X

Dopo Bruxelles, Monti più forte nei tagli alla spesa: per lui scatta il momento della verità

Il vertice di Bruxelles è stato un grande successo per l’Europa e personalmente per il Presidente Monti. Dopo ben 19 vertici inconcludenti o peggio, che avevano imboccato una strada sbagliata come quello di Deauville dello scorso anno, finalmente si sono poste le basi per un’Europa più unita in primo luogo sul versante bancario ed in maniera più cauta, su quello dei debiti sovrani. La Bce esce sostanzialmente rafforzata. Ci sono i primi cenni di una vera unione fiscale, si è posta maggiore enfasi sullo sviluppo con un programma di interventi infrastrutturali ancora modesto, ma sicuramente innovativo rispetto al recente passato. Si è dato, insomma, un messaggio chiaro ai mercati che tutti gli Stati sono seriamente impegnati a difendere l’Euro e che tutti saranno disposti a fare ulteriori passi per fare della moneta unica una vera valuta con alle spalle una politica finanziaria ed una politica economica sempre più convergenti. Ed infatti le Borse dopo il boom di venerdì, stanno confermando una intonazione positiva, mentre l’Euro mantiene una relativa forza rispetto al dollaro ed i famosi spread tendono a scedere ancora.

Al di là della ricerca superficiale e spesso scostumata, di chi sia lo sconfitto della notte di trattative del vertice di Bruxelles, che porta alcuni giornali a sbeffeggiare la Merkel, bisogna sottolineare che l’accordo europeo non voleva avere e non avrà lo scopo di salvare i paesi deboli dell’area Euro, ma permetterà solo (e non è poco) di accompagnare gli sforzi di risanamento che i vari paesi stanno compiendo dando il tempo alle riforme strutturali di dispiegare i loro effetti benefici in tema di competitività, che è la variabile chiave su cui si basa un durevole rilancio della crescita sia per i paesi del Mediterraneo che per l’intera Europa. Del resto l’analisi della Washington Post è chiarissima in proposito. Il giornale americano dice che l’Italia rimane, anche dopo il sucesso del vertice Ue, il malato dell’Europa perchè la sua malattia si chiama perdita di competitività dovuta alla ineffcienza del settore pubblico, al dilagare della corruzione e dell’evasione fiscale. In sostanza sono i “fondamentali” dell’economia che vanno messi a posto e questo significa eliminare le vaste zone improduttive che si annidano soprattutto nel settore pubblico. Ecco quindi che la politica dei tagli e della ricerca di una più elevata efficienza nelle varie articolazioni dello Stato diventa fondamentale non solo nel breve termine per evitare il previsto aumento dell’Iva in ottobre, ma soprattutto per poter avviare una riduzione delle tasse sui produttori che insieme alla maggiore rapidità e trasparenza delle decisioni di tutto il settore pubblico, sono la vera leva su cui puntare per essere più competitivi e quindi poter crescere di più.

Ora Monti è più forte per poter imporre cambiamenti nel settore pubblico che finora sono stati sempre ostacolati dai partiti e dai sindacati. I primi perchè gestiscono con il denaro pubblico i loro apparati e le loro vaste clientele parassitarie, ed i secondi perchè, sempre più marginali nel settore produttivo, hanno ormai i loro veri punti di forza nel pubblico impiego e nei pensionati. Monti ha dimostrato di essere l’unico politico italiano in grado di parlare da pari a pari con i vertici degli altri paesi e quindi di saper difendere con serietà e anche caparbietà, i veri interessi italiani, che non sono quelli di farci pagare i nostri debiti da qualcun altro, ma quelli di farci aiutare a fare le riforme che comunque dovremmo fare. E questo ora è il suo vero punto di forza che deve sfruttare fino in fondo, senza farsi imbrigliare dai tanti conservatori che prosperano nelle burocrazie di partiti e sindacati. I quali, chiamati alla prova dei fatti, dopo aver invocato a chiacchiere la riduzione della spesa pubblica, sono presi dal timore di perdere alcuni privilegi e quindi cercano di “buttarla in caciara”, come si dice a Roma.

I politici annaspano dicendo la prima cosa che gli viene in mente. Ora ad esempio, a sentire il sindacato di Verona Tosi che invoca tagli drastici alla spesa pubblica (dimenticandosi che Bossi è stato il più deciso difensore delle Province e delle società locali), la Lega dovrebbe diventare la più convinta sostenitrice del Governo Monti, mentre Maroni dice che il Governo deve andare a casa il prima possibile. Forse anche alla Lega devono imparare che pure in politica c’è un limite alla incoerenza! Gli altri partiti temeno di pagare un prezzo elettorale salato a causa dei tagli. Ma sono proprio sicuri? Gli italiani vogliono una forte riduzione del settore pubblico e soprattutto del ruolo dei partiti nelle istituzioni. Il recente referendum sulle nuove province sarde ne è la più efficace dimostrazione. Il successo elettorale della cosiddetta antipolitica di Grillo, è sicuramente una protesta contro l’inconcludente strapotere dei partiti, i quali quindi non possono più nascondersi dietro il rischio che i tagli portino ad una riduzione dei servizi pubblici. Ormai gli italiani hanno capito che l’opposizione ai tagli difende solo posizioni di potere e spesso, la possibilità di fare buoni affari.

I tagli efficaci non sono quelli lineari finora effettuati dal Governo Berlusconi, ma quelli che eliminano interi settori della Pubblica amministrazione, snellendo le procedure, imponendo accorpamenti di funzioni, e una centralizzazione degli acquisti che potrebbe far risparmiare cifre imponenti colpendo soprattutto il malaffare, riducendo le aziende create dagli enti locali e dettando a quelle che restano rigidi criteri di governance, ed infine riducendo il numero dei dipendenti pubblici a cominciare dai dirigenti che sono troppi ed in certe regioni, come la Sicilia, in quantità scandalosa.

Hic Rhodus, hic salta. Questo è il momento della verità. Il Governo Monti deve sfidare i partiti a cambiare. Questo nel loro stesso interesse oltre che in quello dell’intero paese. Gli investitori chiamati a comprare titoli italiani a dieci anni, vogliono essere ragionevolmente sicuri che dopo Monti non si tornerà alle vecchie politiche che, come dice il Washington Post, hanno portato all’allargamento delle zone improduttive, e quindi alla perdita di competitività complessiva del Paese.

Related Post
Categories: Commenti