La sicurezza, la crescita economica e la competitività dell’Europa sono a rischio. Innovazione, decarbonizzazione e difesa sono le tre priorità su cui l’Unione deve concentrarsi con urgenza, come ha sottolineato Mario Draghi nel suo intervento in Parlamento, per illustrare il suo Rapporto sulla Competitività Europea, già presentato a Bruxelles. L’ex presidente della Bce, che è anche consulente speciale della presidente della Commissione europea, ha evidenziato la necessità di un’azione immediata per affrontare le sfide globali e garantire un futuro prospero per il continente. Con un piano ambizioso da 800 miliardi di euro, Draghi ha tracciato la via per il rilancio dell’Europa, invitando a una risposta rapida e coordinata per non rimanere indietro.
“La nostra sicurezza è oggi messa in dubbio dal cambiamento nella politica estera del nostro maggior alleato rispetto alla Russia che, con l’invasione dell’Ucraina, ha dimostrato di essere una minaccia concreta per l’Unione Europea. Gli indirizzi della nuova amministrazione hanno drammaticamente ridotto il tempo disponibile”, ha scandito Draghi nella Sala Koch di Palazzo Madama. “L’Europa è oggi più sola nei fori internazionali”.
Il discorso di Draghi arriva sei mesi dopo la presentazione del Rapporto, in un contesto internazionale sconvolto dall’inaspettato asse tra Trump e Putin, e proprio nel giorno delle comunicazioni di Giorgia Meloni alle Camere, alle 14:30, in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 marzo, che definirà la posizione dei Ventisette sul sostegno all’Ucraina e la difesa comune.
Draghi: “L’Europa è a rischio, servono riforme strutturali”
“L’Unione europea ha garantito per decenni ai suoi cittadini pace, prosperità, solidarietà e, insieme all’alleato americano, sicurezza, sovranità e indipendenza. Questi sono i valori costituenti della nostra società europea. Oggi, però, questi valori sono posti in discussione”, ha aggiunto Draghi. Ha sottolineato come la bassa crescita economica, aggravata dalle politiche protezionistiche degli Stati Uniti, stia sconvolgendo l’ordine delle relazioni internazionali e commerciali, con un impatto forte sulle imprese italiane ed europee. E la stessa tenuta economica del Vecchio Continente è a rischio: “Il dato che meglio riassume la persistente debolezza dell’economia del nostro continente è la quantità di risparmio che ogni anno fuoriesce dall’Unione Europea: 500 miliardi di euro nel solo 2024”, ha dichiarato. Un segnale allarmante che, secondo l’ex premier, evidenzia la necessità urgente di riforme strutturali.
Energia: paghiamo più degli altri (e non di poco)
Uno dei punti su cui Draghi si è soffermato è il costo dell’energia. E qui il confronto con gli Stati Uniti è impietoso: “I prezzi dell’elettricità all’ingrosso continuano a essere 2-3 volte più alti rispetto agli Usa”. In Italia, la situazione è ancora peggiore: “Nel 2024 i prezzi dell’elettricità all’ingrosso sono stati in media superiori dell’87% rispetto a quelli francesi”. E che “nei prezzi finali ai consumatori incide anche la tassazione, in Italia tra le più elevate di Europa”. Insomma, le aziende italiane partono in svantaggio rispetto ai concorrenti esteri. “È a rischio non solo la sopravvivenza di alcuni settori tradizionali dell’economia, ma anche lo sviluppo di nuove tecnologie ad elevata crescita. Si pensi ad esempio all’elevato consumo necessario per i data center.”
Ed è per questo che secondo Draghi “una seria politica di rilancio della competitività europea” non può che avere come primo e principale obiettivo “la riduzione delle bollette per imprese e famiglie”.
