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Dopo Berlusconi il diluvio non c’è ma i conti non sono chiusi e Alfano gioca la carta dei moderati

I contorcimenti nel Pdl non sono ancora finiti ed è noto che i colpi di coda degli animali feriti sono sempre possibili e possono essere molto pericolosi. Soprattutto ora che la Giunta si è pronunciata per la decadenza di Berlusconi da senatore. Eppure, che un ventennio volga ormai al termine è qualcosa di più di un’impressione. Il Cavaliere ha giocato una durissima battaglia politica, usando tutte le armi possibili: dalle dimissioni dei deputati e dei senatori, poi sostituita da quella dei ministri. Il tutto per cercare di provocare una crisi di governo e le elezioni anticipate, con in fondo al cuore la speranza di potersi ancora una volta immergere (magari da candidato, giocando su un disperato allungamento dei tempi della sua decadenza da senatore) in una campagna elettorale per rovesciare un tavolo ormai ingombro  di sentenze definitive o quasi. 

Il risultato è una sconfitta su tutta la linea: le dimissioni si sono rilevate una minaccia “a non domino”, visto che non controllava più né i ministri né buona parte dei parlamentari. La crisi di Governo non c’è stata. Anzi, Letta si è rafforzato e si è preso anche il lusso di marginalizzare Berlusconi e indicare come irrilevante la tragicommedia del suo voto di fiducia annunciato a sorpresa in un brevissimo intervento, nel quale più che le parole, contava la disperazione di una faccia. Già, perché il Cavaliere questa volta la partita l’ha persa soprattutto in casa. Dentro il partito del quale era stato e si riteneva ancora padrone assoluto. Questa volta la politica si è presa la rivincita su colui che della dichiarata anti-politica aveva fatto una sorta di suo catechismo etico. Ed è ancora più umiliante per il Cavaliere che la politica questa volta gli abbia presentato il conto sotto le facce dei Cicchitto e degli Alfano. Di coloro che lui, nel migliore dei casi, accusava di non avere il quid.

E così ora a Berlusconi, che tra una decina-ventina di giorni potrebbe essere definitivamente escluso dal Senato o perché l’aula avrà approvato quanto già deciso dalla Giunta, o perché la Corte di Appello di Milano avrà già stabilito la durata della pena accessoria (sospensione dai pubblici uffici almeno per un anno), in queste ore non è rimasto che dire: “Sono stanco, ho deciso di lasciare il partito ad Angelino”. Anche se il suo già pupillo gli ha chiesto l’emarginazione di tutti i falchi, che però ora si chiamano “lealisti”: da Santanchè a Brunetta, per mettere al loro posto le ex colombe che però ora si chiamano “scissionisti”. Ma che scissionisti non sono ancora, visto che stanno lavorando per ottenere il controllo totale del partito che continuerebbe a chiamarsi Pdl, lasciando il prestigioso simbolo di Forza Italia a disposizione del futuro politico di coloro che fino all’ultimo (?) hanno deciso di seguire la strategia di Berlusconi, che lui stesso non condividerebbe più.

Come si vede, tanta è la confusione di quel che resta, dopo lo sgretolarsi del ventennio. E lo confermano le cronache, a metà tra i gossip e il retroscena, che ci descrivano le belle stanze di palazzo Grazioli come una sorta di terra di tutti e di nessuno dove Verdini mette alla porta Alfano, poi riammesso dal Cavaliere, prima che la signorina Pascale provveda a mettere alla porta lo stesso Verdini. Scene da fine basso impero, che poco dovrebbero avere a che fare con la politica. Ma tant’è. E’ da qui che al Centro-destra tocca ripartire.

Riusciranno  Angelino e soci a ridare credibilità e dignità democratica al centrodestra italiano? Molti ci contano, da Monti a Casini a Montezemolo. Non è un caso che in questi giorni autorevoli editorialisti si siano precipitati a dare ad Alfano, a Cicchitto e persino a Formigoni la patente di moderati doc. Un premio alle intenzione di questi “scissionisti” di voler finalmente essere in sintonia con il Ppe europeo, un partito che ha sempre sopportato a fatica l’incombere di Berlusconi. Eppure i conti con il Cavaliere non sono del tutto chiusi. Tant’è che lui ha detto di essersi comunque battuto fino all’ultimo per l’unità del partito (affermazione che ha del temerario se si pensa a queste ultime settimane) e di non voler togliere il disturbo, accettando magari una posizione un po’ più defilata, effetto anche di quanto deciso dalla Giunta. Vedremo.  E vedremo soprattutto nei fatti se Alfano e gli altri saranno in grado, magari trovando nuove e opportune alleanze (al centro c’è tanto spazio, quasi un vuoto) di assumere finalmente una fisionomia da veri moderati.

E c’è anche il problema di come il Pd in fase congressuale reggerà il peso di una maggioranza più coesa politicamente per la irrilevanza (almeno quella) di Berlusconi, ma che certamente qualche problema lo crea, visto che Alfano, Cicchitto e Formigoni non sono certo Giolitti, e neanche Malagodi. Ma come si dice: è la politica. Ed ora si ricomincia. Speriamo con qualche novità, magari facendo una buona legge di stabilità e accelerando sul serio anche sulla legge elettorale.

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