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Derivati, la Fed cerca accordo con banche straniere sul trading

La Federal Reserve sta lavorando ad un accordo con le grandi banche straniere per evitare che queste debbano affrontare i costi, assai gravosi, dovuti ai cambiamenti della regolamentazione sul trading di derivati decisi dal Governo degli Stati Uniti. Il nodo principale da sciogliere rimane quello del divieto di utilizzare denaro dei contribuenti americani per finanziare le proprie attività su questo genere di prodotti.

Un emendamento (il Lincoln amendment) contenuto nella riforma della finanza varata dal Governo Obama nel 2010 proibisce, infatti, a quelle banche che hanno accesso alle assicurazioni sui depositi fornite dal Governo di agire sul mercato dei derivati. Nell’emendamento sono incluse alcune esenzioni, che però coinvolgono pochissimi istituti non americani.

Stando così le cose, quindi, le divisioni americane delle banche straniere si troverebbero costrette a traslocare l’intera attività sui derivati presso controllate esterne, coi costi che ne conseguono. La soluzione più plausibile, e quella su cui sta lavorando la Fed, è quella della “separate entity doctrine”, la dottrina dell’entità separata, che consentirebbe, cioè, alla filiale di un gruppo straniero di accedere alle linee di credito della Banca centrale americana, mentre un’altra filiale dello stesso gruppo continuerebbe a lavorare sul mercato dei derivati.

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