“Herr Draghi non è Mefistofele”. Parola di Herr Peter Feldman, sindaco socialdemocratico di Francoforte, il primo borgomastro ebreo dal 1933, quando il burgmeister Ludwig Landman venne cacciato dal consiglio comunale dall’avvento del nazismo. Ma che c’entra Draghi con Mefistofele? E perché ne parla il sindaco di Francoforte? Giovedì pomeriggio, a Francoforte, c’ è stata, presente il sindaco e i governatori delle banche centrali dei Paesi dell’euro, la solenne cerimonia per la copertura del tetto della GrossMarktHalle: un’enorme costruzione in stile tardo espressionista che, nel corso del XX secolo, è stata adibita a sede del mercato ortofrutticolo salvo una tragica parentesi, tra il 1941 ed il 1944, in cui i nazisti la usarono come punto di raccolta degli ebrei da inviare nei campi. Negli anni Novanta sembrava destinata alla demolizione ma, nel 1999, i padri nobili dell’Europa vollero che la banca centrale avesse una sede degna della sua missione storica. Ma sempre a Francoforte, si sa, ha sede la non meno potente banca centrale tedesca, la Bundesbank, che quest’anno ha voluto celebrare Wolfgang Goethe, il figlio più nobile di questa terra, con una mostra sul rapporto tra il maestro della letteratura tedesca e il denaro. Cosa che ci riporta a Faust e a Mario Draghi.
Il presidente della Buba, Jens Weidmann, all’inaugurazione della mostra ha dichiarato che gli acquisti della Bce a favore dei Paesi più indebitati sono paragonabili al consiglio di Mefistofele nel Faust. Draghi, che ha disertato la cerimonia di Francoforte, non ha risposto. Il sindaco, a nome della Germania che non si riconosce nella Bundesbank, sì. Ma, al di là della metafora letteraria, come interpretare in chiave italiana questo confronto faustiano? Tema meno astratto di quanto non appaia a prima vista, come spiega Alessandro Fugnoli nella sua nota settimanale de “il Rosso e il Nero” sul sito di Kairos, società indipendente del risparmio gestito fondato e guidata da Paolo Basilico.
“All’imperatore e a tutti gli uomini del Regno accomunati dal pensiero di non avere mai abbastanza soldi – sostiene lo strategist di Kairos – il Mefistofele di Faust oppone la geniale intuizione del denaro di carta. Tra i mormorii eccitati dei cortigiani il diavolo spiega che non occorre garantire il nuovo denaro con l’oro già estratto. Se qualcuno chiederà garanzie gli si indicherà la terra e gli si dirà di scavare. Ci sono tesori infiniti, sottoterra”. Ma Goethe fa finire molto male, in inflazione e rovina, l’avventura monetaria suggerita da Mephisto.
Ha ragione Weidmann? Facile rispondere di no, anche perché è ben noto che la Bce si muoverà a favore della Spagna solo di fronte a precise e impegnative (forse troppo) condizioni. Inoltre, la Banca sterilizzerà i propri acquisti di titoli spagnoli o di altri Paesi con la vendita per pari importo di titoli già in portafoglio. Quindi non si dovrebbe avere alcuna creazione netta di denaro e pertanto nessuna significativa spinta inflazionistica. Ma, sottolinea Fugnoli, la trincea della Bundesbank è stata comunque “sfondata” dalle decisioni della Fed.
