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Downgrading di Moody’s per 26 banche italiane: Intesa e Unicredit le meno colpite, Mps tartassata

FIRSTonline

Continuano ad indebolirsi le dinamiche dei mercati in Italia, dopo dati peggiori del previsto sull’andamento dell’economia nel primo trimestre. Mentre si ricreano pressioni sui nostri titoli di Stato (spread a 426), alla Borsa di Milano si spengono i tentativi di parziale rimbalzo dopo il forte calo di ieri e in tarda mattina il Ftse-Mib torna a calare con un -0,31%. 

LA SCURE DI MOODY’S SU 26 BANCHE ITALIANE

WALL STREET E TOKYO IN CALO. EURO A 1,2828

La risposta delle agenzie di rating alle critiche avanzate ieri all’assemblea della Consob dal presidente Giuseppe Vegas non si è fatta attendere: ieri sera, dopo la chiusura di Wall Street, Moody’s ha declassato il rating di 26 banche italiane. Rispetto ad analoghe decisioni precedenti c’è una novità: la retrocessione non è motivata solo dalle difficoltà del debito pubblico bensì dalla congiuntura economica perché il settore opera “in condizioni sempre più sfavorevoli” dato che “la linea di austerità perseguita dal governo riduce nel breve termine la domanda dell’economia”. A questo si aggiunge un altro fattore, ancor più drammatico: la difficoltà di approvvigionamento del sistema bancario che ormai si finanzia solo presso la Bce. Se il fenomeno dovesse durare, nota Moody’s, sarà inevitabile per le banche “ridurre le attività, con relativo danno alla loro capacità di operare e guadagnare”.

Il downgrade, che in pratica non risparmia nessuno, divide le banche in quattro categorie: 1) Intesa e Unicredit, le meno colpite, scendono di un solo gradino e conservano il rating A3 per i depositi; 2) un secondo gruppo, di cui fa parte Ubi, scivola a Baa2 ma “è in grado di fronteggiare meglio della media la recessione”; 3) un terzo gruppo, capitanato dal Banco Popolare, sarà alle prese con una combinazione negativa fatta di scarsità di capitali e di insufficiente generazione di cassa; 4) il quarto guppo, in cui è precipitato Monte Paschi (declassato di due gradini), ha di fronte a sé le sfide più impegnative “spesso dovute alla qualità degli attivi, al capitale e/o ai problemi di finanziamento”.

Ultima chiamata per la Grecia: o si fa il governo o si va alle elezioni. Intanto oggi, 15 maggio, scade una tranche di 436 milioni di bond da rimborsare ai creditori internazionali. Le obbligazioni in questione sono state emesse a Londra e rispondono alle leggi della City: in caso di inadempienza scatterà la richiesta di default. Ma se, utilizzando una bella fetta della liquidità in cassa (1,9 miliardi in tutto), Atene rimborserà gli hedge fund creditori, scatenerà le polemiche per il trattamento privilegiato assicurato alla speculazione e, più ancora, rischierà di non avere in tasca i soldi necessari per pagare gli stipendi e le pensioni il prossimo mese.

La chiusura in rosso degli indici di Wall Street, ancora sotto shock per il caso JP Morgan, ha chiuso una giornata orribile, l’ennesima per i mercati finanziari: Dow Jones -0,98%, S&P 500 -1,11%, Nasdaq -1,06%. Lo Standard & Poor’s è precipitato ai minimi da febbraio.

Il presidente Obama, nel corso di un’intervista tv, ha sottolineato la necessità di accelerare la riforma di Wall Street. “Jamie Dimon – ha detto – è il nostro banchiere migliore, JP Morgan è senz’altro ben gestita. Eppure ha perduto due miliardi di dollari…”.

In calo anche l’Asia. Tokyo perde l’1% circa, la crisi europea pesa in maniera sensibile sui produttori di materie prime: il colosso Bhp Billiton perde a Sidney il 2,6 per cento. Fa eccezione Hong Kong, poco sopra la parità, grazie all’allentamento della stretta del credito in Cina. Ma preoccupa il rallentamento dell’economia di Pechino, il cui tasso di crescita ad aprile è ai minimi dal 2009. In rialzo +0,3% i futures sullo S&P: probabile un rialzo in apertura dei listini Usa.

