Nel periodo più difficile dell’ultimo secolo tra pandemia, guerra, siccità e blocco degli approvvigionamenti, il tessuto industriale italiano mostra filiere ben strutturate e imprese resilienti, le quali, se le tensioni si dovessero attenuare, potrebbero vedere buone opportunità.
A condizione però che le imprese aumentino gli investimenti in innovazione e tecnologia anche green, consolidino la dimensione e migliorino formazione, governance e competenze, approfittando anche del Pnrr. Lo scenario futuro, a causa soprattutto del conflitto, della distribuzione e dei prezzi è visto complesso e incerto.
È il quadro che emerge dalla quattordicesima edizione del Rapporto annuale che la Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo dedica all’evoluzione economica e finanziaria dei distretti industriali. Il rapporto è stato illustrato stamane da Gian Maria Gros-Pietro, presidente del consiglio di amministrazione di Intesa Sanpaolo, Gregorio De Felice, chief economist e Fabrizio Guelpa, responsabile della Ricerca Industry & Banking.
Export: record storico nel 2021, ok il primo trimestre 2022
Ha picchiato forte la pandemia sulle imprese manifatturiere distrettuali registrando un calo del fatturato del 14,5% nel 2020 (a prezzi correnti e in valori mediani). Ma l’anno successivo, secondo le stime di Intesa Sanpaolo, è arrivato il rimbalzo: il fatturato è cresciuto del 25,2%, superando anche del 4,3% i livelli pre-covid.Solo il sistema moda non ha ancora pienamente recuperato quanto perso nel corso del 2020.
A far da traino, con una potenza mai vista, sono state le esportazioni che nel 2021 hanno sfiorato i 133 miliardi di euro, nuovo record storico, e che nel primo trimestre di quest’anno mostrano ancora un +19,3% (+16% rispetto al 2019) con punte superiori al 20% in molte regioni: la Lombardia ha visto la performance migliore (+25,5%), seguita a ruota da Umbria (+25,2%), Friuli-Venezia Giulia (+24,5%), Puglia (+24,1%), Toscana (+23,3%).
I settori che hanno visto le migliori performance in questo ambito sono la metallurgia, elettrodomestici e alimentare
Distretti industriali: 845 imprese champion fanno da traino
C’è un nucleo di aziende trainanti tra i distretti che si sono dimostrate resilienti durante la pandemia. Si tratta di 845 imprese distrettuali, pari al 4,7% del totale, che nel corso del 2020 sono cresciute, hanno registrato buoni livelli di Ebitda margin (oltre l’8%) e un grado di patrimonializzazione superiore al 20%.
Queste imprese particolarmente resilienti, che hanno anche aumentato gli addetti tra il 2018 e il 2020, sono più diffuse tra i soggetti medio-grandi e in alcuni settori come mezzi di trasporto, agro-alimentare, meccanica e intermedi. Il maggior numero di imprese champion si trova in Lombardia (262) e Veneto (208), mentre per incidenza si sono messe in evidenza Trentino-Alto Adige (9,2%), Campania (6,4%) e Puglia (6%).
Ecco la classifica dei migliori Distretti industriali italiani
Quest’anno ai primi tre posti della classifica dei migliori Distretti industriali italiani si posizionano le Macchine agricole di Padova e Vicenza, la Camperistica della Val d’Elsa e le Macchine agricole di Reggio Emilia e Modena.
Seguono le Materie plastiche di Treviso, Vicenza Padova, I vini di Langhe Roero e Monferrato, la Florovivaistica di Pistoia, l’alimentare di Parma, Gomma del Sebino Bergamasco, Rubinetteria e valvolame di Cusio-Valsesia, Meccatronica dell’Alto Adige, Rubinetti Valvole, Pentolame di Lumezzane, Lattiero-caseario sardo, Carni e salumi di Cremona e Mantova, Nautica di Viareggio, Meccatronica di Trento, Gomma e materie plastiche di Varese, Salumi di Parma, carni di Verona, Nocciola e frutta piemontese e mozzarella di bufala campana.
Con il conflitto e le commodity impazzite il quadro è complesso e incerto
Il conflitto bellico in Ucraina potrebbe compromettere quegli equilibri economico-finanziari così accuratamente cuciti durante la crisi pandemica.
“L’invasione russa dell’Ucraina ha profondamente modificato lo scenario macroeconomico, che è complesso e incerto. Le imprese si trovano a operare con prezzi delle commodity volatili ed elevati” dice il rapporto che sottolinea anche il venir meno “almeno momentaneamente del mercato russo e ucraino che per i Distretti nel 2021 valeva 3,2 miliardi di euro, il 2,4% del totale”.
L’auspicio è che si arrivi a una regionalizzazione su base continentale delle catene globali del valore: in questo caso i problemi di approvvigionamento innestati dalla pandemia e poi amplificati dall’invasione russa verrebbero attenuati e per i Distretti italiani si potranno aprire opportunità grazie alla presenza di filiere strutturate e di un buon nucleo di imprese resilienti.
In termini di valore le regioni più esposte sono il Veneto (805 milioni di euro), la Lombardia (771 milioni) e l’Emilia-Romagna (531 milioni). In termini di incidenza spiccano Umbria (10,8%) e Marche (5,7%), seguite a distanza dall’Abruzzo (3,1%).
I punti di forza dei distretti industriali
Da una parte il rapporto evidenziala l’importanza della centralità delle filiere produttive come fattore di competitività nei prossimi anni: “Nei Distretti la distanza media degli approvvigionamenti è molto contenuta, benché aumentata nel corso della pandemia: nel 2021 è stata pari a 116 chilometri, 24 in meno rispetto alle aree non distrettuali. È più elevato il numero medio di fornitori per azienda (29 vs 25)” sottolinea i rapporto.
