“Anche i banchieri centrali hanno un cuore” ha ricordato con una battuta spiritosa Mario Draghi in Parlamento nel dibattito dei giorni scorsi incredibilmente sfociato nella più allucinante delle crisi di governo. Ma quali sono allora i sentimenti che verosimilmente percorrono in queste ore l’ex premier? FIRSTonline lo ha chiesto a chi conosce bene Mario Draghi come Salvatore Rossi, oggi Presidente di Tim ma in precedenza Direttore Generale di Banca d’Italia dove ha lavorato da vicino con il premier prima che salisse alla Presidenza della Bce. “Orgoglio e rammarico” sono secondo Rossi i sentimenti che percorrono Mario Draghi. Ma, al di là dei suoi aspetti personali, la sua caduta rischia di provocare “effetti macroeconomici negativi quasi come quelli di un peggioramento della guerra” tra Russia e Ucraina e danni reputazionali per l’Italia molto seri. Liquidare dalla guida del Governo per miopi ragioni elettoralistiche il più autorevole italiano nel mondo è l’ultima follia che un Parlamento nato male e finito peggio potesse fare. Sentiamo, dunque, come valuta i fatti politici e i loro effetti Salvatore Rossi, che parla con la consueta sobrietà ma con grande fermezza.
Presidente, francamente si aspettava che il Senato mandasse in crisi il Governo Draghi?
“No, non me lo aspettavo. Lo temevo, ma speravo che l’interesse generale degli italiani, gli appelli e le dichiarazioni per la prosecuzione dell’esperienza di governo fossero tenuti in conto. Invece non è accaduto”.
Lei conosce molto bene Mario Draghi avendo lavorato insieme in Banca d’Italia: in questo momento prevarrà in lui l’orgoglio di aver ben servito l’Italia anche con il suo Governo o il rammarico di non aver potuto completare l’opera?
“Credo che entrambi i sentimenti siano presenti nell’animo di Mario Draghi in questo momento. Certamente è molto orgoglioso di quello che è stato fatto in questi mesi. Anzi, ha detto chiaramente nel suo discorso al Senato che mai come adesso si è sentito orgoglioso di essere italiano, anche perché il suo governo si è fatto interprete della capacità del Paese di reagire alle avversità. Al tempo stesso sicuramente è presente il rammarico di non essere riuscito a portare fino in fondo questa esperienza. Non per sua responsabilità, certo, ma comunque questa esperienza è stata interrotta”.
Quali sono gli effetti più rilevanti sul piano economico della crisi del Governo Draghi?
“Il primo effetto ci sarà sul PNRR, pilastro in questo momento della politica economica italiana. E’ evidente che l’impegno di portare avanti il piano concordato con la Commissione europea per ottenere i fondi del Next Generation EU verrà quantomeno sospeso.
“Il nuovo governo potrebbe riprenderlo, ma intanto si perde del tempo e in questa fase il tempo è prezioso. Perché, ricordiamolo, il piano prevede non soltanto investimenti e capacità di spesa, ma anche riforme. Quella della giustizia, quella della concorrenza, quella degli appalti pubblici, quella del fisco. Riforme che l’Europa ha chiesto come condizione per elargire i fondi. Sono in gran parte state fatte, ma il lavoro non è stato terminato. Mancano i decreti delegati per quella della giustizia e per quella degli appalti pubblici. Mentre le altre due riforme, concorrenza e fisco, devono completare ancora l’iter parlamentare prima ancora di giungere alla fase dei decreti delegati.
“Ricordo che i decreti attuativi sono fondamentali perché una legge approvata dal Parlamento sia veramente efficace. Senza di essi le leggi restano lettera morta. Si comprende che se le prime due rischiano di subire uno stallo, le altre due sono ancora più indietro. E quindi le conseguenze sul PNRR sono evidenti: la più grave è che la seconda rata del piano, circa 20 miliardi, potrebbe non arrivare secondo i tempi previsti. La prima, circa 46 miliardi, ci era stata consegnata nei mesi scorsi proprio perché tutti gli obiettivi previsti erano stati raggiunti nel tempo stabilito.
“E poiché, come accennavo, il PNRR è il nucleo intorno a cui ruota intorno l’intera vita economica italiana, gli effetti sul ciclo economico potrebbero essere negativi. Ricordo che la Banca d’Italia è uscita a metà luglio con le sue previsioni disegnando due scenari: uno più positivo, in base alle linee già tracciate; e uno decisamente più negativo legato al peggioramento della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina. La crisi di governo potrebbe determinare effetti macroeconomici negativi quasi come quelli di un peggioramento della guerra. Il governo che verrà dovrà recuperare tutto il tempo perso”.
Presidente, sono più rilevanti i danni della crisi sul piano interno o quelli, anche in termini di reputazione, sul piano internazionale?
“I danni sul piano interno sono concreti e immediatamente percepibili dai cittadini perché si riflettono sulla situazione economica, quindi sugli stipendi, sui prezzi. Ma rischiano di esserci anche danni di reputazione internazionale, perché il governo Draghi aveva fatto recuperare peso dell’Italia nel concerto delle nazioni, innanzitutto grazie al credito personale di cui gode il premier, che è ricordiamolo l’italiano più noto e stimato al mondo; ma anche grazie alla nettezza delle posizioni del Governo in politica estera, soprattutto sulla guerra di aggressione da parte della Russia all’Ucraina. La nettezza, mi piace ricordarlo, paga sempre sull’incertezza e la fumosità”.
Con la crisi di Governo il progetto di Rete Unica delle Tlc si fermerà?
“Mi auguro di no. Confido anzi che non si fermi, perché i protagonisti di questa vicenda, che vedono per la parte pubblica la Cassa Depositi e Prestiti attiva e presente, hanno più volte manifestato la forte determinazione di andare avanti. È pur vero però che c’è un interesse pubblico in questa vicenda della Rete unica e il governo non può e non deve essere ignorato. L’interesse pubblico si affianca a quello privato degli azionisti delle varie aziende coinvolte.
“Nel disegno della Rete unica c’è l’idea di assicurare una connessione rapida ed efficace a tutti i cittadini italiani, indipendentemente da dove siano collocati, nelle grandi città come nei piccoli centri o nelle campagne. C’è un’ampia corrente di pensiero secondo cui questo interesse è meglio servito da una Rete unica e non da più reti infrastrutturali in concorrenza. La cosa non va de plano, ovviamente. Perché bisognerà vedere se le autorità Antitrust, quella europea e quella italiana, saranno d’accordo con questa impostazione.
“C’è tuttavia un forte argomento a favore della Rete unica anche dal punto di vista della concorrenza, perché il concetto di concorrenza, e qui parlo da economista, è un concetto dinamico e non statico, in altri termini vanno tutelati anche i consumatori futuri, non soltanto quelli presenti. Siccome stiamo parlando di infrastrutture che esigono enormi investimenti di lungo periodo, parliamo anche della necessità di coinvolgere, nel manutenere e ampliare la rete, imprese private che in cambio dovranno ricavarne un giusto vantaggio. Altrimenti si comprimono gli investimenti e si sacrificano gli interessi dei consumatori futuri. E quando parlo di futuro intendo cinque anni, non cento.”