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Disoccupazione al 13,2% in ottobre ma 400.000 posti fissi in più

Tarda a concretizzarsi la ripresa del mercato del lavoro in Italia. Anzi, nonostante l’aumento – comunicato in mattinata dal Governo – del 7% su base annua dei contratti di lavoro a tempo indeterminato, proprio oggi l’Istat ha reso noto che il tasso di disoccupazione ha toccato a ottobre il massimo storico, con un balzo al 13,2% rispetto al 12,9% del mese precedente.

I dati diffusi dall’Istat mostrano un deterioramento complessivo con ancora una volta i giovani, gli under 24, a pagare il conto più salato. Il tasso di disoccupazione tra i giovani tra 15 e 24 anni registra infatti una vera e propria impennata al 43,3%, in aumento di 0,6 punti rispetto al mese precedente e di 1,9 punti su base annuale.

Sempre tra i giovani peggiora anche il quadro degli inattivi, un esercito pari a 4 milioni 338 mila, in aumento dello 0,3% nel confronto congiunturale (+11 mila) e in diminuzione dell’1,2% su base annua (-53 mila). Il tasso di inattività dei giovani tra 15 e 24 anni, pari al 72,6%, aumenta di 0,2 punti percentuali nell’ultimo mese mentre cala di 0,4 punti nei dodici mesi. Va meglio invece per gli over 50: al persistente calo degli occupati di 15-34 anni e dei 35-49enni (-1,6% in entrambi i casi), continua a contrapporsi la crescita di quelli con almeno 50 anni (+5,5%).

Tornando all’occupazione complessiva, a ottobre gli occupati sono nel Paese 22 milioni 374 mila, in diminuzione dello 0,2% rispetto al mese precedente (-55 mila) e sostanzialmente stabili su base annua. L’Istat rileva anche che la sostanziale stabilità dell’occupazione italiana si accompagna alla crescita di quella straniera (+128.000 unità). Il numero di disoccupati invece, pari a 3 milioni 410 mila, aumenta del 2,7% rispetto al mese precedente (+90 mila) e del 9,2% su base annua (+286 mila). 

Poco prima del negativo bollettino dell’Istat, il Ministero del Lavoro (in base ai primi dati sulle Comunicazioni Obbligatorie) aveva evidenziato un andamento positivo dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato nel terzo trimestre 2014, pari ad oltre 400mila nuovi contratti, con un aumento tendenziale del 7,1% rispetto ad un anno prima, concentrato nei settori dell’industria e dell’agricoltura; mentre risultano diminuiti gli avviamenti nel settore dei servizi, tranne che nell`istruzione, che presenta più di 17mila nuovi contratti a tempo indeterminato. Complessivamente, secondo i dati in possesso del Ministero, gli avviamenti di rapporti di lavoro dipendente e parasubordinato sono stati 2 milioni e 474mila, con un aumento del 2,4% rispetto al terzo trimestre del 2013.

Sono aumentate però anche le cessazioni dei rapporti di lavoro, che sono state 2 milioni e 415mila, con una dinamica di +0,9% rispetto all’anno precedente dovuta ad una crescita delle cessazioni a termine dei contratti a tempo determinato (che rappresentano il 65% del totale delle cessazioni). Proprio i rapporti di lavoro a tempo determinato rappresentano circa il 70% dei nuovi contratti, con un incremento dell’1,8% rispetto al terzo trimestre 2013. Questa tipologia contrattuale soddisfa in particolare le esigenze dell’agricoltura per circa 460mila contratti, con un aumento rispetto al terzo trimestre 2013 del 10,6%.

I contratti di apprendistato crescono anche loro del 3,8%, confermando, pure in termini più contenuti, la tendenza che si era già evidenziata nel secondo trimestre, nel quale avevano fatto registrare un balzo del 16%. “Questi dati, in continuità con quelli relativi al secondo trimestre – afferma il ministero in una nota -, confermano che il cosiddetto decreto Poletti, convertito nella legge 78/2014, ha prodotto l`esito che era auspicabile, cioè un incremento dei contratti a tempo indeterminato e dei contratti di apprendistato”.

Il quadro trova conferma nei dati del terzo trimestre 2014 forniti dall’Istat. Torna a crescere il numero di occupati (+0,5%, pari a 122.000 unità in un anno), dovuto ad un nuovo aumento nel Nord (+0,4%, pari a 47.000 unità) e nel Centro (+2,1%, pari a 98.000 occupati) e al rallentamento della caduta nel Mezzogiorno (-0,4%, pari a -23.000 unità). La crescita riguarda entrambe le componenti di genere, in particolar modo le donne (+0,9%, pari a 87.000 unità). 

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