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Donne e Fintech: la partita è aperta ma l’Italia c’è

La ricerca di Fintech Diversity Radar 2021 presentata da Fintexable al Fintech Future di AssoFintech ha messo in rilievo aspetti inediti del rapporto tra Fintech e donne, evidenziando come la rivoluzione tecnologica nel mondo della finanza attraversi anche i temi della diversità e dell’inclusione

Donne e Fintech: la partita è aperta ma l’Italia c’è

La rivoluzione fintech corre veloce e attraversa anche i temi della diversità e dell’inclusione, con risultati sorprendenti e sempre costruttivi per i Paesi che si mettono in gioco. È quanto emerge della ricerca Fintech Diversity Radar 2021, prodotta da Findexable e presentata al Palazzo delle Stelline di Milano nel corso del Fintech Future2021 di AssoFintech.

Di recente, l’Italia ha istituito una sandbox regolamentare, ossia, nella definizione di Bankitalia, “un ambiente controllato dove intermediari vigilati e operatori del settore FinTech possono testare, per un periodo di tempo limitato, prodotti e servizi tecnologicamente innovativi nel settore bancario, finanziario e assicurativo”.

L’avvio di una sperimentazione digitale di questo tipo favorirà un’evoluzione rapida del mercato italiano, garantendo al contempo la tutela dei consumatori. L’obiettivo è crescere mantenendo un dialogo tra privati e istituzioni, con uno sviluppo di servizi finanziari il più possibile inclusivi. “Oggi l’Italia, nel Fintech, sta facendo passi da gigante – ha detto Maurizio Bernardo, presidente di AssoFintech, aprendo i lavori del convegno – assistiamo a un proliferare di start up, ma abbiamo due esigenze: l’azione del legislatore deve diventare più flessibile e veloce; inoltre, vogliamo supportare una maggiore presenza di figure femminili che emergano con decisione alla guida di progetti innovativi, come sta accadendo in questo ultimo periodo. Assofintech vuole contribuire a uno sviluppo inclusivo che recuperi terreno rispetto ai differenziali di genere della finanza tradizionale”.

Sulla scia di questo impegno, per la prima volta in Italia è stato dedicato un workshop di respiro internazionale alla prospettiva femminile nel Fintech. Al dibattito, moderato da Veronica Soriano e animato da esperte italiane di Fintech,, hanno partecipato i rappresentanti degli Hub Fintech di Israele, Australia, Giappone, Svizzera e Lussemburgo, insieme ad esponenti delle Camere di Commercio di Stati Uniti e Gran Bretagna. Un confronto internazionale quanto mai necessario per crescere e contribuire allo sviluppo del nostro Paese.

In base all’indagine Findexable, svolta su mille aziende Fintech nel mondo, solo l’1,5% delle società è fondata esclusivamente da donne. Inoltre, gli uomini sono più numerosi nei consigli di amministrazione (il rapporto è di cinque a uno) e le donne sono impiegate spesso in settori come risorse umane e marketing. Meno del 6% dei Ceo è donna e meno del 4% ricopre ruoli apicali come Cio o Cto. Tuttavia, ciò che sorprende e incoraggia in questo rapporto è che le aziende al di fuori dell’Europa e del Nord America stanno facendo passi da gigante verso l’inclusione. Ci sono 2,5 volte più donne Ceo in Medio Oriente che in Europa e il doppio delle donne Coo in Africa rispetto alla media globale.

Secondo il rapporto McKinsey sulla diversità e l’inclusione (Dei), dal 2015 le aziende che si distinguono per politiche attive sulla diversità di genere hanno il 25% di probabilità in più di ottenere rendimenti finanziari superiori alla mediana nazionale e di settore. Non solo: l’ultimo rapporto Gender 3.000 di Credit Suisse mostra una correlazione tra diversità di genere e sovraperformance del prezzo delle azioni: un “premio alla diversità” pari, in media, a 200 punti base. Diversità e inclusione, quindi, non sono solo aspetti imprescindibili del welfare aziendale, ma anche strategie che producono ottimi risultati finanziari e di business.

A ciò si collega un altro tema centrale per l’industria Fintech, quello dell’inclusione finanziaria. Ad oggi, 1,7 miliardi di adulti in tutto il mondo vivono ancora al di fuori dei meccanismi finanziari formali. E le disuguaglianze di genere sono ampie: il 72% degli uomini ha un conto personale, contro il 65% delle donne. La pandemia ha indotto molti innovatori del fintech ad ampliare le modalità d’accesso ai finanziamenti, ma le donne a basso reddito rimangono più che mai svantaggiate. Eppure, proprio le donne sono la chiave per la ripresa economica: se il gender gap nell’economia fosse azzerato – sostengono Onu e Fmi – il Pil globale potrebbe aumentare di 28 trilioni di dollari entro il 2030.

È tempo di prendere un impegno preciso: serve una piattaforma trasparente e condivisa per stabilire come verrà misurato il successo delle aziende impegnate a ridurre il divario di genere. L’industria ha bisogno che tutti i suoi partecipanti si facciano avanti e dimostrino come migliorare la partecipazione e la visibilità delle donne attraverso azioni di assunzione, istruzione e fidelizzazione. Investitori, incubatori e acceleratori ormai sanno che una forza lavoro diversificata porta risultati aziendali migliori e questo innescherà un circolo virtuoso in termini di finanziamenti, permettendo alle donne di emergere come leader, imprenditrici, startupper, dipendenti e clienti.

Assumere donne aiuta anche le aziende a comprendere meglio le loro clienti: molti degli intervistati citati nel rapporto Fintech Diversity Radar hanno detto che le loro aziende creano deliberatamente squadre diversificate in termini di genere per garantire che il design dei loro prodotti e servizi rifletta una prospettiva di genere varia. Questa pratica nasce da anni di esperienza ed è supportata anche da solide ricerche. Più diversità significa più innovazione e un’azienda più resiliente.

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