Le Borse europee chiudono in rialzo, l’euro si deprezza nei confronti del dollaro, lo spread fra decennale italiano e tedesco cala: sono gli effetti delle scelte di politica monetaria della Bce, stop al Quantitative easing da gennaio 2019 (il programma di acquisti di bond verrà dimezzato da settembre per poi essere archiviato a dicembre), ma tassi d’interesse fermi ai minimi record almeno fino all’estate del prossimo anno. Le parole di Mario Draghi hanno un effetto tonificante per i listini, che cambiano segno nel pomeriggio.
Piazza Affari chiude in rialzo dell’1,22%, 22.486 punti, anche se le banche restano in fondo al paniere. Ancora più galvanizzate Francoforte +1,68% e Parigi +1,39%; più tiepida Madrid +0,59%. Fuori dall’eurozona salgono Londra +0,83% e Zurigo +0,68%. Wall Street viaggia intonata, con il Dow Jones più arretrato, dopo gli annunci della Bce e all’indomani della decisioni della Federal Reserve di alzare i tassi per la settima volta dal dicembre 2015 e per la seconda volta nel 2018, con la prospettiva di procedere ancora con una o due strette entro fine anno. Domani sarà la banca centrale giapponese a fare luce sulle sue prossime mosse.
La decisione della fine del Qe da parte della Banca europea arriva in anticipo per molti osservatori, che si aspettavano un’indicazione di massima dalla riunione di oggi e una tabella di marcia solo dal mese prossimo. Alla fine però la scelta era già stata digerita dai mercati, tanto più che, come dice Draghi, “gli stimoli monetari sono ancora necessari al sostentamento dei prezzi e dell’inflazione. Il supporto continuerà a essere sostenuto dal QE fino alla fine dell’anno, dalle attività di reinvestimento e dai tassi di interesse”.
A pagare lo scotto più alto è l’euro, che cede circa l’1,4% sul dollaro, con il cambio in area 1,163. La moneta unica, per il numero uno di Eurotower, rimane “irreversibile, perché è forte, perché le persone la vogliono e perché non giova a nessuno mettere in discussione” la sua esistenza. E’ importante “non drammatizzare” gli eventi politici e le scelte dei singoli Paesi. Nelle settimane scorse c’è stato un aumento generalizzato dei rendimenti sovrani a causa dell’incertezza politica, ma non si può parlare di un contagio Italia, piuttosto di un episodio locale.
Eppure Fitch avverte: i recenti sviluppi politici “potrebbero incidere sull’outlook di crescita” del Belpaese. Di conseguenza l’agenzia di rating taglia le stime del PIL 2018 dall’1,5 all’1,3%, lascia invariate quelle per il 2019 all’1,2%, prevede un forte calo a +0,9% nel 2020.
Lo spread fra decennale italiano e tedesco però scende dell’1,4% a 232.5 punti base, il rendimento si porta a 2,76%. Le blue chip che realizzano i maggiori guadagni sono Prysmian +5,76%; Ferrari +3,67%; Saipem +2,75%; Poste +2,36%; Fiat +2,2%. In fondo al listino: Unicredit -1,2%; Mediobanca -1,02%; Ferragamo -0,52%; Pirelli -0,4%; Unipolsai -0,29%. Fra le materie prime, perde quota il petrolio: Brent -1,04%, 75,94 dollari al barile.