Piccoli è bello, purchè aggregati. E’ l’Italia che va, o quantomeno che va meno peggio, quella dei distretti industriali, analizzati da Unioncamere che oggi a Roma ha presentato il Rapporto 2014. Il trend è quello solito, evidenziato da mesi: sono le 278mila piccole e medie imprese operanti nei 100 distretti monitorati dall’Osservatorio nazionale quelle che soffrono meno la crisi, e anche quelle che grazie al legame col territorio, alla riconoscibilità e alla qualità del made in Italy riescono a non delocalizzare e anzi in molti casi ad aumentare i livelli occupazionali. Ma senza illudersi più di tanto: appena poco più di una su 10 pensa che nel 2014 la sofferenza sarà alle spalle.
Unioncamere conferma innanzitutto un’altra grande verità: se è vero che il 78% delle aziende dei distretti non ha delocalizzato, e il 2,5% di quelle che lo avevano fatto stanno tornando in Italia (“Siamo il secondo Paese dopo gli Usa nel fenomeno della ri-localizzazione”, ha detto in conferenza il responsabile del Centro Studi Domenico Mauriello), è altresì vero che ancora una volta il grosso del business si fa con l’estero.
L’82% delle aziende distrettuali esporta, gli affari fuori dal Paese pesano in media su oltre la metà del fatturato (54%), e il 58% delle imprese ha persino aumentato la quota di export negli ultimi tre anni, arrivando a superare lo scorso anno i 77 miliardi di euro in termini di saldo commerciale. Non abbastanza da portare i fatturati in crescita, ma da comportarsi per così dire meno peggio rispetto all’andamento del tessuto imprenditoriale extra-distrettuale. “E’ l’export a salvarci – spiega Fulvio Coltorti -, mentre continuano a soffrire pesantemente domanda interna e investimenti”.
Soprattutto gli investimenti in tecnologia: il made in Italy continua a tirare per il suo appeal, ma non fa di certo grandi sforzi per rendersi altamente competitivo. Basti pensare che, sempre secondo i dati Unioncamere, solo il 12% delle aziende è presente sul mercato dell’e-commerce. Senza contare che la tendenza rilevata nel Rapporto è quella di un legame stretto e confermato con il territorio (il 93% ha fornitori stabili, solo il 10% lavora con l’estero, tre imprese su quattro sono a conduzione familiare), e di un rapporto crescente con le istituzioni e il mondo associativo, mentre cala la fiducia nelle banche e soprattutto la collaborazione con università e ricerca.
Nonostante le criticità ancora esistenti, l’effetto distretto si conferma però positivo: sono infatti più le aziende che crescono che quelle che decrescono, mentre al di fuori dei distretti è l’esatto contrario. E poi i distretti sono ancora capaci di creare lavoro, in un contesto di disoccupazione piuttosto drammatico: nelle filiere, che valgono 75 miliardi di euro di valore aggiunto prodotto, sono impiegati 1,4 milioni addetti e nel 2013 quasi tre aziende su quattro hanno creato posti di lavoro in più. Il bilancio complessivo è ancora col segno “meno”, ma con proporzioni più contenute rispetto all’economia extra-distrettuale.
Ma quali sono i distretti che “tirano” di più? La superstar del 2013 è il Veneto e il suo distretto meta-alimentare che coinvolge diverse province, aree di produzione di eccellenza non solo del vino ma anche di pandoro, mandorlato, formaggi; seguito da altri due distretti “cuore” del made in Italy: quello delle pelli, cuoio e calzature di Valdarno Superiore (tra Arezzo e Firenze) e quello tessile-abbigliamento di Empoli (Firenze). La Toscana è la più presente nella top-20 con 6 distretti di cui cinque legati al sistema moda, mentre come unico distretto del Sud nella top-10 emerge l’agro-alimentare campano di Nocera-Gragnano (nella top twenty compare anche l’aerospaziale pugliese).
Guardando le prestazioni delle singole province, sia verso l’Ue che verso i Paesi emergenti comanda sempre Milano, ma considerando solo l’agro-alimentare oltre alle province venete sale il cuneese, che presenta più o meno le stesse caratteristiche come prodotti d’eccellenza. Nel settore metallurgico la leader è Brescia, in quello dell’arredamento Treviso, in quello dei materiali da costruzione Modena. Andando a ben guardare, tuttavia, molti dati risultano in negativo nel 2013 sul 2012: il quadro è dunque ancora nero, e la fiducia risale molto molto timidamente. Secondo Unioncamere anche nel 2014 a trainare un barlume di ripresa saranno soprattutto le vendite sui mercati internazionali: il 52,5% delle aziende distrettuali prevede, infatti, un aumento degli ordini esteri (alla fine del 2012 tale percentuale si attestava al 37,4%). Ma malgrado questi segnali, l’incertezza comunque resta diffusa: solo il 13% delle imprese infatti ritiene che il distretto di appartenenza nell’arco dei prossimi tre anni avrà superato definitivamente la fase critica.