Continua a crescere, seppur a velocità rallentata, il fatturato dei distretti industriali, che nel 2023 ha registrato un incremento dello 0,8% a prezzi correnti, mentre l’export conferma i livelli record toccati nel 2022, rimanendo stabilmente sopra i 150 miliardi di euro, trainato da Meccanica e agroalimentare. L’avanzo commerciale è invece salito di 4,4 miliardi di euro (+4,8%) e ha toccato un nuovo massimo a 94,3 miliardi di euro. Sono questi i dati principali che emergono dalla sedicesima edizione del Rapporto annuale sui Distretti Industriali realizzato dal Research Department di Intesa Sanpaolo.
La ricerca è stata presentata oggi a Milano alla presenza del presidente di Intesa Sanpaolo professor Gian Maria Gros-Pietro, del chief economist Gregorio De Felice e della responsabile della Ricerca Industry & Local Economies Stefania Trenti.
Distretti industriali: meccanica e agroalimentare spingono il fatturato
Dopo il balzo registrato nel biennio 2021-22, il fatturato dei distretti industriali nel 2023 è stimato in aumento dello +0,8% a prezzi correnti, collocandosi abbondantemente sopra i livelli del 2019 (+20% circa a prezzi correnti). “Si tratta di una performance decisamente positiva e superiore a quella delle imprese non distrettuali”, si legge nel rapporto che mette in luce come tutti i settori mostrano valori del fatturato maggiori rispetto a quelli del 2019.
A spiccare sono, in particolare, i distretti specializzati nella meccanica e nell’agroalimentare che anche nel 2023 hanno registrato una buona crescita del fatturato, grazie alle performance ottenute sui mercati internazionali (+7,9% e +4,5% rispettivamente la crescita dell’export).
L’export si conferma a livelli record
Nel 2023 l’export distrettuale è rimasto sostanzialmente stabile (152,7 miliardi) confermando i livelli record toccati nel 2022 quando per la prima volta si era superata di slancio la quota dei 150 miliardi di euro esportati.” I distretti hanno saputo superare la debolezza del mercato tedesco cogliendo le opportunità di crescita presenti in altri mercati”, spiegano gli esperti di Intesa Sanpaolo. “Si tratta di un’ulteriore conferma della straordinaria capacità e velocità di adattamento delle imprese distrettuali che spiccano nel panorama italiano per propensione all’export e capacità di creare valore nel territorio”, proseguono.
Nel 2023, infatti, l’avanzo commerciale dei distretti è salito di altri 4,4 miliardi di euro (+4,8%), toccando la quota record di 94,3 miliardi di euro.
Cresce “la produttività di più rispetto al resto dell’Europa. I distretti guidano gli aspetti positivi del cambiamento. Le logiche delle imprese dell’ultimo decennio sono state superate. È cambiato lo spirito imprenditoriale“, afferma Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo.
La classifica dei distretti industriali
Oreficeria di Valenza, macchine agricole di Reggio Emilia e Modena, Vini e distillati del bresciano Gomma del Sebino Bergamasco Meccatronica di Trento. Sono i cinque distretti ai vertici della classifica dell’Ufficio Studi di Intesa Sanpaolo che tiene conto delle migliori performance di crescita, redditività e patrimonializzazione.
Distretti industriali: fatturato in crescita anche nel 2024 e nel 2025
Le attese sono positive anche per il biennio in corso, con gli economisti di Intesa Sanpaolo che prevedono un aumento del fatturato a prezzi correnti delle imprese distrettuali pari al +1,1% nel 2024 e del +2% nel 2025. Ancora in evidenza agroalimentare e meccanica. “Il primo settore potrà contare su un potenziale di crescita inespresso sui mercati internazionali. Il secondo beneficerà della maggior domanda di beni di investimento attivata dalla transizione digitale e green”, prevedono gli analisti di Intesa, secondo cui indicazioni positive arrivano anche dagli indicatori di redditività che hanno mostrato una buona tenuta nonostante la crisi energetica. A fronte di un lieve ridimensionamento dell’ebitda margin, il Roi delle imprese distrettuali si è rafforzato, grazie a un utilizzo più efficiente del capitale investito. Sul fronte reddituale sono state premiate le imprese con impianti di autoproduzione di energia. Il 16,6% delle imprese ad alta marginalità sia nel 2019 sia nel 2022 è dotato di un impianto di energia rinnovabile, cinque punti percentuali in più rispetto alle altre imprese. Queste differenze sono significative in ogni dimensione aziendale e settore e sono particolarmente pronunciate tra le medie imprese, nel sistema moda e nella filiera dei metalli.
Si rafforza anche la patrimonializzazione
È proseguito il processo di rafforzamento patrimoniale delle imprese distrettuali: il patrimonio netto in percentuale del passivo è salito sopra la soglia del 30% nei distretti, leggermente superiore ai valori osservati al di fuori dei distretti. Questa percentuale è raddoppiata in vent’anni (era di poco sotto il 16% nel triennio 1998-2000).
Il confronto tra imprese distrettuali attive da più di vent’anni e imprese cessate dopo il 2001 evidenzia poi come le differenze maggiori si osservino soprattutto in termini di grado di patrimonializzazione che, nel quadriennio 1998-2001, nelle prime era salito al 22,2%, circa il doppio rispetto alle seconde. “Ciò significa che l’accresciuta patrimonializzazione delle imprese rappresenta un’importante protezione contro i rischi geo-politici e le turbolenze presenti nell’attuale scenario macroeconomico”, commentano gli analisti.
