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Diesel: la crisi nel Mar Rosso rischia di far aumentare i prezzi in Europa

Imagoeconomica

L’instabilità nel Mar Rosso minaccia l’Europa. Nelle prossime settimane, infatti, si rischia infatti una grave carenza di diesel con un previsto crollo del 66% nelle importazioni e l’inizio delle manutenzioni stagionali nelle raffinerie. Se si aggiunge che l’Unione Europea ha vietato l’uso del carburante russo, aumentando la dipendenza dalle importazioni dall’Asia e dagli Stati Uniti, ecco che si rischia una penuria di gasolio. L’Europa dipende per oltre il 40% dalle importazioni estere attraverso il canale di Suez.

Gli attacchi alle navi nel Mar Rosso hanno inizialmente avuto un impatto limitato sui combustibili. Ma, nelle ultime settimane, la situazione è cambiata rapidamente. E ora, e con le navi costrette a bypassare la rotta attraverso Suez, le tariffe di trasporto Asia-Europa sono aumentate del 30%. Questo ha già causato un aumento dei prezzi del diesel (+15% rispetto a metà dicembre) ai massimi degli ultimi tre mesi sui mercati all’ingrosso, creando un rally con possibili impatti sull’inflazione e sulla stabilità sociale nel continente.

L’aumento del costo del gasolio, poi, particolarmente significativo per un carburante ampiamente utilizzato nei trasporti pesanti, nell’agricoltura e nell’industria, può contribuire ad accendere ulteriormente le proteste degli agricoltori in diversi Paesi europei.

Diesel: niente Suez, si circumnaviga l’Africa

Un numero crescente di navi cisterna (intorno alle 100 unità) sta evitando lo stretto di Bab-el-Mandeb a causa degli attacchi da parte dei ribelli yemeniti Houthi. Navi che trasportano circa 56 milioni di barili di petrolio, con una significativa percentuale di diesel.

L’incidente della nave Marlin Luanda, colpita da un missile nel Golfo di Aden, ha aumentato le preoccupazioni del settore, spingendo molte compagnie a preferire la rotta di Capo di Buona Speranza. La stessa Mosca, ritenuta immune dagli attacchi Houthi, sta iniziando ad allontanarsi dall’area, contribuendo ad aumentare le tensioni sui prezzi energetici a livello globale.

Aumentano costi e tempi di trasporto

La decisione delle compagnie di evitare il Mar Rosso ha delle conseguenze in termini di costi e tempo. Circumnavigare l’Africa aumenta i costi di trasporto in media del 70%. Per le navi il costo passa così da circa 22mila dollari al giorno a non meno di 100mila dollari al giorno.

Il trasporto del diesel richiede navi cisterna specializzate, la cui disponibilità è limitata. Optare per la rotta attorno a Capo di Buona Speranza comporta un viaggio più lungo di 10 giorni rispetto a quello attraverso il Canale di Suez, prolungando l’occupazione delle imbarcazioni. Questa limitata disponibilità di navi cisterna, combinata con il prolungato utilizzo delle stesse, contribuisce ulteriormente al problema, con possibili ripercussioni sui prezzi del gasolio.

L’attacco alla nave Marlin Luanda

L’attacco alla nave Marlin Luanda, una grossa nave cisterna che trasportava prodotti raffinati del petrolio, in particolare carburante diesel, avvenuto lo scorso venerdì è stato il più devastante tra i lanci di missili e droni effettuati dai ribelli Houthi contro navi civili nelle vicinanze delle coste dello Yemen.

L’incidente si è verificato nel Golfo di Aden, un tratto di mare tra le coste meridionali dello Stato a sud della Penisola Araba e quelle settentrionali della Somalia. Questa area è un punto di convergenza per le navi che devono attraversare lo stretto di Bab-el-Mandeb, noto come le “Porte del Lamento”, che collega il Mar Rosso al Canale di Suez e al Mediterraneo.

In seguito all’attacco Houthi, la maggior parte delle compagnie che ancora utilizzava la rotta del Mar Rosso, ha deciso di cambiare rotta, dirigendo le proprie imbarcazioni verso il Capo di Buona Speranza per raggiungere l’Europa attraverso la circumnavigazione dell’Africa. Un viaggio più lungo e costoso ma più sicuro.

Si rischia un febbraio nero

Le principali società di monitoraggio dei trasporti di combustibili prevedono una situazione critica per febbraio, soprattutto nelle prime settimane, poiché molte navi che hanno evitato il Mar Rosso non avranno ancora completato la circumnavigazione dell’Africa. Secondo Vortexa, si stima che via mare arriveranno in Europa solo 450mila barili al giorno di diesel fino a metà mese, rappresentando circa un terzo della media di gennaio. Il costo del trasporto sarà elevato a causa delle lunghe distanze percorse dai carichi e dell’aumento delle tariffe di noleggio delle navi.

La situazione è complicata anche dal periodo dell’anno, come evidenziato da un rapporto di Gibson. L’inizio della stagione globale di manutenzione nelle raffinerie, con il picco delle fermate previsto a febbraio negli USA e a marzo in Europa, contribuisce all’aggravamento della situazione. Alcune raffinerie nel Vecchio Continente, come la Shell di Pernis in Olanda, la più grande d’Europa, opereranno a capacità dimezzata fino a metà aprile, mentre ExxonMobil chiuderà a Rotterdam tra metà febbraio e aprile avanzato. Gli analisti prevedono una diminuzione della capacità produttiva di circa 1 milione di barili al giorno a gennaio e febbraio.

L’Europa si dovrà affidare agli Stati Uniti

Per quanto riguarda il diesel, non si prevedono carenze significative, anche grazie alla debole domanda (merito delle scelte green dell’Ue). La situazione potrebbe stabilizzarsi nel giro di qualche settimana, con un possibile rimescolamento delle rotte di approvvigionamento, influenzato anche dagli sviluppi della guerra in Ucraina. L’Europa ha comunque poche alternative e potrebbe dover affidare maggiormente le sue forniture agli Stati Uniti, che hanno già conquistato quote di mercato in crescita nel continente.

A gennaio, sono stati importati dall’Oltreoceano 9,3 milioni di barili di diesel, circa 300 mila al giorno, rappresentando il 36% delle importazioni totali, in netto aumento rispetto al 15-20% registrato nella maggior parte del 2023. I volumi provenienti dagli USA sono triplicati da ottobre, anche se il boom non è interamente attribuibile alle tensioni in Medio Oriente.

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