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Dow Jones al record, ma il Congresso Usa frena la riforma fiscale

Wall Street ha archiviato novembre con un nuovo record storico: Dow Jones oltre i 24 mila punti. Non solo. I patiti delle statistiche hanno già rilevato che, per la prima volta da 90 anni, l’indice S&P ha chiuso in rialzo tutti i mesi da gennaio in poi (marzo -0,04% diventa positivo se si tiene conto dello stacco cedole). I precedenti, poi, lasciano ben sperare per il mese di dicembre: mai, negli ultimi 90 anni, dicembre è stato il mese peggiore dell’anno.

Stavolta, però, il mese di Natale si apre con un imprevisto stop per il Toro. Il treno della riforma fiscale si è fermato a sorpresa nella stazione del Congresso. I vertici del partito repubblicano hanno deciso di sospendere le votazioni sulla legge più attesa dal mercato dopo la doppia bocciatura del provvedimento: la Joint Committee on Taxation ha segnalato, smentendo la Casa Bianca, che il provvedimento provocherà nel giro di dieci anni un aumento del deficit di oltre 1.000 miliardi di dollari, mentre gli effetti espansivi sul Pil saranno inferiori all’1% l’anno, molto meno di quanto annunciato da Trump. Il disegno di legge sulla riforma del fisco è stato affossato anche dal “Parlamentarian” del Senato, un soggetto indipendente che verifica la costituzionalità dei provvedimenti votati dall’Aula.

IL NO DEL CONGRESSO FRENA IL DOLLARO, TOKYO +0,1%

Il doppio no a tarda sera al provvedimento (secondo Ubs il taglio alla corporate tax vale un aumento del 6,5% dei profitti aziendali) ha indebolito il dollaro, trattato stamane a 1,1912 su euro (-0,5%). In discesa anche le obbligazioni, con il rendimento del Treasury Bill a dieci anni trattato in Asia a 2,409%.

La Borsa del Giappone, arrivata sui massimi degli ultimi 25 anni in avvio di seduta, si avvia a chiudere con un rialzo dell’indice Nikkei dello 0,1%. Grazie al rimbalzo delle società dell’alta tecnologia, salgono le Borse di Taipei (+0,5%) e di Seul (+0,5%). Deboli le piazze cinesi: Hang Seng di Hong piatto, indice CSI 300 dei listini di Shanghai e Shenzhen -0,4%.

Rallenta anche il Bitcoin -2,4% a 9.707 dollari (contro il massimo di mercoledì a 11.395 dollari). Ma a novembre la moneta elettronica ha messo a segno un rialzo del 55%.

La doccia fredda di Washington non ha impedito nuovi recuperi nel dopo Borsa per i titoli tecnologici Usa, dopo una seduta spettacolare per i listini di New York. Il Dow Jones è salito dell’1,39% a 24.272,35 punti. Da gennaio il listino ha guadagnato più di 4.000 punti. Nuovo record anche per S&P 500: 2.647,58 con un progresso dello 0,82%. Nasdaq +073% recupera una metà delle perdite della vigilia.

PETROLIO IN ASCESA DOPO L’ACCORDO DI VIENNA

Sale il petrolio dopo l’accordo per prolungare di nove mesi i tagli alla produzione di greggio sino alla fine del 2018. Il Brent tratta stamane a 62,87 dollari al barile, il greggio Usa a 57,58 dollari. Ma gli effetti dell’intesa sono stati anticipati dai rialzi delle ultime due settimane: Wti +5,6%, Brent +3,6%.

L’accordo raggiunto prima in sede Opec, poi esteso alla Russia e ad altri dieci Paesi petroliferi fuori dal cartello ha l’obiettivo di stabilizzare i prezzi oltre i 60 dollari e di ridurre gli stock esistenti (140 milioni di barili) superiori alla media storica. Su richiesta della Russia sono state previste precise soglie di prezzo oltre le quali può scattare l’aumento dell’offerta. Mosca teme che quotazioni troppo alte possano favorire la crescita delle estrazioni dello shale oil Usa. L’Arabia Saudita, al contrario, punta al greggio in aumento per sostenere la quotazione in Borsa di Aramco. L‘Opec ha anche deciso di limitare la produzione di Nigeria e Libia ai livelli del 2017, senza fissare delle soglie precise. Entrambi i paesi erano stati in passato esentati dai tagli a causa dei disordini socio-politici e di una produzione inferiore allo standard. In forte ribasso ieri a Piazza Affari Saipem -3,1%. Eni +0,4%, Tenaris +0,6%.