“Nei prossimi due anni la Fed creerà due nuovi trilioni di dollari. Non l’ha detto ufficialmente, ma ha fatto capire che da gennaio, tra Treasuries e mutui, comprerà almeno 120 miliardi di titoli al mese con denaro nuovo. Andrà avanti fino a che la disoccupazione non sarà scesa al 7%. Poiché ci vorranno quasi due anni per raggiungere questo obiettivo, tutti hanno fatto subito i conti e sono arrivati ai due trilioni. Se la Fed crea denaro, il dollaro s’indebolisce, mentre l’euro, lo yen, il renminbi e la sterlina si rafforzano. Per evitare una rivalutazione di cui nessuno ha voglia, Europa, Giappone, Cina e Regno Unito dovranno fare esattamente quello che farà la Fed, creeranno cioè tutta la moneta occorrente a bilanciare quella creata dalla Fed. Il Giappone si è già messo al lavoro. La Bce, per rispettare formalmente quel poco che resta dei principi teologici della Bundesbank, non creerà denaro nel modo rilassato della Fed, ma seguirà un percorso più tortuoso. In una prima fase acquisterà titoli di Spagna ed Italia non appena queste ne faranno richiesta. Ma questo non basterà. L’Italia infatti proverà a resistere fin dopo le elezioni senza chiedere aiuti e probabilmente ci riuscirà. La Spagna, che verosimilmente capitolerà presto, non avrà bisogno di più di 200 o 300 miliardi e in ogni caso si opporrà ad importi più grandi”.
Come farà allora la Bce a mettersi al passo della Fed? “Lo farà ricorrendo ad altri Ltro, ovvero dando altri soldi alle banche affinché comprino altro titoli di Stato o, chissà mai, aumentino gli impieghi. In totale lo stato patrimoniale delle banche centrali dei paesi sviluppati, pari a due miliardi e mezzo prima della crisi, arriverà fra due anni e mezzo a 15 miliardi. Non si è mai visto nella storia niente di simile.
Potrà finire bene o male, nessuno lo sa. Le banche centrali giurano che finirà bene e in una certa misura ne sono sinceramente convinte. Ex ante hanno probabilmente ragione. Le risorse inutilizzate (disoccupati, impianti fermi) sono ancora molto ampie e l’inflazione, nei prossimi due anni, non darà seri problemi.
In queste cose, di solito, il diavolo non mette la coda all’inizio, ma alla fine, quando la ripresa è ben avviata e la disoccupazione è finalmente scesa a livelli più tollerabili. Le banche centrali, si badi, hanno tutti gli strumenti per riassorbire in tempo la liquidità in eccesso. Il problema è che sono i politici, esattamente in quel momento, a bloccare le banche centrali perché non si sa mai, potrebbe sempre esserci una ricaduta ed è meglio restare ultra espansivi ancora un po’”.
Allora tornerà di attualità un’altra opera di Goethe: l’Apprendista Stregone (vi ricordate Fantasia di Walt Disney?). Il mago si assenta e il giovane addetto alle pulizie dello studio cerca di creare con un incantesimo preso dagli appunti del maestro una scopa che pulisca da sola. All’inizio va tutto bene, ma quando il lavoro è compiuto l’apprendista non sa più come fermare la scopa, che comincia a combinarne di tutti i colori, finché non ritorna il maestro a rimetterla al suo posto. “Nella nostra realtà accade il contrario. L’apprendista (le banche centrali) sa come uscire dall’incantesimo ed è il mago (la politica) che rischia di impedirglielo”.
La sintesi per l’investitore? “Che finisca bene o male, i prossimi due anni, e il 2013 in particolare, dovranno essere usati da chi investe per portare a casa il più possibile. Non ha senso vendere l’anima al diavolo in cambio di tante cose belle e poi non godere di queste, finché ci sono. È come indebitarsi con gli usurai per comprarsi una Ferrari e non usarla mai. Anche (soprattutto) chi è convinto che un giorno soffriremo la dannazione eterna dell’inflazione dovrebbe evitare di trascorrere gli anni dell’attesa circondandosi di tristissimi Bund. Meglio gozzovigliare con i Btp e i Bonos e avventurarsi ogni tanto (con le dovute precauzioni) nel quartiere a luci rosse e farsi sedurre dai bond regionali spagnoli (la Catalogna rende il 12 per cento, per chi ha titolo per chiedere il rimborso della trattenuta alla fonte) o addirittura greci. Sono le banche centrali che ce lo chiedono”.