Esattamente 20 anni fa, il 12 aprile 1992, Topolino sbarcava dalle parti di Parigi per dare vita alla destinazione turistica più frequentata d’Europa, con i suoi 250 milioni di visitatori nel corso di tutto il ventennio: Disneyland Paris, 2mila e passa ettari alle porte della capitale francese completamente immersi nel fantastico mondo di principesse ed eroi animati. E, purtroppo, anche completamente sommersi dai debiti.
Nell’ultimo esercizio il parco di divertimenti, di proprietà del gruppo Euro Disney S.c.a. controllato al 51% dalla statunitense Disney S.a.s, ha infatti registrato ulteriori perdite per 56 milioni di euro, che portano il debito complessivo a 1,8 miliardi, accumulati soprattutto nel secondo decennio. Nel corso della sua storia Disneyland Paris ha registrato solo 7 esercizi in positivo (dal 1994-95 al 2000-01), mentre per ben due volte ha dovuto ristrutturare l’azienda per evitarne il fallimento. Questo è accaduto nel 1994, quando un piano di salvataggio guidato da una cordata saudita presieduta dal principe Al-Waleed contribuì a ridurre il debito, che era subito schizzato a 16 miliardi, a 10 miliardi. Il secondo intervento è avvenuto dieci anni dopo, nel 2004, anche se da allora Topolino e soci non hanno fatto altro che accumulare altre perdite. Il titolo in Borsa, che esordì nel ’92 a circa 82 franchi per azione (12,5 euro) è ora precipitato ai 4,45 euro della chiusura di ieri, dopo aver toccato il minimo storico nel 2000 con 0,47 euro per azione. Per non parlare poi delle continue guerre sindacali, che hanno fatto di quello di Walt Disney un mondo tutto fuorchè fantastico: 180 sono stati gli accordi aziendali firmati, e spesso conquistati a suon di cause giudiziarie e scioperi. Anche se l’azienda amministrata da Philippe Gas tiene sempre a sottolineare che l’87% degli impiegati sono assunti a tempo indeterminato, che il 42% di loro è legato all’azienda da un’anzianità almeno decennale e che l’80% del management è stato nominato tramite promozione interna.
Ma se dal punto di vista finanziario la Topolinia di Francia è stata un flop, il suo successo commerciale è stato altrettanto innegabile. Sin dal primo anno di vita, il parco di Marne-la-Vallée si è imposto come prima destinazione turistica del continente con 10,6 milioni di visitatori, confermati anno per anno sino ad arrivare al record assoluto stabilito proprio nel 2011 con 15,6 milioni di turisti accolti, ossia il 6,2% dell’intero turismo francese. C’è anche da dire però che oltre la metà di questa cifra arriva dal mercato interno (solo il 4%, per esempio, dall’Italia) e che il complesso potrebbe arrivare ad ospitare più di 17 milioni di visitatori annui. La crisi, inoltre, si è fatta sentire eccome: nonostante gli aumenti delle tariffe e il cambio con l’euro, ogni turista, tra una foto con Paperino e un giro sulle montagne russe, spende in media 46 euro. Non poco, ma appena 3 euro in più di quanto già facesse nell’aprile ’92.
Tuttavia, il successo o l’insuccesso di Disneyland non va valutato solo all’interno delle quattro mura del parco. L’impatto sull’economia francese, in particolare su quella della cosiddetta Val d’Europe, piccola area dell’Ile-de-France a una trentina di km a est di Parigi e raggiungibile comodamente con la RER, è stato infatti a dir poco eccezionale. Un agglomerato fino a 20 anni confinato – come tutto il resto della banlieue – nel suo anonimo destino all’ombra della ricca e opulenta capitale, ha visto crescere la sua popolazione da 3mila a 25mila abitanti, con altrettanti posti di lavoro creati: un investimento da 7 miliardi di euro (di cui 1 pubblico) che ha generato un valore aggiunto di 50 miliardi, con stimati 55mila nuovi impieghi contando quelli indiretti e indotti (un posto di lavoro ogni tre creati Oltralpe, 15mila solo nel parco divertimenti). Di fianco a Disneyland sorge anche uno dei centri commerciali più grandi di Francia, che secondo il nuovo piano turistico diventerà a breve il più grande con più di 200mila metri quadrati di superficie. Nel progetto ci sono anche la costruzione di 3.500 nuovi alloggi; i Villages Nature, parchi creati intorno ai temi dell’acqua e dello sviluppo sostenibile; il potenziamento dei Walt Disney Studios e perchè no, entro il 2020, la realizzazione di un terzo complesso di attrazione.
Altro che Topolino, roba da Paperon de’ Paperoni.
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