Da una parte c’è Matteo Salvini che si prepara a vivere il suo sabato romano con comizio in una piazza del Popolo, che sarà riempita per gran parte dai leghisti che calano dal Nord con treni e torpedoni, ai quali si aggiungerà un po’ di fascisteria romana a cominciare da Casa Pound. Forse sul palco ci sarà anche Giorgia Meloni, la più spendibile, anche per età, di quel che resta dell’era Alemanno. Dall’altra parte si aggira Silvio Berlusconi, sempre più infastidito dalla politica, a cominciare da quello che è il dibattito (ma forse sarebbe meglio parlare di rissa) interno a Forza Italia e sempre più attento ad altre vicende. Nel bene le vicende delle sue aziende, nel male quelle che riguardano la sua situazione processuale. Insomma, la destra italiana appare sempre più Salvini e sempre meno Berlusconi.
Lo confermano i sondaggi nazionali, che vedono la Lega almeno un paio di punti davanti a Forza Italia e l’assoluta incapacità sin qui mostrata da Berlusconi di saper tenere insieme (lui che si è sempre ritenuto un grande unificatore) le troppe anime anche organizzative del centro-destra, da Ncd al Carroccio. E’ quindi ragionevole che in questo contesto Salvini voglia contarsi senza confondersi né con Alfano né con Berlusconi. Certo, anche la Lega ha i suoi problemi in Veneto. C’è Tosi che minaccia di presentarsi anche contro il governatore Zaia, ma lo stesso sindaco di Verona sa che in Berlusconi troverebbe una sponda troppo debole per battere l’attuale governatore.
Del resto Salvini la sua Lega l’ha cambiata. E’ riuscito a mettere da parte le abusate parole d’ordine di stampo bossiano tutte incentrate sul Nord derubato da Roma e sulle ipotesi secessionistiche. Sta facendo della Lega un partito a forte caratura nazionalista. Non più le regioni del Nord contro quelle del Sud, ma gli italiani del nord e del sud contro chi apre la strada ai “clandestini” che tolgono pane e lavoro ai nostri disoccupati. Populismo? Certamente, ma in un tempo nel quale aumentano le diseguaglianze e le difficoltà delle categorie più deboli, è questo il tipo di destra che può avere successo. Una volta accadeva così nel Mezzogiorno. Si pensi alla Napoli laurina, o alla Reggio Calabria di Ciccio Franco che insorgeva al grido di “boia chi molla”. Ora accade lo stesso al Nord, dove le inquietudini sociali crescono e si scaricano verso i nuovi poveri: gli immigrati, i rifugiati, quelli che, appunto la Lega e Salvini indicano come i clandestini.
Del resto questi fenomeni non riguardano soltanto l’Italia. In Francia c’è Marine Le Pen, nel Regno unito c’è Nigel Farage. Molti osservatori ritengono che nelle prossima elezioni inglesi, i nuovi partiti potrebbero, se non travolgere, certamente attenuare il consolidato bipartitismo tra conservatori e laburisti. A pagare il prezzo più alto potrebbero essere la forze di centrodestra più moderate: i gollisti in Francia, i conservatori in Inghilterra.
Berlusconi, che peraltro non sempre è riuscito a trovare un buon feeling con i moderati europei, si trova così sempre in forte difficoltà. Con il renzismo (e quindi il Pd) che attira sempre più quello che doveva essere il suo elettorato liberaldemocratico e la nuova destra di Salvini e Meloni che sfonda tra quelli che erano i suoi sostenitori più anti-sistema.
E così uno studioso come Giovanni Orsina che di berlusconismo se ne intende non esitava sulla “Stampa” a chiedersi se Berlusconi non sia ormai un ex politico. A confermare questa tesi è la sempre maggior attenzione che il fondatore di Forza Italia dedica alla sua attività imprenditoriale: si tratti di Mondadori o di televisioni. L’opa sulle antenne Rai sarà anche soltanto un’offerta di mercato. Ma in un mercato solitamente abbastanza protetto, per aver successo nel quale, è più utile un buon rapporto con Renzi, che star dietro ai ruvidi slogan di Salvini.
Tutto è in movimento nella destra italiana, che sempre più si allontana da approdi liberali.