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Difesa: oggi sul tavolo della Ue la nuova strategia e il piano di investimenti. Il nodo dei 300 miliardi di riserve russe

Pixabay

Che sia arrivato il momento di passare dalla transazione verde all’agenda verde-mimetico? Oggi si riunisce il collegio dei commissari Ue, che farà il punto sulla strategia per l’industria della difesa e sul programma europeo di investimenti per la difesa (Edip) e potrebbe essere un punto di svolta rispetto al passato: potrebbe cambiare la circolazione dei fondi di denaro, potrebbero essere modificate alcune strategie. Naturalmente una delle questioni che fa da perno a tutto ciò è il reperimento dei fondi. Come? Con appalti congiunti, più finanziamenti e più coordinati, un commissario ad hoc per la difesa, un Ufficio per l’innovazione a Kiev e l’utilizzo degli asset russi congelati per sostenere la lotta armata dell’Ucraina. Mentre vale la pena di tenere un occhio in Borsa sui comparti dell’industria delle armi.

Ursula von der Leyen lo aveva anticipato agli eurodeputati lo scorso 28 febbraio quando aprì il dibattito sulla sicurezza e difesa europea alla sessione plenaria del Parlamento: ha intenzione creare i pilastri fondanti di una strategia che dovrebbe cambiare il futuro della sicurezza di tutta l’Unione Europea. “L’Europa ha iniziato a comprendere l’urgenza e la portata della sfida che ci attende” ha detto von der Leyen in quell’occasione, “ma c’è ancora molto da fare e dobbiamo muoverci in fretta, la minaccia di guerra può non essere imminente ma non è impossibile“. In sostanza, sottolinea il numero uno della Commissione, “c’è l’urgente necessità di ricostruire, rifornire e modernizzare le forze armate degli Stati membri“.

Biden già intenzionato a utilizzare le riserve russe: in tutto 300 miliardi di dollari

Proprio sull’utilizzo delle riserve russe congelate sta insistendo anche Joe Biden. “Si tratta di circa 300 miliardi di dollari che furono congelati subito dopo l’inizio della guerra” osserva Antonio Cesarano, strategist di Intermonte. “Non si tratta di riserve auree, che la Russia comunque a disposizione, bensì di quelle congelate in quei paesi che si sono dichiarati a favore dell’Ucraina, quindi Usa ed Europa soprattutto, ma anche Canada e Giappone”.

Biden chiede che vengano utilizzate queste riserve che per gli Usa quotano circa 50 miliardi di dollari. Anzi, lo ha già fatto portandosi avanti e presentando un disegno di legge per perorare la causa: si tratta del Repo Act (Rebuilding Economic Prosperity and Opportunity for Ukrainians Act) redatto dopo che il presidente Usa è stato non è riuscito ad ottenere dal Congresso quel pacchetto di 60 miliardi di aiuti. Con il nuovo Act, Biden suggerisce di mettere le riserve russe in un fondo che l’Ucraina potrebbe utilizzare sia per le armi sia per la ricostruzione.

In Europa le riserve russe ammontano a circa 200 miliardi

Di questi 300 miliardi, circa 200 sarebbero in Europa, presso Euroclear, quindi si tratta di asset finanziari. Quali? Secondo Cesarano, “probabilmente non si tratta di Treasuries Usa, stando ai dati forniti prima della guerra, quando la Russia aveva azzerato gli investimenti in T-bond, spostandosi sull’oro. Si tratterà invece di asset obbligazionari di altro tipo che producono cedole”.

Domani anche alla Ue uno dei temi sarà proprio come utilizzare al meglio i fondi delle riserve russe. A questo scopo per esempio, come aveva anticipato von der Leyen, verrà annunciata l’istituzione di un Ufficio per l’innovazione della difesa a Kiev“. “Una delle ipotesi sul tappeto è quella di mettere le riserve russe come garanzia di bond che l’Ucraina potrebbe emettere e che i paesi dell’unione europea potrebbero sottoscrivere: nel caso l’Ucraina non potesse pagare, verrebbero usate le riserve russe” dice Cesarano, “ma non tutti sono d’accordo”. La Francia si oppone puntualizzando che non ci sono le basi legali per farlo. E poi si creerebbe un precedente per cui i paesi non si sentirebbero più di mettere a riserva dollari o euro nel timore che poi tali fondi possano essere sequestrati o addirittura utilizzati contro di loro.

L’ipotesi degli acquisti congiunti e della creazione di un fondo

La discussione va avanti, il pressing è forte. Domani i commissari potrebbero dare maggiori dettagli su come muovere le pedine della difesa nell’unione europea. “Stando ad alcune indiscrezioni verrà proposto un piano di acquisti congiunti, così come si era fatto durante la Pandemia” dice Intermonte. “Il che avrebbe vantaggi economici, esenzione dall’Iva, possibilità di avere un finanziamento a tasso agevolato dalla Bei”, la banca europea di investimenti. Ma anche in questo caso sarebbe necessario un cambiamento di rotta: la stessa Bei sarebbe costretta a rivedere il suo statuto che in questo momento vieta il finanziamenti all’industria delle armi.

“C’è anche l’idea di creare un fondo di 100 miliardi di euro che potrebbe essere utilizzato anche subito come garanzia, affinché i singoli stati possano emettere bond finalizzati alla spesa militare” dice lo strategist di Intermonte con ipotizza possibile una discussione in tal senso in occasione del prossimo Consiglio europeo del 21 e 22 marzo che appunto ha all’odg la sicurezza e la difesa.

Il primo cambio di strategia in Germania con la Zeitenwende di Scholz

La spesa per la difesa dunque inizia a entrare nel focus. Per la verità la prima a pensarci era stata la Germania, quando, poco dopo l’inizio della guerra, Olaf Scholz aveva parlato di punto di svolta epocale (Zeitenwende) del fatto che occorre ricominciare ad armarsi”, con un cambio di marcia notevole rispetto a tutta la fase post seconda guerra mondiale. “Per questo ha stanziato un fondo da 100 miliardi che sta utilizzando anno per anno” dice Intermonte.

Oggi la stessa Germania, sebbene in “modalità di crisi” (secondo il termine Krisenmodus dichiarato parola dell’anno 2023) sta trovando una sponda nel suo ministro della difesa Boris Pistorius: arrivato quasi in sordina a gennaio 2023, ora sta acquisendo notorietà tanto che circa il 65% dei tedeschi ora lo vedrebbe bene al posto di Scholz che invece perde consensi. “Certamente i tedeschi ora devono rivedere gli asset della propria economia” dice Cesarano.

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