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Difesa: per i produttori Ue di armi crescono ordini e capitalizzazioni di Borsa. Leonardo e Fincantieri comprese. Il caso Rheinmetall

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Si gonfiano i portafogli ordini delle aziende produttici di armamenti e parallelamente salgono in Borsa i titoli delle aziende quotate, con l’attenzione anche da parte dei grandi fondi di investimento Usa. Per i prossimi anni ci sarà ancora crescita. Intanto il Borussia Dortmund sarà la prima squadra a farsi sponsorizzare da una società degli armamenti, la tedesca Rheinmetall, che per altro entra nel mirino dei cecchini di Putin.

Nel 2023 ordinativi per 100 miliardi di euro per le big Ue delle armi

Nei primi sei mesi di quest’anno gli ordinativi dei principali gruppi della difesa europei hanno mostrato un continuo e consistente incremento, tanto che il portafoglio complessivo del 2024 batterà sicuramente quello già pingue del 2023. I nuovi ordini di armamenti e apparati di sicurezza ricevuti dalle big della difesa sono ammontati a 100 miliardi di euro, secondo un’analisi del Corriere della Sera sulla base dei bilanci. In totale, a fine anno, il loro portafoglio commesse ammontava a quasi 339 miliardi, il 13% in più rispetto al 2022, che pure aveva visto un già rilevante incremento delle spese.

Ma la corsa all’acquisto di carrarmati, elicotteri, munizioni, aerei da guerra e via dicendo, sta continuando anche in questi primi sei mesi del 2024. “Gli ordinativi coprono ormai diversi anni di produzione. L’offerta delle aziende della difesa fatica a stare dietro alla domanda che, a giudicare dai piani dei governi europei, si prevede rimarrà elevata per almeno 5-10 anni” ha detto Alessandro Ercolani, ceo di Rheinmetall Italia, fresca di un’intesa con Leonardo da 20 miliardi per la fabbricazione di carri armati per l’esercito italiano.

Mediobanca stima spese per la difesa fino a 80 miliardi all’anno entro il 2035

Secondo una recente stima di Mediobanca, le spese dei governi dell’Unione europea per la difesa potranno aumentare fra i 40 e gli 80 miliardi all’anno entro il 2035. Tutto dipenderà innanzitutto dagli impegni previsti dai trattati Nato. Già l’anno scorso 11 dei 32 Paesi aderenti al patto atlantico hanno speso il 2% del Pil in difesa, il numero più elevato da quando l’obiettivo di spesa è stato fissato nel 2006. Gli analisti di Piazzetta Cuccia prevedono un’alternaza della partecipazione alla spesa per la defesa: maggiore per alcuni membri dell’alleanza, meno per gli Stati Uniti, specie se Donald Trump dovesse vincere le presidenziali e tener fede alla promessa di ridurre l’impegno degli Stati Uniti nei teatri di guerra globali. Per altro la stessa Nato sta valutando di incrementare l’obiettivo di investimento al 2,5% del Pil. Per l’Italia, oggi ferma all’1,6%, significherebbe uno sforzo da oltre 20 miliardi all’Italia.

L’obiettivo di Bruxelles di ridurre la dipendenza militare dall’estero

Un’altra spinta per l‘industria europea della difesa potrebbe arrivare da Bruxelles. La Commissione infatti, rilevato che solo in parte i benefici di questi ordinativi ricadono in territorio europeo, si è prefissata l’obiettivo di ridurre la dipendenza militare dall’estero, raddoppiando al 60% entro il 2035 la quota di produzione domestica di armi. Un proposito che, se rispettato, dovrebbe trasformarsi in una spinta da altri 40 miliardi all’anno per l’industria europea della difesa.

L’Europa infatti si procura all’estero gran parte delle forniture di armamenti al momento. Secondo uno studio del think-tank francese Institut de relations internationales et stratégiques, le aziende extracomunitarie hanno ottenuto il 78% degli ordini di equipaggiamenti militari effettuati dai Paesi Ue nel biennio della guerra ucraina. In prima fila ci sono i colossi Usa come Lockheed Martin, Rtx e Boeing che ne hanno beneficiato per 80%, seguiti dai gruppi sudcoreani come Hanwha.