IN EUROPA SOLO MILANO HA IL SEGNO PIÙ

Anche ieri come nella seduta precedente le Borse europee hanno rallentato nel finale dopo una seduta all’insegna dei rialzi. Milano +0,19%, pur cedendo nel finale circa un punto di guadagno, è l’unica a chiudere in terreno positivo: l’indice Ftse Mib chiude a 22.368 punti. Nel corso di novembre il paniere ha accusato un ribasso attorno all’1,4%. E’ stato il primo mese negativo dopo quattro consecutivi al rialzo. Da inizio anno l’FtseMib guadagna il 16,6%, contro il +9% registrato dall’indice Eurostoxx. Si tratta del miglior risultato a livello di eurozona.

In rosso gli altri listini sotto la pressione dell’euro forte che ha superato la soglia di 1,19 sul biglietto verde a 1,1911 dollari (1,1850 in chiusura mercoledì). Perdono colpi Francoforte -0,29%, Parigi – 0,47%, Madrid -0,55%. Fa peggio Londra (-0,90%), franata dall’avanzata della sterlina, oltre 1,35 contro il dollaro, per qualche minuto sotto 0,879 il cross contro l’euro.

LAVORO E INFLAZIONE, DUE SPINE PER L’ITALIA

L’Italia si avvia a chiudere il 2017 con la crescita migliore dal 2010 ma dai numeri del mercato del lavoro e dei prezzi al consumo emergono ancora segnali di debolezza. L’inflazione ha frenato a +0,9% a novembre da+1,0% di ottobre per il terzo mese di fila. Nella media d’anno, secondo Loredana Federico di UniCredit, l’inflazione italiana dovrebbe attestarsi a 1,2%.

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, i dati Istat di ottobre certificano che il tasso di disoccupazione è rimasto stabile a 11,1%, come previsto. Nella media di quest’anno il tasso di occupazione dovrebbe attestarsi a 11,3% per scendere poco sotto l’11% nel 2018.

SPREAD A QUOTA 137, LUCE VERDE PER I BOND DI ATENE

Chiusura in positivo per i Btp, in una giornata di rialzo per tutto l’obbligazionario europeo. Lo spread Italia-Germania è tornato ai livelli di inizio novembre, ovvero ai minimi da circa un anno a quota 137 punti base appena uno sopra i 136 visti il 7 novembre, il livello più basso dalla fine di ottobre dell’anno scorso terminando la seduta a quota 138.

Il tasso decennale italiano è sceso in giornata fino a 1,74%, riavvicinandosi anch’esso al minino da circa un anno. Il mercato italiano trova sostegno nell’attuale fase di bassa offerta, col programma di finanziamento annuale del Tesoro di fatto già completato. Nel pomeriggio intanto il Tesoro ha collocato in riapertura 525 milioni complessivi di Btp decennale e Ccteu, tutta l’offerta supplementare disponibile.

La Grecia vede finalmente una luce in fondo al tunnel. I rendimenti dei titoli di Stato della Grecia sono scesi ai minimi pluriennali dopo che il governo Tsipras ha annunciato di avere chiuso con successo lo swap sul debito pubblico da circa 30 miliardi di euro. Il biennale è scivolato al 2.60%, il cinque anni al 4,1%. Il decennale tratta a 5,20%.

Le 20 obbligazioni emesse nel 2012 in seguito alla ristrutturazione del debito verranno sostituite con 5 nuove obbligazioni a cedola fissa con scadenze tra il 2023 e il 2042 (durata da 5 a 25 anni) per un ammontare totale di circa 25,5 miliardi di euro su un totale di 29,6 miliardi proposti. La Grecia intende infatti ritornare a collocare titoli di Stato sul mercato primario subito dopo la conclusione dell’attuale piano di salvataggio da 86 miliardi previsto nel 2018. Atene ha attualmente un debito pubblico pari a circa il 178% del prodotto interno lordo e un efficiente accesso al mercato primario è condizione essenziale per garantire il risanamento dei conti.

LA NOUY CONFERMA: RINVIO PER LE REGOLE SUGLI NPL

A permettere una chiusura con il segno più a Piazza Affari sono state le banche, nonostante la frenata finale: l’indice di settore chiude con un rialzo dello 0,3% contro un calo di mezzo punto del comparto europeo.

