Ansia da gasolio. Secondo alcune indiscrezioni diffuse dal Corriere della Sera, il governo progetta di cancellare lo sconto fiscale previsto per il diesel ma non per la benzina (e che determina la differenza di prezzo al distributore). L’obiettivo sarebbe utilizzare il gettito extra, circa 5 miliardi di euro ogni anno, a parziale copertura della flat tax.
Numeri alla mano, la strategia avrebbe senso. Insieme al reddito di cittadinanza, la tassa piatta è il provvedimento di punta del programma legastellato, ma costa molto (si parla di circa 50 miliardi l’anno) e perciò è assai complicato da finanziare senza aumentare il deficit (35 miliardi dovrebbero arrivare dalla “pace fiscale”, cioè dal condono previsto nel contratto Lega-M5S, ma si tratta di risorse incerte e comunque non sufficienti).
Il riequilibrio delle accise sui carburanti avrebbe senso anche dal punto di vista ambientale, visto che ormai sono stati accertati i danni prodotti dalle emissioni dei motori diesel. Non a caso, le grandi città stanno chiudendo i centri storici ai mezzi che bruciano gasolio (Milano lo farà nel 2021, Roma nel 2024) e le case automobilistiche hanno annunciato l’abbandono della produzione di questo tipo di motori (si sono già mosse in questa direzione Volvo, Porsche, Toyota e Fca).
Il problema è politico. Di fronte ai milioni di elettori che dicono di credere nel “Governo del Cambiamento”, è verosimile che l’Esecutivo scelga di varare come primo provvedimento un aumento delle tasse?
Il ministero dell’Ambiente, interpellato dal Fattoquotidiano.it, ha smentito la notizia, spiegando che l’idea di riallineare le accise del gasolio e quelle della benzina faceva probabilmente parte di un vecchio dossier. Non è escluso però che sul progetto stia lavorando un altro ministero, quello dei Trasporti, che è competente in materia.