Soluzioni? Draghi ne ha elencate diverse: dall’uso del “potere di acquisto dell’Unione Europea per abbassare i costi del gas”, alla “trasparenza dei mercati energetici” per evitare speculazioni, fino alla semplificazione burocratica per le rinnovabili. “Occorre certamente accelerare lo sviluppo di generazione pulita e investire estesamente nella flessibilità e nelle reti. Ma occorre anche disaccoppiare il prezzo dell’energia prodotta dalle rinnovabili e dal nucleare da quello dell’energia di fonte fossile.”
Regole europee: troppe e troppo complicate
Un altro punto cruciale toccato da Draghi è la burocrazia che soffoca l’innovazione. Draghi ha descritto un’Unione Europea che, negli ultimi venticinque anni, ha prodotto “100 leggi focalizzate sul settore high tech e 200 regolatori diversi negli Stati Membri”.
“Non si tratta di proporre una deregolamentazione selvaggia, ma solo un po’ meno di confusione”, ha detto Draghi. Il problema è che ogni Stato aggiunge spesso regole nazionali a quelle europee, creando una giungla burocratica che frena la crescita. Ha poi ricordato uno studio del Fondo Monetario Internazionale che ha quantificato l’effetto negativo dell’eccesso di regolamentazione, che genera barriere interne al mercato unico. “Non possiamo dunque stupirci se i nostri inventori più brillanti scelgano di portare le loro aziende in America,” ha osservato, sottolineando che la creazione di un mercato unico europeo dei servizi è la chiave per attrarre gli investimenti e rilanciare l’innovazione.
Il ritardo dell’Europa nell’intelligenza artificiale
In questo contesto, l’Europa rischia di perdere terreno nei settori strategici, come l’intelligenza artificiale, dove gli Stati Uniti e la Cina la fanno da padrone. “Abbiamo un mercato unico per i dentifrici, ma non per l’intelligenza artificiale”, ha ironizzato, suggerendo che solo un mercato digitale unificato e meno burocratico potrà permettere alle start-up europee di crescere e competere con i giganti globali.
Il Rapporto, in effetti, suggerisce che l’Europa dovrebbe puntare su un mercato dei capitali che possa indirizzare il risparmio verso le start-up più dinamiche e innovative, superando la frammentazione del mercato europeo.
La difesa comune Ue come “passaggio obbligato”
Nell’intervento di Draghi c’è spazio anche per parlare del piano di riarmo annunciato da Ursula von der Leyen. Secondo l’ex premier “occorrerebbe che l’attuale procurement europeo per la difesa, pari a circa 110 miliardi di euro nel 2023, fosse concentrato su poche piattaforme evolute invece che su numerose piattaforme nazionali”. Il frazionamento, osserva Draghi, finora si è rivelato incredibilmente deleterio, visto che “a fronte di investimenti complessivi comunque elevati, i Paesi Ue alla fine acquistano gran parte delle piattaforme militari dagli Stati Uniti”.
Oltre ad aumentare gli investimenti, però, c’è costruire di una vera e propria difesa europea, con “una catena di comando di livello superiore che coordini eserciti eterogenei” e che “sia in grado di distaccarsi dalle priorità nazionali operando come sistema della difesa continentale”. Nel suo intervento, Draghi ha descritto la costruzione di “una difesa comune dell’Europa” come “un passaggio obbligato per utilizzare al meglio le tecnologie che dovranno garantire la nostra sicurezza”. E per riuscirci, ha precisato ancora l’ex premier, “il ricorso al debito comune è l’unica strada”. “Interventi nazionali a scapito del welfare sarebbero la negazione dell’identità europea che vogliamo proteggere” ha affermato.
Tradotto: l’Europa deve smettere di agire come un insieme di Stati nazionali e adottare una visione unitaria, con una strategia comune per affrontare le sfide globali.
E per chi ancora avesse dubbi, Draghi ha chiuso con un avvertimento: “Le decisioni a cui il Rapporto chiama l’Europa sono ancor più urgenti oggi”. In altre parole, il tempo sta scadendo.