prodotti già oggi circa 2 milioni di droni all’anno, e secondo Goldman Sachs questo mercato vale 13 miliardi di dollari a livello globale nel periodo 2016-2020. In Italia i droni registrati sul sito dell’ENAC sono 13.479, dal 2016 al 2019. Il drone per utilizzo personale o professionale (imprese, Pa, servizi) è già un’economia di scala, con prezzi che stanno scendendo e prestazioni che stanno aumentando velocemente. Secondo le stime di Teal Group entro il 2025 la produzione annua mondiale raggiungerà le 8 milioni di unità”.
Diventeranno nel tempo di uso comune come lo sono oggi gli smartphone?
“Difficile raggiungere i numeri degli smartphone, che sono dell’ordine dei miliardi. Ma le analogie ci sono, anche a livello tecnologico. Un drone deve pesare il meno possibile e avere una batteria che resista più tempo possibile, esattamente come i device mobile che usiamo tutti i giorni. Deve fare foto e video ad alta precisione, come avviene già oggi per smartphone e tablet. Anche la sensoristica richiama in parte quella già usata negli apparecchi che teniamo in mano tutti i giorni. Quello che sta accadendo con i droni mi ricorda tantissimo quello che accadde 10-15 anni fa con la rivoluzione del GPS, che aprì la strada ad una serie infinita di nuove applicazioni”.
Quanto costa un drone, oggi?
“Per il mercato retail, cioè per l’uso personale, ormai siamo tranquillamente sotto i 1.000 euro. il range di prezzo è assolutamente paragonabile a quello degli smartphone: si parte da poche decine di euro a salire, a seconda della qualità. I droni professionali invece, quelli usati da aziende e amministrazioni, possono arrivare a costare anche più di 10.000 euro”.
In quali ambiti sono più utilizzati i droni?
“Ce ne sono tantissimi, già adesso: agricoltura, ambiente, arte e cultura, intrattenimento, comunicazione, assicurazioni, automotive, utility, sanità, logistica, infrastrutture”.
Ci faccia qualche esempio concreto.
“Per quanto riguarda i media, si pensi ad esempio alle riprese tv per gli eventi sportivi. O agli stessi allenamenti delle squadre o degli atleti, a seconda delle discipline. Nell’intrattenimento, i droni oggi vengono utilizzati per sostituire i fuochi d’artificio, più pericolosi ed inquinanti, negli spettacoli pirotecnici. Nel mondo assicurativo un drone può risultare utilissimo nella valutazione dei danni subiti da una azienda dopo un evento catastrofico. Per esempio, da un’azienda agricola dopo una alluvione. I velivoli automatizzati sono fondamentali, già oggi, come supporto alla costruzione e per il monitoraggio delle grandi infrastrutture, o nel caso delle utility per la sorveglianza e la sicurezza degli impianti, ma anche per misurare in maniera più costante ed efficace le emissioni di CO2. Nella sanità, i droni sono utilizzabili per il trasporto di farmaci, di sacche di sangue e di piccoli organi”.
E per le consegne di Amazon, di cui si parla da tempo? Nei centri urbani però non ne abbiamo ancora visto uno…
“Il problema delle consegne mediante droni è molto complesso e riguarda la regolamentazione dello spazio aereo. Negli Stati Uniti, dove è più facile per come sono concepite le città e le strade, le autorità hanno già dato il via libera ad una fase di sperimentazione avanzata, quanto meno nelle aree a basso rischio e per piccole consegne. In quel caso, è persino successo che Google sia arrivata prima di Amazon, ottenendo per prima l’autorizzazione. In Europa fino a poco fa la regolamentazione era demandata ai singoli Paesi: l’Italia è stata tra i primi a darsene una. Lo sviluppo della normativa è un elemento molto critico perché da un lato c’è una grande esigenza di sicurezza, dall’altro si vuole evitare di stroncare sul nascere un settore industriale in piena espansione. Poi è arrivata la normativa europea, che entrerà in vigore dall’estate e che prevede una serie di semplificazioni e soprattutto regole finalmente stabili, che è la cosa più importante per gli addetti ai lavori”.
E quindi da quest’estate ci sarà la rivoluzione? Vedremo droni volare sulle nostre teste?
“Non immediatamente ma direi di sì, col tempo ce ne saranno sempre di più, sempre più grossi e che faranno sempre più cose. Poi se mi chiede quando le consegne dei pacchi di Amazon o di altri operatori tramite droni diventeranno una realtà a livello commerciale e non più sperimentale, non saprei dirglielo: ci vorrà ancora qualche anno. Ma la vera rivoluzione, in futuro, sarà un’altra”.
Quale?
“Non mi chieda quando, ma con questi aeromobili a decollo verticale automatici sarà possibile anche trasportare le persone. Nel mondo ci sono già più di 100 progetti in questo senso, anche di aziende molto importanti come ad esempio Airbus e Boeing. E’ un tema caldissimo, che ancora oggi non riusciamo a immaginare concretamente ma che potrebbe ad esempio realizzarsi nei centri urbani per portare una persona dal luogo X al luogo Y, o per servire il collegamento tra il centro e l’aeroporto”.
Tipo teletrasporto?
“In un certo senso…”.
In Italia il mercato dei droni è solo terziario o siamo anche produttori? Non è che faremo come con i cellulari, restando tagliati fuori dalla sfida industriale?
“Il rischio c’è. Qualche produttore lo abbiamo ma sono pochi, l’86% della nostra filiera è composto da operatori. Inoltre il mercato globale a livello industriale è già molto polarizzato: il 70% della torta è in mano ad una azienda cinese. Sicuramente in Italia spicca Italdron, che fabbrica 120 droni l’anno, detiene una quota del 40% sul mercato dei droni sopra i 5 kg di peso e può competere anche a livello internazionale. Poi ci sono altre realtà più piccole, che producono poco ma magari lo fanno per applicazioni specifiche e dunque ad alto contenuto tecnologico”.
La tecnologia, e dunque anche i droni, toglierà il lavoro agli umani?
“Lo faciliterà, piuttosto, sostituendoli in attività complicate e costose. Si pensi ad esempio alla logistica, nei grandi magazzini: fare l’inventario dei prodotti sugli scaffali, in capannoni dalle superfici sempre più estese, è un lavoro enorme. Grazie ai droni, questo lavoro si può fare già ora in modo quasi del tutto automatico e magari di notte, senza interferire cioè con l’attività umana diurna e consentendo alle persone di dedicare le loro energie ad altro. Ed è solo uno degli esempi”.
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