L’euro, in ritirata sul dollaro, tratta in Asia a 1,2828. Nelle ultime undici sedute la moneta unica ha perso oltre il 3% ed è sui minimi di metà gennaio contro il biglietto verde, sui minimi dal dicembre 2008 contro la sterlina (0,79895).

Ma l’epicentro della crisi, al solito, è stata l’Europa, investita da notizie drammatiche in arrivo da Grecia, Spagna e dalla sconfitta politica di Angela Merkel, che oggi si appresta a ricevere François Hollande.

L’incertezza ha scatenato vendite soprattutto sui mercati periferici: in Piazza Affari l’indice FtseMib è sceso del 2,7%, l’indice Ibex di Madrid ha ceduto il 2,6%. Londra e Francoforte hanno accusato perdite dell’1,9%, Parigi -2,2%.

Anche sul mercato dei titoli di Stato si acuiscono le sofferenze dei Paesi periferici, sebbene l’Italia sia riuscita a collocare 3,5 miliardi di Btp marzo 2015 (massimo della forchetta) con un rendimento del 3,91% dal 3,89% di metà aprile.

Lo spread Btp/Bund decennale è comunque balzato in avanti di 26 punti base a quota 423, per un rendimento del Btp 10 anni al 5,67% (durante la seduta è salito a un massimo del 5,73%).

Oggi il cda di Fonsai -6,7% , preso atto delle indicazioni del comitato degli indipendenti (aggiornato a stamane dopo una riunione fiume), voterà la proposta di concambio con i titoli Unipol e discuterà l’offerta alternativa di Sator e Palladio.

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Intesa Sanpaolo non sta lavorando con la cordata Palladio-Sator sull’operazione Fonsai. Lo ha detto l’amministratore delegato del gruppo bancario Enrico Cucchiani parlando con i giornalisti a margine di un convegno sull’innovazione alla Camera.

A Piazza Affari, nel settore delle banche le vendite hanno colpito Unicredit, in ribasso del 4,9%. Intesa è scesa del 3,5%, Banco Popolare -2,5%, Mediobanca –2,1%. Positiva MontePaschi +1,3%.

Tra i titoli più penalizzati Mediolanum -6,9%.

In netto ribasso anche i titoli industriali: Finmeccanica è finita in ribasso del 4,2%, StM del 5%, Prysmian -4,4%, Fiat -4%.

Negative tutte le utility con l’eccezione di A2A salita del 4,5%. Enel ha perso il 2,8%, Enel Green Power -5,1%, Snam -1,2%,Terna -1,3%.

Giornata pesante per Telecom Italia , finita in ribasso del 4,6%.

Lunga riunione del cda di Rcs Media Group che ha deciso di proseguire le trattative per la cessione di Flammarion: in corsa restano le offerte di Gallimard e Albin Michel. Si allontana così la prospetiva di un aumento di capitale. Nessuna decisione sulla scelta dell’ad. In pole position resta, tra i candidati esterni, Pietro Scotto Jovine, attuale ad di Microsoft Italia e, tra gli interni, l’attuale vicedirettore generale Riccardo Stilli.

Eni è scesa del 2,6%, la controllata Saipem ha perso l’1,8%.

Tra i pochi titoli positivi, Diasorin ha guadagnato il 2,7%.

Buongiorno ha corso in rialzo del 13% dopo l’annuncio dell’offerta sul 100% del capitale da parte della giapponese Ntt Docomo.

In ribasso anche Salvatore Ferragamo -1,04% che pure chiude il primo trimestre con un utile netto, inclusivo del risultato di terzi, pari a 17 milioni di euro, in crescita del 10,2%. I ricavi, si legge in una nota del gruppo del lusso, salgono del 23,4% a 259,6 milioni, l’Ebitda si attesta a 38,2 milioni (+39,6%). A cambi costanti la crescita dei ricavi del trimestre è pari al 19,1%.

Il duello finale in Impregilo tra il gruppo Salini e quello Gavio si avrà il prossimo 12 luglio, data della convocazione dell’assemblea chiesta da Salini per la revoca dell’attuale cda. Ieri intanto il board ha cooptato Barbara Poggiali, Alfredo Scotti e Nigel W. Cooper in sostituzione dei consiglieri espressione del gruppo Benetton, Giovanni Castellucci, Fabio Cerchiai e Nigel W. Cooper

Categories: Finanza e Mercati