La Bce è pronta a intervenire con decisione per riportare l’inflazione a livelli adeguati, sia rafforzando il piano di acquisti sia anche agendo sui tassi. Lo ha detto oggi, venerdì, il presidente della Bce Mario Draghi intervennento allo European banking congress a Francoforte. E’ un ulteriore passo verso un rafforzamento dell’azione di stimolo il 3 dicembre, quando è fissata la prossima riunione del board della banca centrale europea. Dopo l’intervento, lo spread Btp-Bund è sceso a 101 punti e l’euro è tornato sotto quota 1,07 sul dollaro.
“Se la decisione è che l’attuale traiettoria delle nostre politiche non è sufficiente per raggiungere” l’obiettivo di un’inflazione vicina al 2% nel medio termine “faremo quello che è necessario per farla ripartire al più presto possibile“, ha detto Draghi. Il piano di acquisti di titoli pubblici e privati varato dalla Bce nella primavera di quest’anno (il cosiddetto QE) “è uno strumento potente e flessibile visto che può essere modificato in termini di volume, composizione e durata per raggiungere un livello di accomodamento ancora più elevato”, ha proseguito Draghi ma anche altri strumenti di intervento sono possibili. “Anche il livello del tasso sui depositi delle banche – ha aggiunto Draghi – può migliorare la trasmissione degli effetti del piano di acquisti, non da ultimo aumentando la velocità di circolazione delle riserve bancarie”.
RIPRESA PIU’ SOLIDA, MA ANCORA RISCHI
Le ragioni che spingono Draghi verso nuovi interventi le ha chiarite lui stesso: la ripresa oggi è più solida, ha ribadito, e tuttavia “guardando anche al contesto piu’ ampio, ci sono ancora rischi”. Tanto che “non possiamo dire in piena fiducia che il processo di risanamento dell’area dell’euro dopo la crisi è completato”.
Infatti la ripresa economica in Eurolandia sta procedendo più a rilento del previsto. “Se le nostre valutazioni sono corrette, ci saranno voluti 31 trimestri per tornare ai livelli di produzione pre-crisi e ciò accadrà nel primo trimestre del 2016″. “Dopo i crolli degli anni ’70, ’80 e ’90 – ha proseguito Draghi – ci vollero tra 5 e 8 trimestri ai Paesi che ora compongono l’area euro per ritrovare i livelli di produzione precedenti la recessione. Durante l’attuale recessione – ha aggiunto – che è ritenuta peggiore di quella del 1930, all’economia americana sono serviti 14 trimestri per tornare ai picchi pre-crisi”.
STABILIZZARE L’INFLAZIONE AL 2%
In conclusione, il 3 dicembre la Bce “valuterà in modo approfondito la forza e la persistenza dei fattori che stanno rallentando il ritorno dell’inflazione verso il 2%. Vogliamo essere abbastanza sicuri che l’inflazione non solo convergerà” verso l’obiettivo di un tasso vicino al 2% annuo, ma anche che “si stabilizzerà” intorno a questi livelli in un orizzonte di medio periodo. “Le moderate dinamiche di crescita e inflazione – ha sottolineato Draghi – comportano la necessità di un attento esame sulla capacità dell’economia, senza ulteriori aiuti, di riportarsi su una traiettoria di crescita sostenibile in condizioni di stabilità dei prezzi. Se non sarà così, allora sarà necessario un ulteriore stimolo monetario che la Bce non esiterà a fornire“.