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Draghi, Rapporto sulla competitività Ue: più cooperazione e debito comune per innovazione, energia, sicurezza

Imagoeconomica

Una “sfida esistenziale”. È questo che l’Unione europea dovrà affrontare se vuole crescere ed essere competitiva, colmando l’enorme gap che si è apertosi con Stati Uniti e Cina. E per farlo avrà bisogno di “un cambiamento radicale”. Lo dice a chiare lettere l’ex premier Mario Draghi – utilizzando il suo solito tono pacato, che però va dritto al punto e non nasconde nulla – presentando a Bruxelles il suo Rapporto sulla competitività europea. 

Accanto a lui, la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, la stessa persona che un anno fa scelse lui per portare avanti questo mastodontico lavoro d’analisi. La stessa che dovrà mettere in atto tutti gli sforzi possibili per mettere in pratica le proposte dell’ex presidente della Bce che, ancora una volta, possono essere riassunte in una frase. Se nel 2012 la Banca Centrale Europea ebbe bisogno di fare “whatever it takes” per salvare l’euro, nel 2024 è l’Unione europea a dover fare “whatever it takes” per salvare se stessa. Come? riducendo il numero di decisioni per cui è necessaria “l’unanimità”, diventata ormai un ostacolo alla crescita, facendo in modo che gli Stati Membri cooperino il più possibile gli uni con gli altri e promuovendo il debito comune. E, secondo la ricetta Draghi, sono tre i settori su cui puntare per “crescere” e fare in modo che la Ue diventi più produttiva “preservando i nostri valori di equità e inclusione sociale”: innovazione, energia e sicurezza.

Le debolezze dell’Unione europea

L’Unione europea non è più competitiva. E nel caso in cui avesse ancora qualche dubbio in proposito, i dati presentati oggi da Mario Draghi dissipano ogni nube: Il divario di crescita esistente tra Stati Uniti ed Unione europea è raddoppiato. Era al 15% nel 2002, è al 30% nel 2023. La quota di settori nei quali la Cina compete direttamente con la UE è passata dal 25% nel 2002 al 40% oggi. Infine, sulle 50 più importanti società tecnologiche mondiali, solo quattro sono europee.

“L’unico modo per affrontare questa sfida è crescere e diventare più produttivi, preservando i nostri valori di equità e inclusione sociale. E l’unico modo per diventare più produttivi è che l’Europa cambi radicalmente”, dice Draghi. “Se l’Europa non riesce a diventare più produttiva, saremo costretti a scegliere. Non potremo diventare contemporaneamente leader nelle nuove tecnologie, faro della responsabilità climatica e attore indipendente sulla scena mondiale. Non saremo in grado di finanziare il nostro modello sociale. Dovremo ridimensionare alcune, se non tutte, le nostre ambizioni”. Poi le rassicurazioni: “Urgenza e concretezza sono due parole chiave del report” afferma l’ex premier, sottolineando come il documento presenta circa “170 proposte”. “Non stiamo partendo da zero, voglio rassicurarvi”, aggiunge.

I tre obiettivi chiave

Innovazione, energia e sicurezza – intesa quest’ultima anche come indipendenza industriale – sono al contempo le tre aree d’azione e i tre obiettivi da perseguire per portare avanti il “cambiamento radicale” di cui l’Unione Europa ha bisogno. E l’unico modo per farlo è coordinarsi e cooperare. 

“Affinché la strategia delineata in questo rapporto abbia successo, dobbiamo iniziare con una valutazione comune della nostra postura, degli obiettivi a cui vogliamo dare priorità, dei rischi che vogliamo evitare e dei compromessi che siamo disposti a fare – scrive l’autore nell’introduzione -. Dobbiamo avere una nuova visione della cooperazione sia nella rimozione degli ostacoli che nell’armonizzazione di regole e leggi così come nel coordinamento delle politiche”.

