L’Eni spinge sul gas e sull’interconnessione dei gasdotti europei.”L’Europa è piena di infrastrutture che sono le nostre risorse e le dobbiamo unificare, mettere a fattor comune. Non dobbiamo pensare più come 28 Stati. Unendo queste infrastrutture si può avere accesso a gas nuovo che può anche abbassare i costi per i consumatori”. Lo ha detto l’Ad di Eni, Claudio Descalzi intervenendo al convegno “Prospettive del mercato italiano del gas nel contesto europeo” in Confindustria. “Abbiamo circa 700 miliardi di metri cubi di capacità in infrastrutture, in Europa, non connesse, e che vengono utilizzate a meno del 50%, abbiamo 190 mld mc di rigassificatori e ne utilizziamo meno del 20%, mentre sul fronte dei gasdotti su 460 mld mc di capacità ne usiamo il 50%” ha precisato.
Un “potenziale enorme” c’è anche in Italia: “Abbiamo 120 mld di metri cubi di capacità nell’acquisire e trasportare gas e ne consumiamo la metà. Abbiamo un eccesso di gas che possiamo dare all’Est e Nord Europa. Lo stesso per la Spagna e insieme possiamo arrivare a dare 120-130 miliardi di metri cubi di gas al sistema europeo”.”Quindici-vent’anni fa l’Europa produceva il 58% dei suoi bisogni(circa 400 miliardi di metri cubi). Ora produciamo il 35% delle nostre necessità (140 miliardi di metri cubi) e tra 7-8 anni ne produrremo il 18% (circa 80 miliardi). Con le politiche europee attuali, che vedono le perforazioni gas come un crimine, presto non produrremo più niente”.
RITORNO IN IRAN
Inevitabili le domande sul ritorno del cane a Sei ampe in Iran. “Il discorso è ancora legato ai contratti che sono stati presentati a Londra qualche giorno fa, vanno studiati e discussi e devono essere legati ai giacimenti”, è stata la replica di Descalzi. Sui tempi, ha chiarito che “non siamo ancora nella possibilità di entrare perché ci sono le sanzioni ancora attive. Quando potremo entrare? Non lo so, forse nel 2016. Ma ci sono miliardi da investire: è necessario che la situazione sia completamente definita”.
IL PARTNER PER LA CHIMICA
Infine, la chimica. Su Versalis “Stiamo discutendo con vari potenziali soggetti, ma non esiste ancora un compagno di viaggio”, ha precisato Drscalzi, rispondendo ai cronisti che gli chiedevano delle ipotesi di vendita del 70% della società della chimica ad un fondo Usa e le proteste dei sindacati che temono un’uscita del gruppo dal business della chimica e proprio giovedì hanno inviato una lettera al premier matteo Renzi, firmata dai tre segretari generali Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo. Descalzi ha risposto così: “Dobbiamo trovare qualcuno che investa con noi. L’alternativa è che non riusciamo a mettere i soldi per questo sviluppo. Se non ci svegliamo e investiamo, la chimica andrà ad esaurimento”. “Abbiamo detto – ha ancora precisato – che continueremo ad investire in questo business che ci ha assorbito 5,8 miliardi di cassa, 3,1 di Ebit e su cui dovremmo investire 1,2 miliardi. Dobbiamo trovare un compagno di viaggio: noi rimarremo dentro e il partner dovrà sottostare a paletti rigidi”. Quali sono questi paletti? “Seguire il nostro piano industriale per i prossimi due anni, mantenere il contesto industriale intatto per cinque anni, non toccare le persone per tre anni, mantenere la società italiana, con nome italiano”, ha risposto l’amministratore delegato Eni.