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Draghi, ai giovani un lavoro e alle imprese credito per ridare fiato all’economia europea

Impegno politico e rigore analitico. Queste le due qualità che il grande economista Federico Caffè ha saputo trasmettere a uno dei suoi allievi preferiti: il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi. A ricordare il suo professore nella sua storica facoltà, quella di Economia dell’Università di Roma “La Sapienza”, c’era anche il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco.

Mentre all’esterno dell’edificio alcuni studenti protestavano contro di lui, il presidente della Bce ha iniziato il suo discorso ricordando, con le parole di Caffè, che “non si può accettare che una intera generazione di giovani debba subire come fatto ineluttabile il suo stato di precarietà occupazionale” e che “è dovere della politica economica agire affinché l’economia possa quanto più possibile avvicinarsi alla piena occupazione”.

WELFARE – I giovani senza lavoro sono le maggiori vittime della crisi internazionale e  uno dei grandi mali che affligono l’Europa. I tassi di disoccupazione che si registrano nell’Unione europea ne sono un esempio. Nei primi tre mesi del 2012, in Italia il 32,4% dei ragazzi tra i 15 e i 24 anni non aveva un lavoro. E ciò comporta due macro-effetti: meno crescita e meno innovazione. “Il sottoutilizzo delle risorse dei giovani, oltre a ferire l’equità, costituisce uno spreco che non possiamo permetterci”, ha detto Draghi. In Italia gli ammortizzatori sociali sono ancora troppo deboli e sono accompagnati da “una protezione relativamente elevata del posto di lavoro”. Il welfare deve essere ripensato per andare verso la flexsecurity: la società ha bisogno di mobilità sociale.

EUROPA – “Siamo giunti a un punto in cui il processo di integrazione europea per sopravvivere ha bisogno di un coraggioso salto di immaginazione politica”, ha dichiarato Draghi. “Per questo, accanto al fiscal compact è necessario un growth compact“, che si basa su tre pilastri. Quello politico che vede la necessità per l’Europa di delineare obiettivi comuni per una politica in grado di sostenere la moneta unica. Quello delle riforme strutturali, soprattutto del mercato del lavoro. “E’ auspicabile che sia introdotta una disciplina che porti all’armonizzazione europea di obiettivi e strumenti” per raggiungere crescita ed equità. Infine, il terzo pilastro è quello del rilancio degli investimenti pubblici. Draghi si schiera dalla parte del presidente francese François Hollande e del premier Mario Monti: “Vanno in questo senso le proposte di rafforzamento della Banca europea degli investimenti e ri riprogrammazione dei fondi strutturali”. Ma aggiunge, “non può esserci crescita sostenibile senza finanze pubbliche in ordine. Per questo spero che, superata l’emergenza, i governi puntino a una diminuzione della spesa corrente e del prelievo fiscale”.

POLITICA MONETARIA – Il presidente della Banca centrale europea ha ricordato l’importanza del mantenimento della stabilità dei prezzi e dell’inflazione entro un range stabilito per il benessere della società. Negli studi di economia più recenti si dimostra una “correlazione negativa” tra inflazione di lungo periodo e crescita e occupazione. “Per i policymaker, un aumento di 2 punti percentuali di inflazione corrisponde a 3-5 punti percentuali in meno di crescita”. Questo non vuol dire che nella realtà questo si verifichi letteralmente, ma i numeri offrono un’idea del potere della politica monetaria e di come, se utilizzata con giudizio, può contribuire al benessere collettivo.

BCE e LTRO – “Né in tempi normali né in tempi di crisi la Bce può essere considerata responsabile della sopravvivenza” delle banche vicine alla bancarotta. Mette le mani avanti il presidente dell’istituto di Francoforte. “I motivi per cui le banche non prestano soldi alle imprese e alle famiglie sono tre”, ha spiegato Draghi, “: mancanza di liquidità, mancanza di capitale e avversione al rischio. Con le operazioni di Ltro, la Bce ha rimosso solo il primo ostacolo“. E le iniezioni di liquidità hanno raggiunto, secondo il presidente, l’obiettivo per cui erano nate: la normalizzazione dei tassi praticati dalle banche alle imprese e dell’erogazione del credito, di cui la Banca d’Italia mostrerà presto i dati, ne sono la conferma. La Bce ha fatto quello che era nelle sue mani, ora però “è vitale per la crescita e l’occupazione che gli istituti di credito tornino a porsi in condizioni di finanziare l’economia”.

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