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Domenico Morelli in mostra a Roma a 70 anni dalla mostra di Palma Bucarelli

Domenico Morelli protagonista alla Galleria Nazionale d’Arte di Roma dal 21 novembre 2022 al 29 gennaio 2023

Domenico Morelli in mostra a Roma a 70 anni dalla mostra di Palma Bucarelli

A quasi settant’anni dalla Mostra di disegni allestita nel 1955 da Palma Bucarelli a Valle Giulia, Domenico Morelli (Napoli, 1823–1901) torna ad essere protagonista a Roma nelle sale della Galleria Nazionale d’Arte Moderna, come già lo era stato, nel 1907 quando fu esposto il fondo costituito da opere grafiche, cartoni, bozzetti e dipinti rimasti nell’atelier dell’artista alla sua morte, acquistato dallo Stato e trasferito, da Napoli a Roma.

Domenico Morelli in mostra a Roma: dipinti, bozzetti, sculture, opere su carta

La mostra «Domenico Morelli. Immaginare cose non viste» propone un’ampia parte del ricchissimo ed eterogeneo fondo dell’artista insieme ad opere provenienti anche da altre istituzioni pubbliche o da collezioni private, con l’esposizione di una trentina di dipinti e 9 bozzetti, 9 sculture, un corpus di 48 tavolette a olio su legno con dipinti di paesaggio realizzati nella costa a sud di Napoli, un grande cartone a tecnica mista e una cospicua selezione, 160 opere su carta, tra gli oltre 800 fogli appartenenti al fondo Morelli conservato dalla Galleria Nazionale. Tra l’altro per la prima volta dall’inizio del secolo scorso, viene mostrata al pubblico la tela del dipinto incompiuto Il trovatore tra le monache, ambita a suo tempo dal mercante francese Jean-Baptiste Michel Adolphe Goupil e oggetto di un intervento conservativo degli allievi dell’Istituto Centrale per il Restauro. Dopo la pulitura, le preziose cornici dei dipinti appaiono nella varietà delle loro tecniche: intagliate e decorate a foglia di oro zecchino e argento meccato, a cui era stata aggiunta, in un caso particolare, l’applicazione di una striscia di tessuto sulla superficie lignea.

Domenico Morelli: chi è?

Considerato uno dei più importanti artisti italiani della seconda metà del XIX secolo, senatore del Regno d’Italia nella XVI legislatura, Domenico Morelli nominato per la sua importanza consulente del museo nazionale di Capodimonte, nel 1868 ottenne la cattedra d’insegnamento all’Accademia di Belle Arti di Napoli – dove aveva studiato e dove ebbe molti allievi, tra cui Giuseppe Costa, Francesco Coppola Castaldo, Giuseppe De Nigris, Raffaele Ragione e Achille Talarico.

L’interesse della mostra alla Galleria Nazionale è dovuto essenzialmente  al numeroso materiale documentario che consente di  entrare nel mondo pittorico di Morelli  seguendo da una parte i percorsi della sua maniacale attenzione al particolare espressivo che lo porta a realizzare un numero considerevole di bozzetti prima di trasferire le sue figure e i suoi paesaggi dagli studi ai dipinti  e dall’altro la sua grande apertura mentale alla cultura artistica europea che lo porterà in particolare ad accostarsi con rigore al fascinoso mondo ispanico orientale e in particolare  al mondo arabo presente in molte sue opere senza esservi mai stato.

La serie delle Odalische: suggestioni del mondo orientale

Sensualissime figure femminili dai tratti esotici (tra le tante, La donna nell’Oda, 1874, già collezione Maglione, ora a Tel Aviv, (collezione privata), o nel Bagno turco (collezione privata), che appaiono come meditazioni suggestive dell’eredità di Mariano Fortuny, suo amico ed estimatore. Morelli – sottolinea un profilo a lui dedicato dalla Treccani – ebbe il merito di riunire in sé la lezione del pittore spagnolo, dalla raffinatezza dell’arte giapponese con i suoi motivi decorativi e le sue fredde cromie, ai bagliori di luce vibrante, restituendoli in atmosfere d’incanto, come in La sultana e le schiave al ritorno dal bagno (1883 Milano, Fondazione Balzan). Tali scelte provocarono non pochi giudizi negativi da parte della critica ufficiale, specie quella di matrice toscana, che alle Esposizioni nazionali di Napoli del 1877 e di Torino del 1880 si schierò pesantemente contro la scuola napoletana, accusando lo stesso Morelli di aver ceduto «all’arte di moda».

