L’Unione europea ha ufficialmente avviato una procedura di infrazione contro l’Italia a causa del suo deficit eccessivo, una mossa che era attesa data la situazione critica dei conti pubblici italiani. Nonostante le nuove regole del Patto di Stabilità, l’Italia ha, infatti, superato i limiti consentiti per il debito pubblico e il deficit, fissati rispettivamente al 60% e al 3% del Pil. Nel 2023, l’Italia ha registrato un deficit pari al 7,4%, un valore che ha portato inevitabilmente all’intervento di Bruxelles: secondo i calcoli diffusi oggi dall’Ufficio parlamentare di bilancio, “l’aggiustamento richiesto per rispettare il nuovo quadro di regole da parte dell’Italia è stimato in 0,5-0,6 punti percentuali di Pil all’anno su un sentiero di aggiustamento settennale”, pari a circa 10-11 miliardi di euro l’anno.
Alla nuova Commissione che si insedierà a novembre il compito di delineare le raccomandazioni per il percorso di rientro. Oltre all’Italia anche la Francia e altri cinque paesi (Belgio, Ungheria, Malta, Polonia e Slovacchia) sono sotto procedura per deficit eccessivo. In totale, erano dodici i Paesi a rischio, ma cinque sono stati esclusi in quanto il loro sforamento del deficit è stato considerato temporaneo ed eccezionale, soprattutto in relazione agli investimenti in difesa.
Intanto è slittata a data da destinarsi la decisione sul redditometro: non sarà nel decreto Coesione ma è prevista.
Italia: in miglioramento ma ancora vulnerabile
La Commissione europea ha aggiornato la sua valutazione sugli squilibri macroeconomici per il 2024, con l’Italia che passa da una situazione di “squilibrio macroeconomico eccessivo” a semplicemente “squilibrio”. In Italia, afferma la Commissione, “permangono vulnerabilità legate all’elevato debito pubblico e alla debole crescita della produttività in un contesto di fragilità del mercato del lavoro e alcune debolezze residue nel settore finanziario, che hanno rilevanza transfrontaliera”. Nonostante una riduzione significativa del rapporto debito pubblico/Pil rispetto al picco durante la pandemia, il debito pubblico italiano rimane elevato, superando il 137% del Pil nel 2023. Le previsioni indicano un’inversione di questa tendenza al ribasso per quest’anno e il prossimo, con il debito che potrebbe aumentare fino al 168% del Pil entro il 2034 a causa di un ampio aggiustamento stock-flussi e disavanzi pubblici persistenti.
La Commissione Ue evidenzia come “la crescita della produttività è stata nel complesso e in media positiva ma limitata, il che conferma la necessità di riforme e investimenti per superare le carenze strutturali e promuovere condizioni favorevoli alla crescita della produttività”.
Oltre all’Italia, anche la Grecia è ora considerata in “squilibrio” invece di “squilibrio macroeconomico eccessivo”. Francia e Portogallo sono usciti dalla categoria degli squilibri, mentre la Slovacchia vi è entrata. Rimangono in squilibrio Germania, Cipro, Ungheria, Paesi Bassi e Svezia. Solo la Romania è classificata con uno “squilibrio eccessivo”.
L’importanza del Pnrr
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) gioca un ruolo cruciale nel promuovere la produttività e la crescita potenziale del Pil italiano. La Commissione Ue sottolinea che “mantenere il ritmo di attuazione del Pnrr resta essenziale e ulteriori sforzi politici sarebbero utili”.
Il commissario europeo all’economia, Paolo Gentiloni, ha evidenziato che l’Italia “deve perseguire politiche di bilancio prudenti e continuare con gli investimenti pubblici per affrontare il debito e il deficit elevati”. Gentiloni ha espresso fiducia nel fatto che le nuove regole dell’Ue aiuteranno a raggiungere un equilibrio migliore tra questi obiettivi, contribuendo alla resilienza economica dell’Italia e dell’Europa nel suo complesso.
