Un doping che più “fai da te” non si può. Senza dire niente a nessuno, da solo, prima informandosi su internet e poi affrontando (sempre da solo) un lungo viaggio fino in Turchia, ad Antalya, dove in una farmacia qualsiasi (“In Italia come sapete è richiesta la ricetta, lì se paghi bene non fanno problemi”) ha acquistato eritropoietina sintetica per un valore di 1.500 euro. “Poi ho fatto iniezioni dal 13 al 29 luglio, senza dire niente a nessuno”.
Questa la ricostruzione, accorata ma ancora non del tutto convincente, di uno Alex Schwazer letteralmente sconvolto, che si è presentato oggi in conferenza stampa a Bolzano davanti a centinaia di giornalisti per dire la sua verità sullo scandalo doping che lo sta travolgendo. L’atleta altoatesino, medaglia d’oro a Pechino 2008 nella 50 km di marcia, è stato infatti trovato positivo a un controllo a sorpresa effettuato dalla Wada, l’agenzia mondiale antidoping, lo scorso 30 luglio. Proprio all’indomani dell’ultima, fatale iniezione. Per questo motivo Schwazer è stato immediatamente escluso dal Coni dalle Olimpiadi in corso a Londra, e ora rischia una lunga squalifica anche se, a suo stesso dire, la sua carriera finisce comunque qui.
Ma i guai per il podista non finiranno qui: Alex, oltre alla positività all’Epo emersa nel controllo antipoding, è al centro di un’inchiesta più ampia, coordinata dalla Wada, dall’Interpol e dalla Procura di Padova, che vede coinvolto il professor Michele Ferrari, da anni nel mirino dell’antidoping (a lui si rivolse anche Lance Armstrong) e al quale Schwazer si era rivolto nel 2009. “Ferrari? Lo conosco, ma che io abbia preso farmaci da lui, e che mi fossi già dopato nel 2010 non era vero. Io l’ho contattato nel 2009 quando mi ero ritirato. Nel 2010 mi sono gestito da solo, gli ho chiesto solo consigli tecnici per allenamenti, e poi tutti i test antidoping fatti erano negativi. E da inizio 2011 non l’ho più sentito”.
Non è tutto, però. A Schwazer rischia di essere messa in discussione anche la storica medaglia d’oro di Pechino, quando risultò assolutamente pulito e vinse una gara straordinaria, con tanto di record olimpico. Il direttore della comunicazione del Cio, Mark Adams, ha infatti già comunicato che i campioni di urina prelevati all’altoatesino dopo quella vittoria potrebbero essere sottoposti a nuove analisi. “Se il Cio vuole rivalutare i miei dati dopo Pechino va bene, non ci sono tracce di doping. Ma il fenomeno è ampio. In Russia c’è un allenatore nella cui squadra su otto atleti, sono stati trovati positivi cinque, ma qui in Italia in problema è Ferrari. Io dico che dopo la positività c’è solo la squalifica a vita. E io non voglio sconti”.
Schwazer ha poi proseguito, scoppiando anche in lacrime, nel drammatico racconto della scelta che gli sta distruggendo la carriera agonistica e forse anche la vita: “Non ho detto nulla neanche a Carolina (Kostner, la fidanzata, ndr) e ai miei, non volevo coinvolgere nessuno. Queste tre settimane sono state terribili. Ogni notte mi alzavo alle 2, 3, 4, 5 del mattino perché sapevo che dalle 6 poteva arrivare il controllo antidoping e dovevo dire alla mia fidanzata di non aprire, sennò ero positivo. Quando lunedì 30 hanno suonato a casa mia, sapevo che era l’antidoping, ma non ho avuto la forza di dire a mia madre che non c’ero perché in 18 mesi potevo anche saltarne uno e io non l’avevo mai fatto, ma non ce la facevo più: non vedevo l’ora che finisse tutto. E comunque, anche senza la Wada non avrei mai avuto il coraggio di andare a fare la 50 km ai Giochi di Londra”.
Il marciatore 28enne è poi tornato a ritroso nel tempo per spiegare il perché della deriva presa: “L’anno scorso, dopo 3 anni molto duri per me, dopo gli Europei dissi pure che non avevo emozioni e avrei potuto smettere. Alla fine del 2011 dopo una stagione travagliata dovevo prendere delle decisioni, ma con le Olimpiadi davanti non ero più lucido e non sono riuscito a dire di no a questa tentazione di doparmi per arrivare pronto a Londra 2012. Mi dispiace, ho fatto questo grande errore”.
Infine, il dramma umano e il ringraziamento all’Arma dei Carabinieri, che ora sarà costretto a lasciare: “Non sapete quante volte a casa ho detto che volevo smettere e tutti a dirmi che dovevo andare avanti, che avevo il potenziale per essere più forte. Pressioni e sacrifici. Non avete idea quanti sacrifici servono per una sola gara, che se va male sei un coglione. Non volevo più essere giudicato per una prestazione. Ero stufo: sogno una vita e un lavoro normale”. “Carabinieri? Ora vado a Bologna, devo restituire la pistola e il tesserino, ma senza di loro a 18 anni non avrei potuto fare questo sport. Senza i carabinieri negli sport minori il professionismo non esiste. Io ho deluso tante persone e loro sono fra questi, chiedo scusa a loro, alla mia fidanzata e alla mia famiglia”.