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Derivati: per il Tesoro un rischio fino a 42 miliardi

Rappresentano una perdita potenziale di 42 miliardi per lo Stato italiano. Sono i contratti derivati sottoscritti dal Tesoro per assicurarsi sul rischio di variazione dei tassi connesso all’emissione dei titoli pubblici. A ricostruire i potenziale danno per le casse dello Stato, questa volta, è stato Report che stasera nel parlerà approfonditamente in un’inchiesta svolta da Stefania Rimini.
La stima sulla perdita potenziale dei contratti fa il punto sulla situazione al 31 dicembre 2014. Il costo dei derivati è andato crescendo negli ultimi anni e il conto sale a quasi 17 miliardi tra il 2011 e il 2014.

Le cifre di Report, tuttavia, non sono del tutto nuove. E’ stata la stessa Maria Cannata, capo della Direzione Debito del Ministero dell’Economia a presentare i conti ufficiali nel corso di un’audizione in commissione Finanze, alla Camera, che ha aperto un’indagine su tutta la questione. In quell’occasione Cannata spiegò che a fine febbraio i titoli di Stato in circolazione erano 1.817 miliardi. Al 31 dicembre 2014 il Tesoro possedeva un portafoglio derivati pari all’8,95% del totale dei titoli di Stato, con valore nozionale (i titoli di debito sottostanti ai derivati) di 159,586 miliardi e un mark-to-market negativo di 42,064 miliardi:?se i derivati con valore negativo fossero chiusi anticipatamente al momento della rilevazione del mark to market, (cosa sostanzialmente impossibile) il Tesoro sarebbe tenuto a sborsare 42 miliardi. Ma è un calcolo potenziale e suona quindi come un falso allarme. Una precedente stima era stata fatta dall’ufficio parlamentare di bilancio che aveva valutato il potenziale rischio a 36,8 miliardi a settembre 2014.

“Il ricorso ai derivati da parte del Tesoro è sempre stato perseguito nell’interesse pubblico e tenendo il passo con le migliori pratiche internazionali”, ha sottolineato Cannata in Parlamento. “Nonostante le difficoltà, le attività del Tesoro sono state sempre coperte”, ha aggiunto precisando che circa 110 miliardi (il 70%) riguardano la protezione dalla fluttuazione dei tassi d’interesse.

Altro discorso invece è quello del costo di questi contratti: 2,9 miliardi nel 2011, 3,8 miliardi nel 2012, 2,9 miliardi nel 2013 e 3,3 miliardi lo scorso anno. Più altri 4 miliardi e mezzo di costo di ristrutturazione. Somando tutto si arriva a quasi 17 miliardi che passano dalle tasche dei contribuenti a quelle delle 17 banche straniere e 2 italiane con le quali il Mef avrebbe stipulato i contratti secondo l’inchiesta di Report. Ma anche in questo caso le cifre vanno approfindite: “Se i derivati sono stati fatti per la copertura – ha affermato Cannata in Parlamento – da un lato stai versando soldi alle banche, ma dall’altro stati risparmiando sugli interessi delle nuove emissioni e quindi in un certo senso vai a pari”. Su tutto questo però ora influisce il record dei tassi bassi, un’occasione da cogliere per realizzare le riforme che il Paese attende da tempo.

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Categories: Finanza e Mercati
Tags: Tesoro