Necessari 700-800 miliardi di investimenti

“Sono necessari almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui, secondo le ultime stime della Commissione, pari al 4,4-4,7% del Pil dell’Ue nel 2023″. “Per fare un paragone, gli investimenti del Piano Marshall nel periodo 1948-51 equivalevano all’1-2% del Pil dell’Ue”, si legge ancora. 

Non sarà sufficiente il risparmio privato, avverte Draghi: “Le esigenze di finanziamento richieste all’Ue per raggiungere i suoi obiettivi sono enormi — spiega il rapporto -, ma gli investimenti produttivi sono deboli nonostante gli ampi risparmi privati”. “Abbiamo detto molte volte che la crescita sta rallentando da molto tempo nell’Ue, ma lo abbiamo ignorato. Fino a due anni fa non avremmo mai avuto una conversazione del genere perché in genere le cose andavano bene. Ma ora non possiamo più ignorarlo: le condizioni sono cambiate”. 

“Integrazione europea ostacolata dal voto all’unanimità”

“L’unico consiglio che diamo sulla politica della competitività è che bisogna tener conto di innovazione e resilienza. Abbiamo proposto di smetterla con l’esenzione agli aiuti di Stato che devono essere utilizzati per progetti comuni”. “Raccomandiamo anche che la competitività guardi più al futuro”, ha aggiunto l’ex presidente della Bce sottolineando al tempo stesso come le proposte lanciate dal Rapporto “sono attuabili subito”.

“Finora, molti sforzi per approfondire l’integrazione europea tra gli Stati membri sono stati ostacolati dal voto all’unanimità. Dovrebbero quindi essere sfruttate tutte le possibilità offerte dai Trattati Ue per estendere il voto a maggioranza qualificata“, si legge nel report, secondo cui, il voto a maggioranza qualificata dovrebbe essere “esteso a più aree”. L’ex presidente del consiglio auspica inoltre che, in casi di stallo, si ricorra alla “cooperazione rafforzata”.

Le proposte di Draghi

Tra le proposte più significative contenute nella relazione ci sono il completamento del mercato unico (come previsto dal Rapporto Letta); la necessità di rendere più coerenti tra loro politiche industriali, commerciali e della concorrenza e quella di riformare il governo dell’Unione europea.

Il rapporto raccomanda inoltre di “aumentare i finanziamenti europei” per la Ricerca e Sviluppo (R&S) nel campo della difesa e di concentrarli su “iniziative comuni”. Questo approccio potrebbe essere sviluppato attraverso “nuovi programmi a duplice uso e una proposta di progetti europei di difesa di interesse comune” per organizzare la necessaria cooperazione industriale. “Nessuno Stato membro può finanziare, sviluppare, produrre e sostenere efficacemente tutte le capacità e le infrastrutture necessarie per mantenere la leadership” nelle tecnologie più avanzate di oggi.  

Secondo Draghi, “poiché l’innovazione nel settore tecnologico è rapida e richiede bilanci consistenti, le analisi relative alle fusioni dovrebbero valutare in che modo la concentrazione proposta influirà sul futuro dell’innovazione nei settori prioritari”.

Il report sottolinea comunque che l’Ue ha dei punti di forza dai quale partire, come sistemi educativi e sanitari forti e Stati sociali solidi. Tuttavia “collettivamente non riusciamo a convertire questi punti di forza in industrie produttive e competitive sulla scena mondiale”. 

Bisogna dunque partire da qui e lavorare insieme per riorganizzare tutto: “L’Europa è bloccata in una struttura industriale statica, con poche nuove imprese che si affermano per sconvolgere le industrie esistenti o sviluppare nuovi motori di crescita”. Dobbiamo dunque “abbandonare l’illusione che solo la procrastinazione possa preservare il consenso. In realtà, la procrastinazione ha prodotto solo una crescita più lenta, e di certo non ha ottenuto più consenso. Siamo arrivati al punto in cui, senza agire, dovremo compromettere il nostro benessere, il nostro ambiente o la nostra libertà”.

