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Distretti, l’export torna a crescere ma crolla il farmaceutico

Nel secondo trimestre 2016 l’export dei distretti tradizionali è tornato in territorio lievemente positivo (+0,2%), in linea con la media nazionale e tedesca. Al netto dei distretti orafi, penalizzati dalla debolezza della domanda mondiale di gioielli, le esportazioni distrettuali hanno registrato un aumento tendenziale dell’1,3%. Il numero dei distretti in crescita è poi salito a 87 (dal minimo di 73 toccato nei primi tre mesi dell’anno), su un totale di 147 distretti monitorati da Intesa Sanpaolo.

Nei mesi primaverili ha, invece, registrato una battuta d’arresto l’export dei poli tecnologici nazionali (-5,7%). Per le realtà hi-tech nazionali si tratta del primo segno meno dopo sette trimestri di crescita consecutiva, scontando su tutti la frenata del polo farmaceutico laziale. Al dato negativo del settore farmaceutico (-12,6%), si contrappongono i risultati positivi dei poli del settore biomedicale (+3,1%), dell’aeronautica (+2,2%) e dell’ICT (+1,5%). 

Tra i distretti tradizionali hanno mantenuto un buon ritmo di crescita le aree specializzate nel sistema casa, dove spiccano le performance delle piastrelle di Sassuolo (+8% la variazione tendenziale nel secondo trimestre) e dei due principali poli del legno-arredo italiani, Livenza e Quartier del Piave (+4,7%) e Brianza (+4,6%). In evidenza anche i due distretti del cartario (+8,1%), Capannori e, soprattutto, Fabriano, entrambi in grado di toccare nuovi record storici di export. Hanno poi mostrato lievi segnali di accelerazione i distretti della meccanica, trainati nuovamente dalle macchine per l’imballaggio di Bologna (+12,8%) e dai due poli veneti della termomeccanica, Padova (+11,6%) e Verona (+9%).

Inoltre, dopo la battuta d’arresto dei primissimi mesi dell’anno, i poli agro-alimentari sono tornati a crescere, spinti da olio toscano (+31,9%), caffè, confetterie e cioccolato torinese (+34,6%), prosecco di Conegliano-Valdobbiadene (+16,3%) e carni di Verona (+16,7%). Con l’eccezione dei prodotti in metallo (in calo tendenziale dell’1,9%), le altre produzioni distrettuali hanno mostrato una sostanziale stabilità dei valori esportati. In questi settori è, però, particolarmente alta la dispersione dei risultati. Nel sistema moda, ad esempio, spiccano le performance di crescita di pelletteria e calzature di Firenze (+6,7%), tessile e abbigliamento di Prato (+6,1%), calzatura sportiva di Montebelluna (+12,3%), calzatura della Riviera del Brenta (+11,9%). Nello stesso settore arretra, invece, significativamente la calzatura veronese.

A livello regionale, spiccano i risultati ottenuti dall’Emilia Romagna (+6,6%), dove, in un contesto di crescita quasi generalizzata (sono cresciuti 15 distretti su un totale di 19 monitorati nella regione), sono state trainanti le piastrelle di Sassuolo e le macchine per l’imballaggio di Bologna, i due poli italiani migliori per crescita in valore assoluto delle esportazioni nel secondo trimestre 2016. L’analisi per mercato di sbocco evidenzia un quadro a luci e ombre. E’, infatti, ripartita (anche se a passo lento) la Germania, si è consolidata la crescita in Spagna, si sono finalmente stabilizzate le vendite in Russia e sono stati ottenuti brillanti risultati in alcuni nuovi mercati, come Repubblica Ceca, Messico, Slovenia, Ungheria, Polonia, Israele e India.

E’ stato poi lievemente positivo il contributo offerto dal Regno Unito. Al contempo, però, sono rimaste in territorio negativo le vendite in Medio Oriente, Brasile e sul mercato cinese. Ma, soprattutto, si è interrotta la crescita delle esportazioni dei distretti negli Stati Uniti (anche se il bilancio dell’export distrettuale su questo mercato nel primo semestre resta positivo e su livelli di massimo storico), dove hanno subito un calo le vendite dei distretti della moda e della meccanica. Nella seconda parte dell’anno l’export dei distretti dovrebbe mantenersi in territorio positivo, anche se il ritmo di crescita resterà contenuto, penalizzato da un quadro internazionale altamente incerto e da una domanda mondiale debole.

In questo contesto un rilancio della domanda europea con politiche economiche meno orientate all’austerità potrebbe ridare slancio alle esportazioni distrettuali. Infatti, nonostante gli importanti successi ottenuti sui mercati extra-europei negli ultimi anni, circa il 50% delle esportazioni distrettuali continuano a essere dirette verso l’Unione Europea (Regno Unito escluso). Tra i settori che potrebbero trarne più vantaggi c’è l’agro-alimentare. Appartengono, infatti, a questo settore i sei distretti con la propensione a esportare sul mercato europeo più elevata, con punte del 97% nel caso dei salumi dell’Alto Adige. Seguono l’ortofrutta dell’Agro Pontino, il florovivaistico del Ponente ligure, l’ortofrutta di Catania, le carni di Verona e l’agricoltura della Piana del Sele. 

Il canale estero, tuttavia, da solo non può bastare a ridare fiato alla crescita del tessuto distrettuale, soprattutto per quelle realtà con una bassa propensione a esportare. Una ripartenza della domanda interna può quindi rappresentare una buona opportunità per quei distretti industriali più orientati al mercato italiano. Tra questi ci sono distretti specializzati in diverse filiere produttive, dal sistema moda (come l’abbigliamento del barese e del nord abruzzese), al sistema casa (legno di Casalasco-Viadanese, mobili in stile di Bovolone, mobile dell’Alta Valle del Tevere, cucine di Pesaro e ceramica di Civita Castellana), all’agro-alimentare (olio e pasta del barese e mozzarella di bufala campana).


Allegati: MONITOR DEI DISTRETTI INDUSTRIALI

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