Transizione green e digitale sono i driver degli investimenti
L’indagine condotta a novembre-dicembre sulla rete di gestori di Intesa Sanpaolo mostra una crescita degli investimenti delle imprese distrettuali diretti a efficientare i processi produttivi e a potenziare l’autoproduzione di energia. Sempre secondo i gestori, la doppia transizione green e digitale è, e sarà, il principale driver degli investimenti in Italia e nei distretti industriali; una spinta importante potrà venire dagli incentivi a favore di transizione 5.0, che complessivamente prevedono circa 13 miliardi di euro di crediti d’imposta. Una maggiore diffusione del digitale nel sistema produttivo si può tradurre in un aumento del tasso di crescita potenziale del nostro Pil. Le imprese con investimenti 4.0 ottengono, infatti, vantaggi importanti in termini sia di crescita (+32,5% l’aumento del fatturato tra il 2019 e il 2022, una percentuale doppia rispetto a quelle non 4.0) sia di produttività (pari nel 2022 a 76 mila euro vs 60 mila euro). Un quarto delle imprese distrettuali è riuscito a contenere l’aumento delle bollette al 4% nel quinquennio 2019-2023.
Per quanto riguarda il digitale, nonostante i progressi fatti negli ultimi anni, la diffusione di alcune tecnologie nei settori ad alta intensità distrettuale è ancora bassa. Se, infatti, è alta la quota di imprese manifatturiere italiane che utilizzano servizi di cloud computing (siamo al 61,2% vs il 46,3% nella media dell’Unione Europea), non altrettanto si può dire per l’analisi dei dati (24,3% vs 27,4%), l’e-commerce (15,2% vs 20,8%) e l’intelligenza artificiale (4,9% vs 6,8%). Tra i settori ad alta intensità distrettuale, spicca soprattutto il settore alimentare e bevande che evidenzia un posizionamento migliore rispetto alla media europea per analisi dati e intelligenza artificiale e un divario contenuto sull’e-commerce. Ritardi maggiori emergono, invece, per il sistema moda italiano.
Tanti fattori d’incertezza, ma il tessuto produttivo italiano può superarle
Il rapporto offre una fotografia aggiornata della situazione economico-reddituale delle imprese distrettuali. Ne emerge un quadro confortante sullo stato di salute delle imprese, tutt’altro che scontato visto il periodo di forte turbolenza e incertezza che ha caratterizzato gli ultimi anni. A partire dal 2020 le imprese si sono infatti trovate ad affrontare un susseguirsi ravvicinato di eventi avversi. Le analisi contenute nel rapporto mostrano che le imprese distrettuali hanno saputo superare, rafforzandosi, dapprima il Covid, con il blocco delle produzioni e le difficoltà di approvvigionamento che ne sono conseguite, e successivamente la guerra in Ucraina che ha portato in Europa forti rincari energetici e criticità nelle forniture di alcune materie prime importate dai paesi interessati dal conflitto. In questo contesto, la crescita cumulata italiana tra il 2021 e il 2024 è pari a +5,7% contro il +3,3% dell’area euro, il 3,9% della Francia e l’1,5% della Germania. Tra i grandi Paesi ha fatto meglio solo la Spagna, con +10,2%.
Il quadro geo-politico si è però ulteriormente deteriorato sul finire del 2023, quando, sempre alle porte dell’Europa, è iniziata una nuova guerra tra Israele e Hamas che, al pari di quella in Ucraina, è tuttora in corso. Tra gli elementi di incertezza che caratterizzano l’attuale scenario vi sono anche le prossime elezioni in Europa e negli Stati Uniti.
“Il tessuto produttivo italiano ha le risorse per affrontare questa fase complessa”, si legge nel report, che sottolinea soprattutto il “poderoso processo di riposizionamento strategico” che ha visto crescere gli investimenti italiani in macchinari, mezzi di trasporto e ICT del 29,3% tra il 2016 e il 2023 a prezzi costanti e, al contempo, salire significativamente il grado di patrimonializzazione delle imprese. “Ciò ci consente di guardare con ottimismo alla ripresa che ci attendiamo partire nella seconda parte del 2024 e intensificarsi nel corso del 2025 quando si saranno dispiegati gli effetti del rientro dell’inflazione, del taglio dei tassi di interesse e della spinta dei fondi del PNRR”, dichiarano gli economisti di Intesa Sanpaolo.
De Felice: “Miglioramento congiunturale nel 2024, il taglio dei tassi comincerà dalla Bce”
“C’è tanta incertezza e una situazione tesissima nel Middle East” ma, nonostante questo, si prevede “un miglioramento congiunturale nel corso di quest’anno, con un secondo semestre migliore del primo, con tassi di crescita più elevati nell’arco del 2025”, afferma. Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo. “I flussi commerciali che erano stati pià deboli nel 2023 mostrano segnali di ripresa e i dati sono migliori del previsto sia negli Usa che nell’Eurozona dove si è toccato il punto di minimo. In miglioramento la Cina”. La vicenda dei missili iraniani contro Israele “credo non implichi esplicitamente un coinvolgimento dell’Iran nel conflitto: è un’azione simbolica, in risposta all’attacco israeliano all’ambasciata iraniana. Per De Felice, “il punto chiave è che la comunità internazionale convinca Israele a limitare possibili contro reazioni”.
L’Inflazione è in diminuzione, se pure ancora con volatilità nel corso dell’anno, intorno alla soglia del 2%. Riteniamo che questa volta il ribasso dei tassi cominci dalla Bce piuttosto che dagli Usa: la previsione è di un calo dei tassi di interesse già con la prossima riunione del 6 giugno, a cui ne seguiranno altri tre nel corso del 2025”, ha continuato De Felice, sottolineando che “Negli Usa si ritiene che sia possibile un rinvio a luglio o a settembre dell’inizio del ciclo di ribassi dei tassi”. Comunque “non stiamo vedendo nessun ‘soft landing’ in realtà, nessun atterraggio, stanno procedendo verso l’alto”.