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Divella: “Burocrazia, tasse, scuola, investimenti: ecco le priorità”

Imagoeconomica

L’azienda Divella è il secondo gruppo in Italia (dopo Barilla) per la pasta secca, fattura 310 milioni di euro l’anno, ha 310 dipendenti, e produce tra semole, farine, pasta secca, pasta fresca e biscotti oltre 30.000 quintali di prodotti al giorno,macinando quotidianamente 25.000 quintali di grano.  

Da 130 anni Divella coltiva la “passione Mediterranea”, secondo il suo felice motto, essendo l’azienda nata nel 1890 in un’antica cittadina alle porte di Bari, Rutigliano (poco più di 18 mila abitanti), nota per i fischietti in terracotta di tutte le forme e grandezze e per la produzione di almeno cinque qualità delle uve italiane migliori (Vittoria, Italia, Red Globe, Paglieri e Crimson). Oltre che, ovviamente, per il grande stabilimento di pasta che occupa, per non sbagliare, piazza Divella.  

Il vecchio edificio continua ad ospitare la sede dell’azienda, con gli uffici amministrativi e legali, così come a Rutigliano ci sono i pastifici di pasta secca e fresca, il biscottificio, un molino per grano duro e uno per grano tenero. Mentre un molino per grano duro si trova a 3 km, sul territorio di Noicattaro, altro centro antico del barese, un po’più grande di Rutigliano (oltre 26 mila abitanti) e che con questo condivide anche la produzione dell’uva. Anzi, a essere sinceri, Noicattaro si definisce “la capitale dell’uva”, ma i rutiglianesi ovviamente storcono il naso.

Divella esporta la pasta e tutto il resto dei suoi prodotti in tutto il mondo, e principalmente in Germania, Francia, Inghilterra, India, Giappone, Canada, Usa, Centro America, Sud America e Australia. Il gruppo è ancora quasi del tutto familiare, destinando solo il 25% dei titoli ai piccoli azionisti, mentre il restante 75% è diviso fra cinque Divella: Francesco, Cirillo, Vincenzo, Agostino e Pasquale.  

Immaginiamo che il coronavirus non abbia inciso minimamente sul corso degli affari delle aziende alimentari, ma per parlarne nel merito FIRSTonline lo ha chiesto a Vincenzo Divella, amministratore delegato del gruppo, un passato anche politico avendo guidato con il centrosinistra la Provincia di Bari quando queste istituzioni avevano ancora senso e potere. Anche il cugino Francesco ha avuto esperienze politiche, parlamentare in una formazione opposta (destra e centrodestra) dopo avere guidato per alcuni anni la Fiera del Levante e l’Acquedotto pugliese, il più grande d’Europa. Ora entrambi sono tornati alla azienda, la politica non coinvolge direttamente più nessuno dei due.  

Dottor Divella, qual è stato finora l’effetto della pandemia su un gruppo industriale come Divella? 

“Siamo un’Azienda nel Food che produce beni di prima necessità, per cui il periodo in cui si è fatto accaparramento dei prodotti, si è lavorato molto di più, e, pur mantenendo i prezzi stabili, con le maggiori quantità prodotte si è avuta una redditività migliore; lasciatemi fare un ringraziamento particolare a tutti i nostri collaboratori sia della produzione che delle vendite, ma anche della logistica e dell’Amministrazione per il loro attaccamento all’Azienda, per cui , in occasione dei festeggiamenti, che speriamo di fare al più presto, dei 130 anni della Divella, pensiamo di elargire un contributo a tutti i dipendenti che non sia inferiore al 50% dello stipendio”. 

A un’azienda come la vostra l’emergenza Coronavirus crea più problemi finanziari o industriali? 

“Nella Divella ha creato più problemi industriali; per evitare fermate degli impianti in caso di contagio del Corona Virus, ci siamo, da subito, attrezzati con la misurazione della febbre a tutti i nostri dipendenti in entrata, munendoli di mascherine adeguate e guanti; in più, ogni notte sanifichiamo tutti gli ambienti. Problemi finanziari non ne abbiamo avuti in quanto la Divella da sempre si autofinanzia”. 

Una recente ricerca di Mediobanca ha sostenuto che l’industria alimentare, insieme all’elettronica e all’e-commercio, è tra i settori economici che si avvantaggeranno dall’emergenza Coronavirus: sarà così anche per voi? 

“In effetti in questo periodo abbiamo avuto una redditività migliore, dovuta soprattutto alle quantità maggiori prodotte; per il futuro a medio termine ritengo che il nostro settore possa essere ancora avvantaggiato nei consumi, essendo i nostri prodotti  beni di prima necessità”. 

In molte imprese l’emergenza ha favorito una nuova organizzazione del lavoro, a partire dallo smart working: è successo anche a voi? Le novità di queste settimane finiranno con la fine del lockdown o resteranno? 

