Draghi è sempre SuperMario. E’ bastato che illustrasse in Belgio le linee guida del suo Rapporto sulla competitività della Ue, che sarà presentato dopo le elezioni europee, per centrare due obiettivi: dare sprint a un’Europa da troppo tempo ripiegata su stessa chiedendone “un cambiamento radicale” e rafforzare di fatto l’ipotesi di una sua candidatura alla guida della Ue o come Presidente della Commissione o, più verosimilmente, come Presidente del Consiglio europeo. Naturalmente molto dipenderà dal risultato delle elezioni europee e molto dalla volontà di Draghi, che non è mai scontata.
Come sempre Draghi è partito all’attacco sferzando l’Europa e incalzandola a non farsi concorrenza in casa, tra uno Stato e l’altro, ma a farla all’esterno nei confronti degli altri Continenti. “La questione fondamentale – ha detto – non è che la competitività sia un concetto errato ma il fatto è che l’Europa ha avuto un focus sbagliato” perché “ci siamo rivolti verso l’interno, vedendo i nostri concorrenti tra di noi, anche in settori come la difesa e l‘energia in cui abbiamo profondi interessi comuni e, allo stesso tempo, non abbiamo guardato abbastanza verso l’esterno” e alla “nostra competitività all’estero come seria questione politica” “Ma ora il mondo sta cambiando e ci ha colto di sorpresa” e a noi “manca una strategia generale” soprattutto per tenere il passo nella leadership delle nuove tecnologie ma anche nella protezione delle nostre industrie tradizionali. In altre parole l’Europa vive “nel mondo di ieri, del pre-Covid, del pre-Ucraina e del pre-conflagrazione in Medio Oriente” mentre “abbiamo bisogno di una Ue adatta al mondo di oggi e di domani”.
Per cambiare l’Europa ci vogliono chiare priorità e profonde riforme: il Rapporto Draghi le indicherà ma ormai il sasso nello stagno è stato gettato.