A Napolitano ha promesso che, se il governo Monti si concretizzerà, lui, Nicolas Sarkozy, verrà di persona a Roma a sostenere direttamente il nuovo Esecutivo, appena nominato. Lo avrebbe detto al Presidente italiano in una telefonata ieri sera: sono le voci che circolano a Parigi. Poco prima Sarkozy aveva affermato perentorio: «Bisogna rimettere in carreggiata l’Italia». Ha ragione, eccome. Ma molti dei suoi connazionali cominciano a chiedersi: come fare a rimettere in carreggiata la Francia?
Le situazioni dei due Paesi appaiono lontane anni luce. L’Italia con il suo debito pubblico ormai oltre il 120% del Pil. La Francia, invece, che ancora si attesta poco sopra l’86%. La Francia che puo’ ancora contare sul massimo dei voti per il debito sovrano di tutte le agenzie di rating, compresa l’ambita tripla A di Standard & Poor’s: appartiene al plotone dei primi della classe a livello mondiale. L’Italia, invece, che potrebbe addirittura scivolare nel fatidico default. Per i due Paesi più simili, anche per dimensioni in Europa, due situazioni diametralmente oppposte? Non esageriamo. «Dopo l’Italia e la Grecia, toccherà alla Francia?» si chiedeva il quotidiano Le Monde, con un titolo a caratteri cubitali in prima pagina. Si’, perché gli speculatori hanno preso di mira gli Oat, i titoli di Stato francesi, equivalenti dei nostri Btp. Anche qui, problemi di spread e di rendimenti.
Giovedi’ il divario tra gli Oat decennali e i loro corrispettivi tedeschi è schizzato a 170 punti base, il record dal lontano 1997, prima dell’euro. Tanto per avere un’idea: in luglio si viaggiava sui 60. Quanto al rendimento, giovedi’ si è toccata la soglia del 3,465%, conrtro il 2,5 nello scorso luglio. Il rendimento è ancora la metà di quello dei Btp decennali, anche se ormai un po’ meno, da quando si è fatto sentire il benefico effetto Monti. Ma è il doppio di quello dei Bund, i titoli della Germania, altro raro Paese ad avere riconosciuta la tripla A. Si dirà: questi dati sono stati gonfiati da uno strano incidente. Giovedi’ pomeriggio, S&P ha inviato intorno alle 15 ai suoi abbonati un messaggio sintetico: «Debito sovrano, Francia, downgrading». Solo dopo pochi minuti quel declassamento è stato smentito. «Errore tecnico», hanno detto da New York.
Davvero un incidente di percorso? Non tutti a Parigi ne sono convinti. L’uscita dalla tripla A da parte della Francia è data come sempre più probabile negli ambienti finanziari. E in effetti ieri il miglioramento di spread e rendimenti degli Oat è stato solo relativo. Il primo si è attestato a fine giornata a quota 150 pb, ma non tanto perché il tasso d’interesse dei titoli francesi si è ridotto, ma soprattutto perché quello dei Bund è aumentato. In realtà il rendimento degli Oat ha toccato di nuovo il livello massimo di giovedi’ per ripiegare a fine giornata al 3,378%. La tensione resta alta. Intanto un economista aprezzato come Jacques Attali ha sottolineato: «Non facciamoci illusioni: sul mercato il rating del debito pubblico francese non è più la tripla A». Ha rincarato la dose Marc Touati, economista di Global Assya: «La questione ormai non è più se la Francia abbandonerà la tripla A, ma quando. L’allargamento dello spread con i Bund riflette un’oggettiva differenza nella gestione delle finanze dello Stato: dal 2001 il deficit pubblico è stato in media il 4,1% del Pil in Francia e il 2,5% in Germania».
I problemi di Parigi riguardano innanzitutto l’economia reale. La Commissione europea prevede nel 2012 (i dati sono di due giorni fa) una crescita del Pil dello 0,6% invece del +2% cui Bruxelles puntava in precedenza e contro le previsioni del Governo francese ancora oggi di un balzo in avanti dell’1 per cento. Non solo: al di là della tripla A, una serie di cose vanno ancora peggio che in Italia. La disoccupazione sta sfiorando il 10% (contro l’8,3% italiano). Il deficit pubblico a fine 2011, quasi sotto controllo in Italia (3,7% del Pil), è stimato a Parigi per la stessa scadenza al 5,8%. Intanto, per il 2012 si prevede per l’Italia un avanzo primario (prima del pagamento degli interessi sul debito) del 2,6% contro un disavanzo del 2,1% in Francia, dove lo Stato continua a spendere più di quanto possa davvero permettersi. Fra l’altro il debito è in termini assoluti inferiore a quello italiano (1.700 miliardi di euro contro i nostri 1.900), ma è detenuto da stranieri per il 57,9% del totale (il 42,4% per quello italiano): un ulteriore fattore di debolezza. Quanto al debito delle famiglie francesi, rappresentava a fine 2010 il 55,1% del Pil contro il 45% dell’Italia. Senza contare il 61,6% della Germania, il 91,7% degli Usa e il 114,2% del Regno Unito, la terra di David Cameron, che un giorno si’ e uno no impartisce lezioncine all’Italia. Anche le imprese francesi sono molto più indebitate di quelle italiane. Se Parigi è ormai entrata nel mirino degli speculatori, non è un caso.