“Anche noi, ma solo in Amministrazione, abbiamo avuto necessità di utilizzare il Smart Working; per la produzione, invece, non è stato possibile in quanto necessitava la presenza fisica in Azienda dei nostri dipendenti addetti ai macchinari di produzione e di confezionamento; la nostra è un’Azienda tecnologicamente all’avanguardia ma che necessita la presenza del cervello umano”. 

Che effetti ha avuto e avrà la pandemia sulle esportazioni e sulle produzioni all’estero dei vostri prodotti? 

“La Pandemia sulle esportazioni segue e seguirà quanto detto per l’Italia; abbiamo avuto dall’estero, dove esportiamo in 130 Paesi per il 35% della nostra produzione, dai nostri collaboratori nel mondo  una richiesta maggiore del 40%, che abbiamo totalmente evaso, mantenendo inalterati i listini, guadagnando tantissimo in serietà e considerazione”. 

Qual è il vostro giudizio sul lockdown e sull’avvio della Fase 2 decisi dal Governo? 

“Sul Lockdown il giudizio è positivo anche grazie a tutti gli Italiani che si sono comportati bene. Per la Fase 2, le decisioni del Governo sono state positive, soprattutto quella di riaprire a scaglioni le varie attività; a mio avviso andava dato più potere alle Regioni in modo che potessero intervenire autonomamente, stante la diffusione del virus non uniforme per tutto il territorio nazionale. Sussiste ancora, però, una grande confusione con enorme incertezze normative; permettetemi di constatare come ci siano ancora in giro menti diaboliche tanto da voler considerare come infortunio sul lavoro la malattia dei dipendenti positivi al Coronavirus; io credo che vada perseguitato in tutti i modi l’imprenditore che non adotta le misure necessarie, ma se i protocolli di sicurezza vengono rispettati ed il dipendente si ammala come è possibile che la colpa sia dell’imprenditore? Serve più chiarezza per non lasciare margini a dubbi ed interpretazioni, anche perché è lecito domandarsi quante imprese riapriranno stante l’impatto della rigidità delle linee guida sulle attività, l’impatto con l’aumento dei costi di gestione ed il prevedibile calo dei ricavi, e l’impatto con le responsabilità legali. Spero che non diventi una corsa ad ostacoli contro il tempo”. 

Come valuta il Decreto Rilancio del Governo e che effetti avrà sul gruppo Divella? Quali sono le parti positive e quali, secondo voi, le parti da correggere o addirittura cancellare? 

“Sappiamo che il D.L. Rilancio è stato condizionato dalla disponibilità degli Stati Europei danneggiando le PMI; a mio avviso poteva essere utile parametrare le indennità Partite Iva a quelle dei lavoratori dipendenti, poteva essere utile riconoscere agli Imprenditori, Artigiani e liberi Professionisti un “ stipendio “ di tre mesi pari a quello  dei lavoratori dipendenti di 1 o 2 livello. Al Gruppo Divella il Decreto cambia poco e niente. Inoltre cancellerei dal D.L. l’Eco bonus ed il Sisma bonus del 110% in quanto tutti i passaggi di cessione del credito non faranno altro che aumentare in primis la burocrazia e poi danneggiare definitivamente le PMI del settore. Ricordo che per tali interventi ci sono già in essere degli incentivi a regime”. 

Il piano Industria 4.0 dovrebbe essere sostenuto di più?  

 “Occorre incentivare ulteriormente il Piano Industria 4.0; non a caso, le imprese che hanno già introdotto tecnologie abilitanti , stimano una crescita di efficienza produttiva superiore al 30%, proprio grazie all’uso delle nuove tecnologie; oggi esistono, anche,  agevolazioni che vanno dalla Sabatini sino al credito d’imposta per le spese di formazione dei dipendenti”.  

Per arrivare a una nuova normalità, l’Italia dovrebbe puntare a ricostruire il suo sistema industriale ed economico o a rifondarlo rimuovendo le strozzature che da vent’anni le impediscono di crescere? 

“Certamente la riduzione della burocrazia può aiutare la ripresa per cui bisognerà varare un ampio programma di semplificazione burocratica e normativa, abbattendo le barriere per ripartire. Bisognerebbe avere il coraggio finalmente di ridurre il cuneo fiscale e contributivo sul costo del lavoro anche agli imprenditori obbligandoli a reinvestire in Azienda. La scuola è formativa per le nuove leve; probabilmente bisognerà riformare i corsi di studi per riconvertirli verso nuovi modelli. Per ultimo occorre una “scossa” sugli investimenti pubblici e privati. E’ tempo del coraggio, la crisi può diventare un’opportunità”. 

Più in generale, come pensa che la pandemia cambierà gli stili di vita degli italiani e in particolare il tipo di alimentazione? 

“Non credo che si cambieranno gli stili di vita e nemmeno il tipo di alimentazione. Superata la Pandemia si ritornerà ai nostri piatti mediterranei ed alle nostre tradizioni regionali”. 

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