Innovazione

L’innovazione deve la pietra miliare dell’Unione europea, il cui obiettivo è quello di colmare il gap creatosi con Usa e Cina 

“Non esiste una società dell’UE con una capitalizzazione di mercato superiore a 100 miliardi di euro che sia stata creata da zero negli ultimi cinquant’anni, mentre tutte e sei le società statunitensi con una valutazione superiore a 1 trilione di euro sono state create in questo periodo”, afferma Draghi. La conseguenza è che le nostre imprese investono in meno in innovazione perché specializzate in tecnologie mature. Non solo: “le imprese innovative che vogliono espandersi in Europa sono ostacolate in ogni fase da normative incoerenti e restrittive” e così molti imprenditori preferiscono investire negli Usa: “Tra il 2008 e il 2021, quasi il 30% degli “unicorni” fondati in Europa – startup che hanno poi raggiunto un valore di oltre 1 miliardo di dollari – ha trasferito la propria sede all’estero, con la stragrande maggioranza che si è trasferita negli Stati Uniti”. Questo ha un effetto devastante anche sull’impatto che può avere l’Intelligenza artificiale. Settore su cui rischiamo di rimanere drammaticamente indietro.

L’energia

Un capitolo a parte lo merita l’energia. “Se gli ambiziosi obiettivi climatici dell’Europa saranno accompagnati da un piano coerente per raggiungerli, la decarbonizzazione sarà un’opportunità per l’Europa. Ma se non riusciamo a coordinare le nostre politiche, c’è il rischio che la decarbonizzazione possa andare contro la competitività e la crescita”, afferma Draghi, sottolineando che nella Ue, l’energia elettrica costa il triplo che negli Usa. E potrebbe continuare ad aumentare: “senza un piano per trasferire i benefici della decarbonizzazione agli utenti finali, i prezzi dell’energia continueranno a pesare sulla crescita”, si legge nel report. 

Secondo l’ex numero uno della Bce, “l’Ue si trova di fronte a un possibile compromesso. Aumentare la dipendenza dalla Cina può offrire la strada più economica ed efficiente per raggiungere i nostri obiettivi di decarbonizzazione. Ma la concorrenza sponsorizzata dallo Stato cinese rappresenta anche una minaccia per le nostre industrie produttive di tecnologie pulite e automobilistiche”.

“La decarbonizzazione – prosegue – deve avvenire per il bene del nostro pianeta. Ma perché diventi anche una fonte di crescita per l’Europa, avremo bisogno di un piano congiunto che abbracci i settori che producono energia e quelli che consentono la decarbonizzazione, come le tecnologie pulite e l’automotive”.

Debito comune

L’ultimo tema fondamentale è il debito comune. “Mai in passato le dimensioni dei nostri Paesi sono apparse così piccole e inadeguate rispetto alle dimensioni delle sfide. Ed è da molto tempo che l’autoconservazione non è più una preoccupazione comune. Le ragioni di una risposta unitaria non sono mai state così convincenti – e nella nostra unità troveremo la forza per riformare”.

“L’emissione di asset” comuni “su base più sistematica richiederebbe un insieme più forte di regole di bilancio che garantiscano che un aumento del debito comune sia accompagnato da un percorso più sostenibile del debito nazionale”, si legge nel rapporto sulla competitività di Mario Draghi. “L’emissione di asset sicuri comuni per finanziare progetti di investimento congiunti potrebbe seguire modelli esistenti, ma dovrebbe essere accompagnata da tutte le garanzie che un passo così fondamentale comporterebbe”, avverte l’ex premier.

“L’Unione dovrebbe orientarsi verso l’emissione regolare di strumenti di debito comune per consentire progetti di investimento congiunti tra gli Stati membri e contribuire all’integrazione dei mercati dei capitali”. Inoltre: “gli Stati membri potrebbero prendere in considerazione la possibilità di aumentare le risorse a disposizione della Commissione rinviando il rimborso dei NgEu”.

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