Le nuove regole del Patto di Stabilità
Con l’entrata in vigore delle nuove regole di bilancio, i Paesi con un deficit eccessivo devono presentare entro il 20 settembre un piano pluriennale di risanamento delle finanze pubbliche. La Commissione europea ha rinviato a novembre la definizione dell’ammontare delle correzioni di bilancio da introdurre nel 2025. Per ora, la raccomandazione è che la crescita della spesa netta nel 2025 sia coerente con l’aggiustamento di bilancio richiesto.
Per rispettare il percorso di rientro previsto dal nuovo Patto di Stabilità, l’Italia dovrà quindi ridurre il deficit di almeno lo 0,5% del PIL ogni anno, circa 10 miliardi di euro.
Le cause del deficit italiano
“Il governo è ben consapevole della necessità di un approccio responsabile alla politica di bilancio”, ha assicurato il ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti parlando anche della necessità di essere “selettivi”. “È finito il tempo dei finanziamenti a fondo perduto”, ha detto, spiegando anche che ogni misura dovrà essere attentamente “ponderata” e valutata nei suoi effetti.
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, presentando il Documento di economia e finanza (Def) ad aprile, ha attribuito il peggioramento dei conti pubblici all’impatto del Superbonus, un incentivo al 100% che ha, secondo lui, “creato un mostro che ha distrutto le condizioni della finanza pubblica”. Questa misura ha infatti generato un buco di bilancio significativo, aggravato da ulteriori politiche fiscali come il bonus facciate.
Le incognite sulle risorse
La correzione imposta dalle regole del Patto di Stabilità comporterà un aumento delle risorse necessarie per la prossima manovra finanziaria, stimato in circa 30-32 miliardi di euro. Questi fondi serviranno non solo per rispettare il percorso di rientro del deficit (10-11 miliardi), ma anche per rifinanziare misure già in essere, come il taglio del cuneo fiscale e l’accorpamento delle aliquote Irpef. Inoltre, altre misure fiscali, come il bonus per il welfare aziendale e la riduzione del canone Rai, necessiteranno di ulteriori coperture.
Trovare le risorse necessarie senza aumentare ulteriormente il disavanzo sarà una sfida. Il governo dovrà decidere se tagliare altre spese pubbliche o introdurre nuove entrate per mantenere il bilancio in equilibrio. Questo potrebbe comportare una serie di riforme strutturali e misure di austerità, che potrebbero avere ripercussioni significative sull’economia e sul benessere sociale.
Redditometro: la partita resta aperta
La battaglia politica sull’abolizione del redditometro è stata posticipata. Forza Italia e Lega, dopo aver spinto per l’abolizione di questo strumento, si sono visti costretti ad accettare un rinvio a data da destinarsi. Le proposte di abolizione del redditometro, sostenute dai due partiti, erano state inizialmente incluse negli emendamenti al decreto Coesione in esame presso la commissione Bilancio. Tuttavia, la forte opposizione da parte del Quirinale e del Governo, che ha giudicato queste norme incompatibili con l’impianto del provvedimento, ha portato al loro accantonamento. Il sottosegretario all’Economia, Federico Freni, ha offerto un segnale di apertura, assicurando che le istanze di Forza Italia saranno prese in considerazione in un futuro provvedimento normativo.
Freni ha sottolineato che il redditometro, strumento non più utilizzato da anni, non sarà riattivato, e ha indicato che il Governo lavorerà per rispondere alle esigenze dei contribuenti in modo concreto e operativo. La questione potrebbe essere affrontata nel nuovo schema di decreto legislativo attuativo della delega fiscale, il cui esame è previsto nel prossimo Consiglio dei ministri. Comunque, l’abolizione dello strumento, non sarà inclusa direttamente nel decreto, ma sarà oggetto di discussione parlamentare.