In una famosa intervista pubblicata nel 1892 su “Il Pungolo”, Morelli svela per la prima volta ad un vasto pubblico la sua sincera visione dell’Oriente e, alla domanda che gli si richiede, se mai fosse stato in quei luoghi di Oriente, egli risponde: «[…] Lo porto dentro di me: ne ho il cuore e la mente pieni: Se chiudo gli occhi, io penso, sento, vivo in Oriente. I suoi usi, costumanze, riti appresi con letture lunghe e difficili, mi balzano dinanzi come rievocati, per incanto […] il paesaggio, l’aria, il colore l’ho studiata in quelli che l’hanno studiata laggiù, e l’ho studiata qui dove tutto ricorda l’Oriente, qui dove esso si sente, s’intuisce. Andate a Pozzuoli, a Cura, lungo le nostre rive incantevoli, andate in Calabria e, dappertutto, nelle pianure, nel mare, nel cielo, negli abitanti sentite l’Oriente[..]»

Morelli, in pratica, non sentiva il bisogno di spingersi fin lì e credeva sinceramente che l’evocazione del clima e dell’atmosfera di Napoli, storicamente recettiva e multietnica, non gli procurasse gravi scompensi interiori. L’Italia del Meridione la trovava molto più vicina a quei luoghi di quanto la distanza geografica tra il medio e più lontano Oriente avesse stabilito.

Oltre al paesaggio e ad un certo clima, anche le tradizioni culturali sedimentate nella antica capitale del mediterraneo gli danno ragione. Fin dal Settecento, Napoli aveva accolto la celebre comunità del Collegio dei cinesi dove soggiornavano giovani provenienti dall’antico Impero Ottomano (albanesi, bosniaci, montenegrini, serbi, bulgari, greci, libanesi, egiziani) allo scopo di ricevere una adeguata formazione religiosa e ordinazione sacerdotale per poter svolgere di seguito l’attività missionaria nei paesi di origine. Napoli contava pure un legame di storia e di civiltà con l’antico Egitto, supportata dal culto della dea Iside e valorizzato dalla presenza di materiali di scavo con oggetti d’uso quotidiano, esibiti nella sezione egizia dell’antico palazzo dei Regi Studi

Domenico Morelli: gli anni maturi

La fama di Morelli, non solo come pittore ma anche come intellettuale attivo nelle istituzioni artistiche e culturali dell’Italia unita, si consolidò ben presto su scala nazionale e internazionale. Si era interessato, infatti, alle problematiche storiche e sociali connesse al processo di creazione dello Stato unitario, rendendosi punto di riferimento per la ridefinizione del nuovo ruolo dell’artista, impegnato e partecipe della costruzione della nuova società civile

Negli anni maturi si concentrò sui temi religiosi, sempre secondo un rigoroso metodo di studio e di ricerca dei testi, dalle fonti e leggende del cristianesimo alle teorie positiviste di Ernest Renan e di David-Friedrich Strauss sulla figura storica di Gesù. Il tema evangelico e cristologico, inaugurato negli anni Sessanta con il Cristo che cammina sulle acque del mare – «fra i primi di questi nuovi lavori, che è però dei meno riusciti» (Villari, 1902, p. 22) – assorbì la quasi totalità della sua tarda produzione; per questo periodo (dagli ultimi anni Ottanta fino al 1900), si pensi, a esempio, al consistente nucleo conservato alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, tra cui Venerdì santo, Pater Noster, Gesù chiama a sé i figli di Zebedeo, Cristo che veglia gli apostoli, Il pentimento di Giuda. La figura del Cristo, straordinaria coincidenza di umanità e divinità, è immaginata da Morelli come immersa in un’ambientazione fortemente evocativa, memore di quell’Oriente che egli aveva conosciuto grazie ai repertori fotografici, di cui possedeva una vasta collezione.

Domenico Morelli

 Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea

Roma Viale delle Belle Arti 131

a cura di Chiara Stefani con Luisa Martorelli

21 novembre 2022 — 29 gennaio 2023

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