Di difesa europea si parla poco, probabilmente perché la tutela degli interessi particolari di ogni Stato fa ancora da padrone sui tavoli internazionali.
Un convegno promosso a Roma dal Circolo di Studi Diplomatici sugli “Sviluppi della difesa nel contesto geopolitico internazionale” ha messo a fuoco a che punto della strategia europea di difesa si trovano gli stati membri, quali dovrebbero essere gli obiettivi da perseguire e il contributo delle imprese che operano nel settore, mentre a Bruxelles venivano ribaditi gli impegni sulle molteplici iniziative di difesa promosse dall’Alto Rappresentante Federica Mogherini .
Durante il convegno romano Luisa Riccardi, direttore del 5° reparto di Segredifesa, ha affermato la necessità di essere presenti ai tavoli in cui si scrivono le regole. Il fondo di difesa europeo partirà nel 2021 ed è stato anticipato da un’attività preparatoria della durata di tre anni, che consiste nella capacità della Commissione di spendere nel settore della difesa. “La prima battaglia è stata quella di creare un fondo vero e proprio sulla difesa, ed è stato importante perché le sensibilità nazionali sono molto diverse, ma cosa è ancora più importante è presidiare i tavoli, esserci, affinché le regole siano fatte anche a nostro favore, partecipare e portare avanti le mostre istanze”, ha spiegato Riccardi.
Alessandro Profumo, amministratore delegato di Leonardo, ha sottolineato “l’inefficienza della spesa italiana in materia di difesa. Dobbiamo andare verso uno schema europeo che ci consenta di spendere meglio i soldi dei contribuenti europei”. Soprattutto, ha continuato Profumo: “Per definire una strategia italiana, a monte è necessario fare una analisi critica e oggettiva dei settori su cui vogliamo che il nostro paese sia presente. Noi dobbiamo capire su cosa vogliamo essere capaci, su cosa vogliamo essere bravi e su quello costruire una strategia operativa. È necessario consolidare la filiera nazionale, è così che si diventa più forti anche a livello internazionale e soprattutto sono convinto del fatto che alcuni programmi o saranno europei o non saranno realizzati. È inutile discutere se si vuole o meno essere parte di un organismo più grande, l’alternativa è metterci al margine”.
Sulla questione Brexit, in particolare ricordando la partecipazione di Leonardo al Team Tempest, il programma britannico, finanziato con i fondi della difesa per lo sviluppo di nuove tecnologie e affidato a un gruppo di aziende tra cui l’italiana Leonardo, che ha 7 stabilimenti nel Regno Unito e 7000 dipendenti, Profumo ha affermato: “Purtroppo non conosciamo come finiranno i negoziati, stiamo ipotizzando una serie di scenari possibili, ma anche nel caso di una soft Brexit è necessario capire come il Regno Unito vorrà partecipare ai negoziati europei”.
Il presidente di Fincantieri Giampiero Massolo ha affermato che il contributo delle aziende, delle industrie è quello di suggerire, di spiegare perché si tratta di imprese molto specializzate a livello tecnologico, ma sono i governi a dover decidere le strategie di difesa più realistiche. Soprattutto, quello che le aziende possono fare è suggerire ai governi i settori più maturi di altri e che quindi possono maggiormente essere integrati, quello navale ad esempio è un settore molto avanzato. “Noi siamo convinti che senza gli Stati Uniti, senza la Nato, senza l’ombrello nucleare non si può fare nulla in materia di difesa europea. Non è così e le aziende hanno un ruolo chiave nell’interlocuzione con i governi”, ha affermato Massolo.
Per rispondere efficacemente alle nuove minacce da est, da sud e internamente al continente stesso, l’Europa ha bisogno di un’industria della difesa più potente e meglio coordinata. “Dobbiamo cercare di essere efficaci nelle cose che riteniamo di interesse comune a tutti gli stati. La capacità di cooperazione è stata dimostrata in molteplici occasioni, ma il problema è che non c’è una politica estera comune”, ha detto Vincenzo Camporini, vice presidente IAI.
Per l’editorialista del Corriere della Sera Franco Venturini ci sono due crisi globali, quella europea e quella americana e quella europea è ben più grave: si tratta della Brexit, del gruppo di Visegrad, del fronte caldo meridionale. Venturini ha affermato che quando si parla di difesa europea si parla di qualcosa di vago e di difficile realizzazione: “Non ci sono dibattiti sulla difesa, perché non ne se parla in politica”. Uno dei pericoli per l’Italia è quello di non saper essere presente in un settore che la interessa da vicino. “Noi siamo talmente in ritardo nella difesa europea che o la facciamo nell’ambito del patto transatlantico o non la facciamo”, ha concluso Venturini.
Oltre alla Pesco – il progetto nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune volta all’integrazione strutturale delle forze armate di 25 dei 28 stati membri -, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato le proprie conclusioni relative al Fondo europeo per la difesa, proposto a giugno dalla Commissione. Il fondo prevede una dotazione di 13 miliardi nell’ambito del nuovo bilancio pluriennale 2021-2027, di cui 8,9 per lo sviluppo di capacità, e 4,1 per la ricerca.
L’introduzione de fondo è un’iniziativa importante nel campo della difesa e si propone di incoraggiare la competitività, l’innovazione, l’efficienza e l’autonomia dell’industria della difesa dell’Unione, mediante il sostegno alla cooperazione transfrontaliera tra gli Stati membri e tra imprese, centri di ricerca, amministrazioni nazionali, organizzazioni internazionali e università nella fase di ricerca sui prodotti e sulle tecnologie della difesa, nonché in quella del loro sviluppo.
“Accolgo con favore i progressi compiuti dal Consiglio sulla nostra proposta di un fondo di difesa europeo come parte del prossimo bilancio Ue a lungo termine. Una volta che anche il Parlamento europeo avrà adottato la sua posizione, invito i colegislatori ad avviare discussioni per raggiungere una posizione comune senza indugio”, ha affermato il commissario Ue per il mercato interno, l’industria, l’imprenditorialità e le pmi, Elzbieta Bienkowska.