È un vero peccato che di un fuoriclasse come Mario Draghi ce ne sia uno soltanto, perchè di SuperMario, come FIRSTonline ha già avuto modo di scrivere, ne servirebbero due: uno per il Quirinale e uno per Palazzo Chigi. Purtroppo non si può avere tutto nella vita e nel giro di un mese bisognerà scegliere: meglio Draghi al Quirinale o meglio Draghi a Palazzo Chigi? Meglio 7 anni di Draghi alla Presidenza del Consiglio o meglio 15 mesi di Draghi alla guida del Governo?
Attenzione che la scelta non è quantitativa e le due opzioni (Quirinale e Palazzo Chigi) non sono interscambiabili. Lo ha ben spiegato qualche giorno l’ex ministro e leader repubblicano Giorgio La Malfa sul Resto del Carlino: “Sulle elezioni del nuovo Presidente della Repubblica rischiamo di compromettere quello che si è fatto di buono fin qui” perché “15 mesi possono fare la differenza tra ripresa e crisi del debito” a seconda che si prosegua o si deragli dalla strada delle riforme avviata da questo Governo.
Con tutto il rispetto per le scelte del Parlamento e per le legittime aspirazioni dell’attuale Premier, a quale italiano di buon senso non piacerebbe vedere un civil servant del livello di Mario Draghi alla Presidenza della Repubblica? Sarebbe la naturale prosecuzione di grandi Presidenti come Carlo Azeglio Ciampi, Giorgio Napolitano, Sergio Mattarella.
Purtroppo, però, il problema dell’oggi è un altro e la domanda vera che ci si deve porre non è soltanto chi sarebbe il miglior Capo dello Stato ma chi sarebbe in grado, nei 15 mesi che restano alla fine naturale della legislatura nel 2023, di raggiungere le centinaia di obiettivi del PNRR, di fare le riforme e di rassicurare l’Europa che non stiamo scherzando e che l’Italia è perfettamente in grado di onorare gli impegni che ha assunto con Draghi e che valgono la bellezza di 200 miliardi di euro?
L’Italia ha davanti a sé un’occasione unica e irripetibile per incassare un sacco di soldi e fare le riforme che servono a svoltare, a modernizzare il Paese e a imboccare finalmente la strada di una crescita elevata e duratura. E, benché Draghi affermi con un po’ di civetteria che ormai l’impianto per spingere l’Italia sulla via delle riforme e della crescita è stato costruito, un Premier non vale l’altro. È questo il punto cruciale che deve orientare anche le scelte per il Quirinale.
“Sette anni di Draghi alla Presidenza della Repubblica – è ancora La Malfa che parla – sono equivalenti a sette anni di Cassese, Amato, financo Cartabia e molti altri” possibili candidati per il Quirinale. Ma per Palazzo Chigi non è la stessa cosa e, pur escludendo la sciagurata ipotesi di elezioni anticipate (sciagurata perché a quel punto addio riforme proprio nel momento decisivo), chi sarebbe realmente in grado di guidare il Governo con l’autorevolezza e le capacità di Draghi nella fase cruciale di attuazione del PNRR?
È da qui – e cioè dal reale interesse nazionale – che bisogna partire per valutare le scelte che matureranno per il Quirinale e per Palazzo Chigi. Le altre sono chiacchiere o i soliti stucchevoli giochi di palazzo.