Rinnovarsi o perire. Il messaggio lanciato all’Europa dall’ex premier ed ex Presidente della Bce, Mario Draghi, con il suo piano sulla competitività è chiarissimo. O il Vecchio continente si sveglia e realizza riforme radicali e investimenti di almeno 800 miliardi di euro o non c’è speranza: se manca una terapia d’urto, il rischio che corre la Ue non è solo il declino ma la dissoluzione. Come aveva avvertito solo qualche giorno prima il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Le sfide epocali che l’Europa ha di fronte – dalla transizione energetica a quella digitale, dalla sicurezza alla crisi demografica – sono talmente grandi che nessun Paese può farcela da sola. Ecco perché sono urgenti riforme radicali, anche decise a maggioranza per dribblare l’immobilismo, e investimenti colossali, una specie di doppio piano Marshall. Ma chi paga? Si possono certamente mobilitare capitali privati ma il grosso degli investimenti devono essere a carico dei bilanci di ogni Stato e soprattutto del bilancio europeo. Era scontato che i tedeschi più conservatori, guidati dal ministro delle Finanze, il liberale Christian Lindner, reduce da una sonora batosta elettorale, si opponessero. Un po’ come faceva la Bundesbank quando Draghi, da Presidente della Bce, proponeva dosi massicce di Quantitative easing e l’acquisto di titoli di Stato per creare moneta. Draghi ha sempre vinto e ha spesso relegato la Bundesbank all’opposizione, sovente solitaria, al vertice della Bce. Ma Draghi poteva sfidare la Buba perché aveva un asso nella manica e cioè un accordo tacito con la Cancelliera Angela Merkel che gli copriva le spalle e lo incoraggiava ad andare avanti nella sua illuminata politica monetaria. Senza la Merkel e Macron non ci sarebbe mai stato nemmeno il Next Generation Eu, a meno che qualcuno non creda ancora alle favole che racconta Giuseppe Conte. Ma adesso che la Merkel non c’è più e che il Governo Scholz è traballante, chi tiene a bada i crucchi? Ci vorrebbe un colpo d’ala di Ursula con l’assegnazione di un incarico speciale della Ue a Draghi per implementare il suo Piano. E’ un sogno? Certamente sì ma talvolta i sogni diventano realtà e sa il cielo di quanto l’Europa abbia bisogno di SuperMario.