Dall’altra viene sottolineata la capacità di presidiare i mercati esteri che storicamente presentano una maggiore internazionalizzazione, misurata dal numero di partecipate estere (29 ogni 100 imprese vs le 19 delle aree non distrettuali) e dalla quota di imprese che esportano (62,1% vs 52,2%). I Distretti sono ben posizionati anche in termini di capacità brevettuale, con 70,7 brevetti ogni 100 imprese; le aree non distrettuali si fermano a 51,5.
Il Pnrr per migliorare i processi produttivi e il commercio
Per il sistema economico italiano il Pnrr rappresenta un’opportunità unica, dice il rapporto: può essere di aiuto per rilanciare la propensione a investire, per migliorare i processi produttivi e la fase commerciale grazie al miglioramento delle tecnologie. Ma può essere un sostegno anche per le persone e le competenze, per la ricerca di nuove soluzioni, per l’economia circolare e le fonti rinnovabili.
In particolare, il Pnrr dedica molta attenzione al rapporto tra scuola e imprese, al rilancio della ricerca di base e applicata e, relativamente alla sostenibilità e al green, c’è la promozione delle comunità energetiche fenomeno molto recente e ad alto potenziale soprattutto nei Distretti Industriali, visti gli elevati livelli di condivisione dell’energia prodotta che si possono raggiungere e l’intensità energetica più elevata nei Distretti (4,1% di imprese energivore vs 3,0%)
Le sfide: investimenti, competenze e governance
I punti di forza dei Distretti rappresentano risorse cruciali, ma non sufficienti per affrontare il difficile contesto economico che si sta delineando, dice il rapporto.
“Le filiere distrettuali potranno continuare a rappresentare un fattore di competitività solo se gli attori che le compongono sapranno rinnovarsi e rafforzare le loro relazioni strategiche, attraverso un’accelerazione degli investimenti in innovazione e tecnologia anche green, un consolidamento dimensionale e la formazione e l’inserimento in azienda di nuove competenze”.
È vero che in alcuni settori del Nord-Est ad alta vocazione distrettuale, come l’agro-alimentare, il legno-arredo e la meccanica, emerge un’accelerazione nell’adozione di tecnologie Industry 4.0 a partire dal 2017. Tuttavia, ciò riguarda in larga parte aziende medio-grandi: tre su quattro hanno adottato tecnologie 4.0. Invece solo una su cinque tra le micro agisce in questa direzione.
Anche sul fronte ambientale si può fare di più: in un settore come il legno-arredo ad alta intensità distrettuale, nell’ultimo triennio poco meno di un’impresa su tre ha acquistato macchinari efficienti che riducono il consumo energetico. Si scende addirittura sotto il 6% quando si considera la quota di imprese che ha realizzato investimenti in impianti per la produzione di energia elettrica da rinnovabili o per la produzione di energia termica da rinnovabili o di cogenerazione e/o recupero di calore.
Un’altra area di miglioramento riguarda la governance e le competenze. Nel biennio 2020-21 il processo di rinnovamento generazionale sembra aver subito una frenata: la quota di imprese distrettuali che hanno apportato modifiche al proprio board è, infatti, scesa al 13,2% nel 2020 e al 12,2% nel 2021, dopo che tra il 2016 e il 2019 era stata sempre abbondantemente sopra il 14%, rimanendo comunque superiore alle aree non distrettuali.
Gros-Pietro: “Impariamo a trarre vantaggio dai cambiamenti”
Gros-Pietro è intervenuto durante la presentazione del rapporto sottolineando che è vero che ci troviamo davanti a grandi cambiamenti, ma da una parte occorre prepararsi a convivere con essi, dall’altra bisogna anche cercare di trarne vantaggio.
La domanda fondamentale è: ce la faranno imprese di non grandi dimensioni a superare questo periodo difficile ? Certamente le imprese devono puntare sugli investimenti, aumentare la produzione e anche migliorare la struttura finanziaria, come stanno facendo già da anni. In questo ambito il presidente dell’istituto milanese ha sottolineato che il problema non è la liquidità, che è già di buon livello nel sistema italiano. Semmai il problema riguarda l’utilizzo di tale liquidità che potrebbe servire per gli investimenti. Ma in questo caso le aziende evidenziano la mancanza di chiarezza nelle direttive e delle prospettive. “La nostra banca – ha concluso- è ben presente e accanto alle imprese italiane, sia tramite erogazioni, sia con la formazione dei manager e delle stesse imprese per aiutarle e informale circa l’utilizzo delle opportunità che verranno offerte dal Pnrr”.
De felice, dopo aver sottolineato il buon andamento delle imprese italiane nel 2021 e all’inizio del 2022, ha sottolineato che anche l’intero 2022 potrebbe vedere, nonostante la crisi in atto, un fatturato che si manterrà a due cifre, probabilmente sopra il 10%. L’economista ha inoltre evidenziato che l’economia italiana è migliore di quella tedesca, sia per il fatto di avere una filiera più corta, sia perché le imprese italiane, che si collocano su una fascia medio-alta, sono in grado di trasferire almeno una parte dell’aumento dei costi a monte sui prezzi finali.
De Felice ha poi illustrato le prospettive geopolitiche possibili. “Si sta andando verso una nuova globalizzazione” ha detto. “Si potrebbe vedere una bipolarizzazione con Usa ed Europa da una parte e Cina e Russia dall’altra. Oppure un nuovo polo più affascinate, imperniato sull’Europa, con al centro il Mar Mediterano e a sud l’Africa: in questo modo il ruolo dell’Italia tornerebbe ad essere centrale e importante, mentre anche l’Africa, con le sue risorse potrebbe essere di grande sostegno alle economie soprattutto nell’ambito delle energie rinnovabili”.
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