Alla ripresa ha contribuito il rinvio dell’entrata in vigore delle nuove regole di Francoforte sul trattamento degli Npl, già prevista per gennaio. Rispondendo alle critiche, Danielle Nouy, a capo della vigilanza della Bce, ​​ha riconosciuto come la tempistica indicata nella bozza sia troppo stringente e ha anche affermato che la Bce potrebbe cambiare le regole in questione se i legislatori europei modificassero le normative principali sul tema. “Qualche mese in più sarà probabilmente necessario”, ha detto Nouy.

“Se l‘Ecofin decide di intervenire sul primo pilastro con misure legislative, una volta che queste diventeranno applicabili e riguarderanno tutto il portafoglio, noi adatteremo le nostre misure”, ha aggiunto in riferimento a possibili modifiche della guidance sulla gestione degli Npl.

VOLANO LE EX POPOLARI: BPER GUIDA LA CORSA

A trarne giovamento sono soprattutto le ex Popolari, le più esposte sul fronte delle sofferenze. Continua la corsa di Bper +3,9% dopo che la Bce ha stabilito che l’istituto ha requisiti patrimoniali solidi. Segue a ruota Ubi +2,6%. Morgan Stanley ha alzato il target price a 4,50 euro da 4,30 euro, confermando il giudizio Equal Weight.

Il broker Usa ha confermato su Banco Bpm +2,3% il giudizio Equal Weight, tagliando però il target a 2,80 euro da 3,20 euro. Il prezzo obiettivo è in linea con la quotazione.

Banca Monte dei Paschi +1,5%: il ministero dell’Economia detiene il 68,247%, dopo l’offerta di scambio sulle azioni detenute dai risparmiatori ricevute in cambio dei bond subordinati nell’ambito del burden sharing. Intesa +0,2%, Unicredit -0,8%. La società ha annunciato stamattina di aver ceduto una sua divisione: impatto positivo sugli indici patrimoniali pari a 4 punti base di Common Equity Tier.

Contrastate le due banche sotto stress. Creval +1%. Citigroup Global Markets è entrata a far parte del consorzio di garanzia per l’aumento di capitale. Banca Carige -1%.

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GENERALI E CATTOLICA SUPER

Rialzi robusti nel settore assicurativo. Generali +1,12%. Kepler Cheuvreux ha ribadito la raccomandazione buy e il prezzo obiettivo a 18 euro sul titolo dopo un incontro con la società. Bene Unipol +2%. Cattolica +1,5%: Banca Imi ha alzato la raccomandazione da hold a add, con prezzo obiettivo che sale da 7,5 a 10 euro in un report dal titolo “Una nuova era…in attesa del piano industriale 2018-2020”. Banca Mediolanum +0,2% chiude in terreno positivo nonostante l’uscita dal paniere principale di Piazza Affari per far spazio a Pirelli -0,8%.

LE ALTE CEDOLE SPINGONO LE UTILITIES

I dividendi in crescita grazie alla previsione di minori oneri finanziari sono alla base delle buone performance delle utilities. Marzotto Sim ha aggiornato l’elenco dei dividend yield del settore. Il titolo che offre il miglior rendimento è Snam (5,22%) seguito da Ascopiave (4,72%) e da Enel (4,28%), ieri in ribasso dello 0,4% dopo aver toccato i nuovi massimi grazie alla promozione di SocGen. Di poco inferiore (4,27%) la cedola di Acea e di Terna ieri +0,2% nonostante Jp Morgan abbia tagliato il giudizio a Underweight. Goldman Sachs ha invece alzato il prezzo obiettivo sul titolo da 5 a 5,2 euro, confermando la raccomandazione neutral. Seguono Italgas (4,06%), A2A (3,9%), Hera (3,41%) ed Erg (3,17%).

STM, ACCORDO CON AMAZON SULL’INTERNET DELLE COSE

Prove di reazione di Stm +1% dopo il tonfo dei itoli del settore di mercoledì. La riscossa ha coinciso con l’annuncio di un accordo di collaborazione con AmazonWeb Services per lo sviluppo di soluzioni nell’Internet of things (Iot). L’impatto, secondo Equita, avrà un “impatto quantitativo limitato perché non si tratta di un accordo in esclusiva”.

In calo Ferrari -1,78% e Fiat Chrysler -0,3%. Scarso l’impatto dell’annuncio del rientro dell’’Alfa Romeo in Formula 1.

Poco mossa YNap (-0,25%). Mediobanca Securities ha confermato sul titolo la raccomandazione outperform e il prezzo obiettivo a 39 euro dopo i buoni dati relativi alle vendite registrate nel Cyber Monday. Tra i titoli minori brilla Mondo Tv con un progresso di oltre il 9% sulla scia del nuovo piano quinquennale al 2022.

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