Donne straniere, in Italia le lavoratrici percepiscono un reddito medio annuo lordo di 12.788 euro, il 30,5% in meno dei lavoratori stranieri maschi. Inoltre, la metà delle donne straniere è impiegata in sole quattro professioni: lavoratrice domestica, badante, addetta alle pulizie e cameriera. Questi sono i dati emersi dal seminario “Immigrate e Lavoro”, organizzato a Roma dal Consiglio nazionale degli Attuari, presieduto da Tiziana Tafaro, in collaborazione con Noi di Rete Donne, di cui è promotrice Daniela Carlà. I numeri mostrano una duplice disuguaglianza: le donne straniere non solo guadagnano meno rispetto agli uomini, ma sono anche fortemente concentrate in lavori precari, e con scarse tutele.
Donne straniere in Italia: l’occupazione e il divario di genere
È noto che i tassi di occupazione in Italia sono ancora ben al di sotto della media europea, ma è importante ricordare che questa bassa performance è in parte dovuta al fatto che ancora quasi la metà delle donne italiane, il 46,5%, non lavora. Mentre il tasso di occupazione maschile in Italia dista di 9 punti percentuali dalla media europea, il divario occupazionale tra donne italiane ed europee è quasi il doppio: il 53,5% contro il 70,2%. Se questi dati sono ampiamente discussi, meno attenzione viene data a ciò che il nostro mercato del lavoro offre agli stranieri, e ancora meno a ciò che riserva alle donne straniere.
Se già tra gli italiani, il cosiddetto gender gap è evidente – gli uomini guadagnano mediamente 29.409 euro lordi annui, mentre le donne si fermano a 19.902 euro – per le lavoratrici straniere, la disparità salariale è ancora più marcata. La retribuzione media annua per gli uomini stranieri è di circa 18.400 euro, mentre quella per le donne è di soli 12.788 euro. Una differenza in media del 30% tra gli stipendi di straniere e stranieri, che rimane costante tra le diverse nazionalità di provenienza, dalle pakistane alle moldave. L’unica comunità che fa eccezione è quella cinese, dove le donne guadagnano solo il 5,3% in meno rispetto agli uomini. In realtà però i lavoratori cinesi sono quelli che percepiscono le retribuzioni più basse tra tutti i lavoratori stranieri, con una media di 12.167 euro lordi annui.
Donne straniere: il mercato secondario
Come evidenziato da Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche Idos, le lavoratrici straniere subiscono gli effetti di un doppio stigma: essere donne e, allo stesso tempo, essere straniere. Una discriminazione che non riguarda solo i livelli di partecipazione al mercato del lavoro, ma anche la qualità dell’occupazione. Gli stranieri, indipendentemente dal genere, in Italia sono spesso relegati al mercato secondario, quello di tutte quelle professioni che gli italiani non vogliono più svolgere. Sono i cosiddetti “lavori delle 5P”: lavori precari, pesanti, pericolosi, poco pagati e penalizzati socialmente. Si può pensare ai braccianti, ai manovali, ai facchini, a tutti gli addetti alle faccende domestiche o alle cucine. Sono mestieri con un maggior rischio di esposizione agli infortuni sul lavoro, il cui bilancio, però, per il biennio 2022-2023 è positivo: si registra una diminuzione del 2,9% per il totale dei lavoratori stranieri, con un calo che arriva al 16% se si considerano solo le donne. La diminuzione, però, è ancora più marcata per i lavoratori italiani: un calo del 18,9% complessivamente e del 29,4% per le donne.
Donne straniere: il lavoro di cura
In Italia, le donne straniere sono particolarmente concentrate in un sottoinsieme dei lavori delle 5P: quelli dell’assistenza e della cura a anziani e bambini. Le professioni di badante, lavoratrice domestica, addetta alle pulizie e cameriera assorbono il 50% delle lavoratrici straniere. Questo fenomeno non sorprende, considerando che l’Italia è tra gli ultimi Paesi europei per quanto riguarda le politiche di conciliazione. Non potendosi appoggiare allo Stato, le donne italiane che vogliono lavorare, e possono permetterselo, delegano alle lavoratrici straniere la cura di figli e casa. Altro dato allarmante è quello del tasso di inattività tra le donne straniere, che si attesta al 43,2%, contro il 16,5% degli uomini. Sempre secondo Di Sciullo, molte di queste donne sono relegate a casa per occuparsi dei figli, mentre altre, più degli uomini, sono impiegate nel lavoro nero.
Valeria Vittimberga, direttore generale dell’Inps – l’Istituto Nazionale per la previdenza sociale – ha definito il gender gap retributivo tra le lavoratrici e i lavoratori stranieri in Italia una “deflagrante disuguaglianza”. È una dinamica che getta luce su un mercato del lavoro non sempre inclusivo, e che spesso penalizza le categorie più vulnerabili.