Condividi

Doppi incarichi, come cambia la finanza italiana

Con la riforma imposta dal salva-Italia, che obbliga i membri dei Cda a far parte di un solo board in società concorrenti, saranno ben 1.500 le poltrone da sostituire – Potrebbe essere il primo passo verso quella separazione dei centri di potere che ha rappresentato uno step importante per la riforma del modello tedesco.

Doppi incarichi, come cambia la finanza italiana

Come cambierà la “annual results season” italiana? Secondo il Financial Times, la riforma imposta dal salva-Italia di fine 2011 che obbliga i membri dei Cda a far parte di un solo board in società concorrenti del settore bancario, assicurativo e finanziario, un effetto ce l’avrà di sicuro: diminuirà “il traffico di limousines che ingorgano le vie del centro di Milano, trasportando impeccabili uomini d’affari da un quartier generale all’altro per partecipare ai consigli delle banche e delle società più potenti”.

Al di là degli inevitabili sfottò cui il giornale della City non rinuncia mai quando si parla d’Italia, la novità promette di essere davvero assai rilevante e profonda. Tanto per cominciare, contano i numeri: si calcola che, tra centro e periferia, saranno ben 1.500 le poltrone da sostituire.

Naturalmente, però, a far notizia sono i Vip. In primis, il salotto buono delle Generali, che cambierà davvero volto, per l’occasione. Da piazzetta Cuccia esce, con grande sofferenza, Fabrizio Palenzona, da più di un decennio ufficiale di collegamento tra Unicredit, ove resta vice del neo presidente Giuseppe Vita, e l’istituto di piazzetta Cuccia. Opta per Mediobanca, in luogo di Unicredit, Giampiero Pesenti. Ma tra le defezioni che contano ci sono quelle di Marina Berlusconi, sostituita dal fratello Piersilvio (che rinuncia al posto nel board di Fininvest) e di Ennio Doris, che, naturalmente, si tiene stretta la sua “creatura”, cioè Mediolanum. Scelta dolorosa anche per Vincent Bolloré, obbligato a lasciare Mediobanca per restare a Trieste quale vice presidente delle Generali. Lasciano il Leone sia Alberto Nagel che il direttore generale Saverio Vinci.

Giovanni Bazoli, infine, deve lasciare l’amata Mittel oltre al board di Ubi per mantenere la carica di presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa. La diaspora dalla finanziaria colpisce anche Giambattista Montini e Stefano Gianotti, mentre Giorgio Franceschi ha scelto Mittel al posto del Banco di Brescia. Da Intesa, invece, esce Gianluca Ferrero, membro del consiglio di sorveglianza.

Ma cosa cambia, al di là delle staffette nelle Pagine Gialle della finanza? Molto più di quel che non si creda, secondo alcuni. Potrebbe essere il primo passo verso quella separazione dei centri di potere che ha rappresentato uno step importante per la riforma del modello tedesco. Nel 2001, infatti, la Germania mandò in soffitta, con programmazione e metodo teutonico, il vecchio modello renano, fondato sull’intreccio azionario tra i Big. L’operazione ha avuto effetti benefici sul business della finanza e delle imprese, senza che la temuta irruzione delle “locuste”, ovvero i private equity anglosassoni abbia provocato scompensi particolari al sistema.

Il Financial Times si spinge ad ipotizzare che la novità potrebbe accelerare il cambio di pelle di Mediobanca, favorendo una gestione più dinamica del business e delle partecipazioni. “Dopo un decennio di stagnazione dell’economia italiana – scrive – la posizione strategica di Mediobanca, al centro della finanza del Paese, è più un vincolo che un punto di forza”, circostanza che potrebbe essere acuita dalle difficoltà insorte nella fusione Fonsai-Unipol. Altri sono più cauti e più perplessi sul valore della novità, che comunque “libera” posti a vantaggio dei fondi e di altri investitori istituzionali, ma finora espropriati dal gioco di squadre dei salotti più o meno buoni.

Commenta