Crescono le quotazioni in Borsa dei Big delle armi, Leonardo e Fincantieri comprese: questi i numeri in prospettiva

Gli investitori di Borsa si buttano sui produttori di armamenti e sistemi di sicurezza i cui titoli hanno fatto scintille. Proprio Rheinmetall dall’invasione russa dell’Ucraina del 24 febbraio 2022 ha più che quintuplicato la sua capitalizzazione di Borsa, passata da 4 a oltre 22 miliardi di euro nel giro di due anni e mezzo. Andamenti simili hanno registrato anche altre società, fra cui Rolls Royce (+331%), Bae Systems (+97%) e le italiane Leonardo (+240%) e, in misura minore, Fincantieri (+24%) che, forte di 10 miliardi di ordini di navi militari, ha appena raccolto da un aumento di capitale da 400 milioni con il quale vuole finanziare l’acquisizione dei sonar e dei siluri subacquei dell’ex Wass di Leonardo, snodo cruciale nei piani del ceo Pierroberto Folgiero per assicurare al gruppo della navalmeccanica la leadership nella subacquea.

La scommessa dei grandi fondi Usa

I grandi fondi statunitensi puntano in modo consistente su questi settori. Il colosso Blackrock, per esempio, è il maggiore azionista di Rheinmetall con il 5,5% e ha anche partecipazioni significative in Bae Systems (4%) e Rolls Royce (2,9%). Ma anche altri fondi come Vanguard, Capital Research & Management, Invesco hanno partecipazioni significative nella difesa europea. In Leonardo gli investitori nordamericani detengono nel complesso il 57,2% del capitale, una quota superiore al 30,2% in mano al ministero allo Stato Italiano.

Il Borussia Dortmund è la prima squadra a farsi sponsorizzare dal mondo delle armi

Il sentiment per il mondo bellico si stia trovando a una svolta, si può vedere anche in settorei che, solo in parte, potrebbero sembrare lontani. Proprio la Rheinmetall ha annunciato di voler sponsorizzare nella prossima stagione calcistica il Borussia Dortmund e sarà la prima squadra a stringere un’intesa commerciale con un produttore di armia. Il contratto triennale si aggira fra i 7 e i 9 milioni di euro all’anno. Ai tifosi la mossa non è piaciuta molto tanto da costringere l’amministratore delegato del Borussia Dortmund, Hans-Joachim Watzke a giustificarsi: la promozione riguarda la salvaguardia “della sicurezza e la difesa” che “sono pilastri fondamentali della democrazia” ha detto. Da parte sua Rheinmetall difende il suo investimento sottolineando che “In Germania la cultura della difesa e della protezione è cresciuta dopo l’invasione russa dell’Ucraina e la consapevolezza sta aumentando anche nell’opinione pubblica” ha detto Ercolani.

Rheinmetall: dallo stabilimento in Ucraina al tentativo di assassioni del ceo

L’azienda tedesca lo scorso giugno ha ufficialmente inaugurato un suo stabilimento produttivo nella parte occidentale dell’Ucraina. Le principali attività del sito dovrebbero riguardare la manutenzione e il supporto logistico dei veicoli da combattimento per la fanteria Marder, che l’Esercito ucraino ha ricevuto in oltre un centinaio di esemplari dall’inizio della guerra. Per il prossimo futuro, è inoltre previsto che tali attività si estendano anche ai carri Leopard di tipo 1 e 2 e a molti degli altri mezzi forniti a Kiev da parte di Berlino.

A detta degli esperti del settore la mossa di Rheinmetall in territorio ucraino non è piaciuta a Putin: l’intelligence statunitense ha scoperto che la Russia aveva pianificato di assassinare il Ceo del gruppo, Armin Papperger, hanno riportato la scorsa settimana la Cnn e il New York Times. Il piano per l’uccisione del Ceo di Rheinmetall era uno di una serie di progetti del governo russo di assassinare manager dell’industria della difesa in Europa che sostengono lo sforzo bellico dell’Ucraina, ha detto la Cnn. “L’Ucraina è per noi un partner importante, dove vediamo un potenziale compreso tra 2 e 3 miliardi di euro di fatturato all’anno” ha detto Papperger precisando che le vendite consolidate di Rheinmetall sono aumentate del 12% nel 2023 arrivando a 7,2 miliardi di Euro e hanno l’obiettivo di aumentarle a 10 miliardi di dollari nel 2024.

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