Nel 2008, all’inizio della crisi e negli anni successivi, la maggior parte degli economisti e degli opinionisti affermava che “non è possibile prevedere quando e come sarà possibile uscirne, ma una cosa è certa: il modello di economia dovrà essere profondamente diverso da quello del recente passato che ha causato la crisi stessa”.
Giavazzi, più che Monti, sembra invece non credere a questa affermazione e dimostra di non avervi mai creduto, insieme ad altri pochi ‘Liberisti duri e puri’. Va apprezzata la sua chiarezza e sincerità, poiché non usa mai giri di parole, ma se è vero che è un “polemista nato” che “con la sua adrenalina ha rivitalizzato la pubblicistica economica italiana” (come afferma De Vico sul Corriere della Sera del 18 Marzo), è altrettanto vero che qualunque sia il tema trattato, la conclusione è facilmente prevedibile ed è sempre la stessa. Tutti i problemi saranno risolti con liberalizzazioni, privatizzazioni e con più mercato, ma non entra mai nel merito di quale tipo di mercato stia parlando.
Quello dei “Sacri testi” basati su scelte razionali quando i mercati da alcuni anni sono invece estremamente volatili e fortemente sensibili all’emotività e all’effetto gregge? Quello che si è sviluppato nel mondo Occidentale insieme alle democrazie di tipo liberale? Quello che sta distruggendo velocemente la classe media negli Stati Uniti, in Europa e nel Mondo Occidentale e non permette, o lascia crescere molto lentamente, la classe media nei Paesi emergenti? Quello che, agendo in modo sinergico con regimi corrotti non ha permesso a molti Paesi di imboccare la via della crescita economica e dello sviluppo sociale? Quello che ha rafforzato il potere politico della Cina e che in prospettiva è destinato a rafforzare il suo potere militare? Quello dei Paesi Arabi nei quali l’economia è i mano ai sovrani e ai loro parenti più o meno stretti?
Da parte sua Monti, che secondo Vico rappresenta “la Bocconi di governo che duella con la Bocconi di lotta”, essendo impegnato nelle operazioni definite evocativamente “Salva Italia”, “Cresci Italia”, “Semplifica Italia”, “Rafforza Europa”, non ha certo il tempo cimentarsi con il nuovo modello di economia che dovrebbe nascere a seguito della distruzione creatrice Shumpeteriana, causata dalla crisi.
Ciò però non vuol dire che altri studiosi non debbano pensarci, elaborando, se ne sono capaci, proposte innovative.
In conclusione, si potrebbe dire che non solo di “cautele” da parte di chi governa o di attacchi frontali da parte di chi vorrebbe maggiore coraggio del governo nel cambiare tutto, o molto, e subito deve vivere il confronto tra economisti, tra studiosi di discipline manageriali e aziendali, tra sociologi dell’economia e delle organizzazioni, tra politologi e tra opinionisti di ogni estrazione. Tale confronto dovrebbe vivere anche della capacità di chi studia e propone soluzioni di “calarsi nei panni” di decine di milioni, centinaia di milioni, a volte miliardi di persone, che soffrono, sperano o perdono la speranza nel futuro, sono motivate o demotivate da scelte fatte dalla politica (a livello nazionale e internazionale), che sembra guardare solo al consenso di breve periodo, da scelte di imprenditori e manager seduti nelle stanze dei bottoni che ordinano la chiusura e l’apertura di stabilimenti, l’uscita o l’entrata da certi mercati, licenziamenti o assunzioni, sulla base di propri interessi particolari, da sindacati che a volte non sono in grado di ripensare al proprio ruolo, da ricercatori più occupati ad affinare i propri modelli che a capire la realtà.
Se è vero che la politica, specie in Italia, sembra essere ormai a distanza siderale dalla società reale, è altrettanto vero che anche molti degli attori sopra ricordati sembrano essere sempre più distanti da essa. Basta navigare sui social network per rendersene conto. Agli Italiani più che questo o quel Derby dovrebbe interessare il risultato del campionato, nel quale il concorso di idee, il riconoscimento della professionalità e del merito, la coerenza dei comportamenti, la collaborazione che da forza alla competizione, la tolleranza nei confronti degli ideali di tutti, consentano al Paese, e alle sue varie componenti, di rimanere nella Champions League dello sviluppo economico e del progresso umano, sociale, politico e di valori fondamentali per la persona e la società.